Comunitario e Internazionale

Licenziamenti collettivi, vanno consultati i lavoratori dal datore che va in pensione

Assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, se gli interessati sono almeno cinque

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di Paola Rossi

Con la sentenza sulla causa C-196/23 la Corte Ue ha affermato che la direttiva sui licenziamenti collettivi si applica anche in caso di pensionamento del datore di lavoro.

Il caso a quo spagnolo
Un imprenditore persona fisica era andato in pensione e il suo pensionamento causava la cessazione di 54 contratti di lavoro negli otto stabilimenti della sua impresa. Otto di tali lavoratori hanno contestato il licenziamento irregolare di cui ritenevano di essere vittime. Il ricorso è stato respinto e il tribunale spagnolo chiamato a decidere sull’appello deve accertare la validità delle cessazioni dei contratti di lavoro.
La legge spagnola prevede una procedura di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo. Ma tale procedura non si applica nel caso in cui le cessazioni siano state causate dal pensionamento del datore di lavoro-persona fisica. Il tribunale spagnolo con rinvio pregiudiziale ha sospeso il processo per domandare alla Corte Ue se tale eccezione sia conforme alla direttiva dell’Unione sui licenziamenti collettivi.

La risposta della Cgue
La Corte ricorda anzitutto che l’obiettivo principale della direttiva consiste nel far precedere i licenziamenti collettivi da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori e dall’informazione dell’autorità pubblica competente. Essa aggiunge che, secondo la sua giurisprudenza costante, sussiste licenziamento collettivo, ai sensi della direttiva suddetta, quando si verificano cessazioni di contratti di lavoro senza il consenso dei lavoratori interessati.

Pertanto, essa considera che la legge spagnola è in contrasto con la direttiva. Infatti, quest’ultima si applica, in caso di pensionamento del datore di lavoro, quando sono raggiunte le soglie di licenziamento previste.
Per un periodo di 30 giorni:
- un numero di licenziamenti almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;
- un numero di licenziamenti almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;
- un numero di licenziamenti almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori.
Per un periodo di 90 giorni:
- un numero di licenziamenti almeno pari a 20, indipendentemente dal numero dei lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati.

Per il calcolo del numero dei licenziamenti, sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.

La Corte precisa che tale caso non può essere equiparato a quello del decesso del datore di lavoro – riguardo al quale essa ha in precedenza dichiarato che la direttiva non si applica. Poiché, a differenza del datore di lavoro deceduto, il datore di lavoro che va in pensione è, in linea di principio, in grado di condurre consultazioni dirette, tra l’altro, a evitare le cessazioni o a ridurne il numero oppure, comunque, ad attenuarne le conseguenze.

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