Comunitario e Internazionale

Limiti alla responsabilità della Banca centrale nazionale che cancella strumenti finanziari a fini di risanamento

La risarcibilità delle conseguenze patite dagli ex titolari non può compromettere lo scopo delle riserve previste dal diritto Ue

di Paola Rossi

La Corte Ue precisa i limiti che vanno posti alla responsabilità di una Banca centrale per i danni subiti da titolari di strumenti finanziari soppressi in applicazione di misure di risanamento. La sentenza sulla causa slovena C-45/21 spiega l'intreccio tra gli obblighi di politica monetaria e le regole delle risoluzioni bancarie nell'Eurozona.

La vicenda
Nel 2016, la Corte costituzionale slovena ha giudicato compatibile con la propria Costituzione la norma nazionale che autorizza la Banca centrale di Slovenia a sopprimere taluni strumenti finanziari quando un ente creditizio rischia il dissesto e minaccia il sistema finanziario nel suo insieme. Però è emersa una lacuna normativa in materia di possibili azioni di risarcimento che possono essere intentate da ex titolari di strumenti finanziari soppressi. Da cui il quesito sottoposto alla Cgue sui limiti da rispettare nel caso in cui una Banca centrale nazionale sia tenuta a rispondere - con fondi propri - dei danni subiti da chi deteneva gli strumenti finanziari da essa soppressi ai fini di risanamento degli enti creditizi.

La risposta della Cgue
In primis, la Cgue chiarisce che non è compito esclusivo delle banche centrali quello dell'attuazione delle misure di risanamento: gli Stati membri dispongono della facoltà di scegliere altra autorità come competente a decidere della loro attuazione. Se, invece, il Legislatore di uno Stato membro attribuisce alla Banca centrale nazionale tale funzione essa se ne assume la piena responsabilità e "a proprio rischio e pericolo". Ma non fino alla compromissione della politica monetaria europea.

I limiti alla responsabilità per danni
Il regime nazionale che regola tale responsabilità incontra il limite generale Ue del divieto di finanziamento monetario, che non opera però quando la responsabilità della banca centrale o delle persone da essa abilitate ad agire in suo nome scatta per violazioni proprie dell'obbligo di diligenza imposto dal diritto nazionale. In tal caso non si tratta un finanziamento di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi.

Violazione dell'obbligo di diligenza
Il diritto dell'Unione consente che una normativa nazionale stabilisca che la banca centrale nazionale, facente parte del Sebc, risponda con i propri fondi dei danni arrecati agli ex titolari di strumenti finanziari quando li sopprime - in applicazione di misure di risanamento - e in un successivo procedimento giudiziario emerge che tale soppressione non fosse " necessaria" per garantire la stabilità del sistema finanziario o che le perdite subite dagli ex titolari risultino più gravi di quelle che avrebbero sofferto in caso di fallimento dell'istituto finanziario. Ma tale responsabilità può sorgere solo nel caso in cui la Banca centrale abbia agito o le persone da essa abilitate ad agire in suo nome abbiano agito, violando gravemente l'obbligo di diligenza ad esse incombente.

Indennizzi
La Banca centrale non può però rispondere con i propri fondi illimitatamente per il solo fatto di aver disposto la cancellazione di taluni strumenti finanziari. Infatti, il versamento, con i propri fondi, di tali corrispondenti indennizzi conduce la banca centrale a farsi carico, al posto delle altre autorità pubbliche dello Stato membro interessato, del finanziamento di obblighi incombenti al settore pubblico in applicazione della normativa nazionale.

Le riserve
La costituzione di riserve da parte delle banche centrali nazionali risulta indispensabile, in particolare a fini compensativi di eventuali perdite derivanti da operazioni di politica monetaria o di open market (transazioni che la Banca centrale effettua nel mercato interbancario).
Perciò un esborso a carico delle riserve generali che pregiudichi la capacità di una Banca centrale di adempiere ai propri compiti nell'ambito del sistema europeo Sebc - con impossibilità di ricostituire tali riserve in maniera autonoma - a causa di un vincolo sistematico di destinazione dell'insieme dei suoi utili al rimborso del danno da essa causato, è illegittimo poiché determina una situazione di dipendenza nei confronti delle autorità politiche nazionali.

I principi fissati dalla Cgue
La Corte afferma che il diritto dell'Unione osta a una normativa nazionale, che stabilisca che la Banca centrale nazionale, partecipante al Sebc, è responsabile con i propri fondi, entro limiti predeterminati, per i danni subiti da ex titolari di strumenti finanziari che essa ha soppresso in applicazione di misure di risanamento, ma alle sole condizioni che tali ex titolari siano persone fisiche con un reddito annuale inferiore a una data soglia e che queste rinuncino al risarcimento attraverso il ricorso ad altri strumenti giuridici.
Inoltre, precisa la Cgue, il diritto Ue non consente che la responsabilità per i risarcimenti raggiunga un importo suscettibile di pregiudicare la capacità della Banca centrale nazionale di adempiere efficacemente ai propri compiti e che tale importo sia finanziato, in ordine di priorità, con destinazione delle riserve speciali della totalità degli utili realizzati dalla suddetta banca centrale a partire da una data determinata realizzate mediante un prelievo dalle riserve generali della stessa Banca centrale entro il 50% di esse e mediante un prestito oneroso contratto con lo Stato membro interessato.
Infine, per quanto concerne le informazioni ottenute o venute in essere in sede di attuazione di misure di risanamento, la Corte constata che gli obblighi di segreto professionale e di riservatezza si applicano alle autorità investite, nel diritto nazionale, della funzione di vigilanza sugli enti creditizi, ma non possono essere imposti, in via generale, in riferimento a informazioni ottenute o venute in essere nell'esercizio di altre funzioni.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©