Amministrativo

Limiti alle autorizzazioni in assenza di certificato antimafia

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di Guglielmo Saporito

Le imprese coinvolte in un'interdittiva antimafia (art. 91 D.lgs 159 del 2011) hanno limiti precisi nei lavori con pubbliche amministrazioni, tali limiti non operano se il committente e' privato o se i lavori autorizzati da soggetti pubblici hanno importo modesto. Su questi temi si e' pronunciato il Tar Parma (sentenza 8 aprile 2016 n. 123), esaminando il caso di un'impresa che aveva chiesto un'autorizzazione unica ambientale (AUA, DPR 59/2013 per scarichi di acque reflue, emissioni in atmosfera, impatto acustico). La Prefettura aveva ostacolato il rilascio dell'autorizzazione richiamando la normativa antimafia (art. 84 D.lgs 159 del 2011), cioe' il divieto di emanare provvedimenti a favore di soggetti privi di certificato antimafia o comunque non inseriti in white list.

Tale divieto e' di agevole applicazione per lavori pubblici, perche' vi e' una soglia (€ 5.225.000, per lavori, o € 209.000 per servizi e forniture) al di sopra della quale il divieto opera. Ma anche atti e provvedimenti (licenze, autorizzazioni di polizia, di commercio, concessioni) hanno un limite (€ 150.000) oltre il quale sono vietati a chi versa in odor di mafia: e la situazione si complica perche' vi sono a anche aspetti di rilevanza costituzionale (art. 41) perche' si discute di limiti alla liberta' di iniziativa economica. Una licenza o un'autorizzazione di commercio, un provvedimento ambientale non hanno infatti un loro valore intrinseco, tanto più se sono provvedimenti non contingentati, per i quali non vi e' un numero chiuso. E' quindi difficile calcolare la soglia di valore (€ 150.000) oltre la quale vi e', per le pubbliche amministrazioni, il divieto di rilasciare licenze, autorizzazioni o concessioni. In particolare, non si può calcolare il valore di un licenza sulla base del reddito che se ne puo' ricavare: di qui la delicatezza del tema affrontato dal Tar Parma, secondo il quale il provvedimento amministrativo che consente un'attività di natura privata non e' soggetto ad un limite di valore e quindi un'autorizzazione (ambientale, nel caso esaminato) per lavori privati non e' interdetta ad un'impresa che non e' in white list.

Qualora poi si discuta – prosegue il TAR - di una concessione di area pubblica, il “valore” del provvedimento è desumibile dall'importo del canone di concessione: se tale canone e' inferiore a € 150.000, non è necessaria la verifica dell'assenza dell'interdittiva antimafia. Sulla stessa linea si muove anche il Consiglio di Stato (ordinanza 6 aprile 1016 n. 1159) intervenendo sull'esclusione da una white list. Secondo il giudice amministrativo, l'esclusione disposta dal Prefetto puo' essere sospesa se, in presenza di dubbi sull'infiltrazione mafiosa, vi sia anche un danno dell'impresa che, in una zona colpita da eventi sismici e quindi con interventi edilizi indirettamente finanziati dallo Stato, non puo' operare senza titolo antimafia nemmeno per privati che avessero ottenuto contributi pubblici per la ricostruzione. La logica dei provvedimenti antimafia non e' infatti di paralizzare tutta l'attivita' imprenditoriale, bensi' di consentire quella che non ha rilievo pubblico o quella che, iniziata in modo contaminato, puo' proseguire dopo l'espulsione dei soggetti compromessi.

Anche il D.L. 90/2014 (art. 32) conferma questo orientamento, prevedendo misure di gestione straordinaria e temporanea delle imprese, cioe' quando e' possibile sterilizzare il condizionamento mafioso e consentire una gestione immune da rischi. La gestione commissariale e' possibile (TAR Pescara 1/2016) anche quando i lavori sono di una certa importanza ed anche se non sono ancora iniziati; con la stessa logica, la legislazione antimafia non si interessa dei lavori tra privati o di situazioni di modesta entita' (fino a € 150.000) attuabili con provvedimenti, licenze o autorizzazioni.

Consiglio di Stato - ordinanza 6 aprile 2016 numero 1159

Tar Parma – sentenza 8 aprile 2016 numero 123

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