Responsabilità

Lesione del consenso informato risarcibile autonomamente se il paziente prova la diversa volontà

Anelli (Fnomceo): la Cassazione individua un possibile danno da lesione del diritto all'autodeterminazione in se stesso

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, ordinanza 8163/2021, delinea, ai fini risarcitori, effetti e limiti della lesione del diritto al consenso informato. Se infatti la giurisprudenza di legittimità è "del tutto consolidata nel senso di configurare il diritto all'autodeterminazione quale diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute e nell'individuarne il fondamento negli artt. 2, 13 e 32 delle Costituzione" (n. 28985/2019), si legge nella decisione, "è altresì consolidata nel richiedere un giudizio controfattuale su quale sarebbe stata la scelta del paziente ove fosse stato correttamente informato".

Infatti, prosegue il ragionamento, se il paziente "avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, la conseguenza dannosa si sarebbe dovuta imputare esclusivamente alla lesione del diritto alla salute determinata dalla successiva errata esecuzione della prestazione professionale, mentre, se egli avesse negato il consenso, il danno biologico scaturente dalla inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile ‘ab origine' alla violazione dell'obbligo informativo e concorrerebbe unitamente all'errore relativo alla prestazione sanitaria alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno conseguenza".

La Terza Sezione civile ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva venisse accertata la responsabilità di due chirurghi per due interventi successivi, nel 2007 e nel 2011, deducendo la violazione del consenso informato rispetto alle possibili complicanze poi effettivamente verificatesi. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello, a loro volta, avevano negato il risarcimento in quanto la paziente non aveva fornito la prova che se correttamente informata dei possibili esiti avrebbe rifiutato l'intervento. Inoltre, secondo la Corte territoriale il rispetto del diritto all'autodeterminazione del paziente doveva "essere valutato in concreto, tenendo presenti le reali possibilità di scelta".

Proposto ricorso la Suprema corte ha ribadito che la paziente non aveva fornito la prova che, qualora fosse stata idoneamente informata, avrebbe comunque deciso di non sottoporsi all'intervento. Dunque valeva la regola per cui in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, "ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento" (n. 26827/2017).

La giurisprudenza, continua la Cassazione, è infatti consolidata nel senso di ritenere che le conseguenze dannose derivanti dal diritto all'autodeterminazione debbano essere debitamente allegate dal paziente tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della vicinanza della prova) "essendo il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell'id quod plerumque accidit". Mentre la prova può essere fornita con ogni mezzo.

Sulla decisione si è espresso il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. "L'ordinanza - ha detto - ribadisce, una volta di più, che il consenso informato è fonte di responsabilità professionale per il sanitario che lo raccoglie. E che un'informazione non corretta, incompleta ed omissiva, e priva dei necessari fondamenti in termini di competenze, può generare due diversi tipi di danni: un danno alla salute e un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione, distinto dal primo e con ricadute anche patrimoniali".

"È per questo – prosegue Anelli - che l'acquisizione del consenso informato viene, dalla Corte, considerato atto medico: perché suo fondamento sono le necessarie competenze in termini di anamnesi e valutazione dello stato di salute del paziente". La Suprema Corte, sottolinea Anelli, "nell'attribuire l'onere probatorio al paziente, rileva tuttavia il consolidato orientamento per cui il diritto all'autodeterminazione si configura come diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute. E ne individua il fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione. Inoltre, ribadisce che l'adeguata informazione al paziente rientra nella sfera della responsabilità professionale del medico".

Dunque secondo la Federazione degli ordini dei medici la violazione del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: "un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione in se stesso, il quale sussiste quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale - ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità - diverso dalla lesione del diritto alla salute".

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