La mediazione obbligatoria: le novità della legislazione pandemica
Con l'introduzione del comma 6-ter all'art. 3 D.l. n. 28/2020 il legislatore emergenziale ha concepito una più moderna, e al passo coi tempi, ipotesi di mediazione obbligatoria
LA QUESTIONE
Quali sono i rapporti tra il rito ordinario delle locazioni e la mediazione obbligatoria? Quali sono gli strumenti di tutela accordati alle parti? Quali sono le novità introdotte dal legislatore in occasione dell'emergenza pandemica da Covid-19?
Per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 28/2010 così come modificato dal "Decreto del fare" n. 69/2013, chi intende esercitare in giudizio un'azione concernente una controversia in materia di locazione, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.
Le controversie in materia di locazione rientrano, dunque, tra quelle il cui esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di tre mesi di cui all'art. 6 del D.Lgs. n. 28/2010, termine massimo previsto per la durata del procedimento di mediazione. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale negativo presso la segre teria dell'organismo (art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 28/2010). La condizione di procedibilità della domanda giudiziale si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo (art. 5, comma 2 bis, D.Lgs. n. 28/2010). La domanda di mediazione relativa alle controversie in materia di locazione è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza. L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa. All'atto del conferimento dell'incarico, l'avvocato è tenuto a informare l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli 17 e 20 del D.Lgs. n. 28/2010. L'avvocato informa altresì l'assistito della circostanza che l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l'avvocato e l'assistito è annullabile. Il documento che contiene l'informazione è sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento dovrà assegnare un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione (art. 4, D.Lgs. n. 28/2010). In materia locatizia l'organismo competente è quello situato nella circoscrizione del tribunale in cui è ubicato l'immobile oggetto del contratto di locazione: l'invito alla controparte perciò deve riguardare un organismo che abbia una sede principale o anche secondaria nella città ove si trova il giudice competente per la relativa causa. Se la domanda di mediazione è presentata a un organismo di un luogo diverso, essa non produce effetto.
Controversie escluse dalla mediazione
Procedimenti per ingiunzione
L La mediazione obbligatoria non si applica nei procedimenti per ingiunzione anche aventi a oggetto crediti in materia di locazione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. L'opposizione deve essere proposta in conformità delle norme introdotte per il rito del lavoro e ci oè con ricorso depositato in cancelleria (art. 415 c.p.c.) entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione dello stesso decreto ingiuntivo. L'opposizione proposta con atto notificato entro il predetto termine ma depositata successivamente è da considerarsi tardiva. Ove sia, per errore, proposta con citazione, essa può impedire comunque che il decreto divenga definitivo, non già se notificata alla controparte entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c., ma solo se, entro tale termine, venga altresì depositata in cancelleria. Ricorrendo tale ipotesi, il giudice dovrà ordinare d'ufficio la conversione del rito, disponendo la notifica del proprio provvedimento all'opposto, ove contumace, senza necessità che l'opponente richieda l'emanazione del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, ai sensi dell'art. 420 c.p.c. (Cass. 15 gennaio 2013, n. 797). Per effetto dell'opposizione si apre un processo ordinario di cognizione secondo le regole di cui all'art. 447 bis fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. Secondo la nuova formulazione di cui all'art. 648 c.p.c., è ora previsto obbligatoriamente che i provvedimenti sulla provvisoria esecutorietà debbano essere assunti direttamente nel corso della prima udienza di trattazione dell'opposizione. A quel punto dovrà attivarsi la mediazione obbligatoria. Considerato che il mancato esperimento del tentativo di mediazione deve essere eccepito dal Giudice ovvero dalla parte convenuta entro e non oltre la prima udienza, qualora il Giudice rilevi il mancato esperimento della mediazione, dichiara l'improcedibilità della causa. In questo caso l'opponente oltre a promuovere la causa di opposizione, una volta che il giudice si è pronunciato sulla provvisoria esecuzione del decreto, dovrà anche esperire tempestivamente la mediazione. In difetto, il giudice potrebbe rilevare d'ufficio il vizio e dichiarare improcedibile l'opposizione, con la conseguenza che il decreto ingiuntivo diventerebbe definitivo. Va tuttavia osservato che la Corte di Appello di Bologna, con la sentenza pubblicata il 1° ottobre 2019. ha stabilito un singolare principio. La fattispecie riguardava un decreto ingiuntivo ottenuto dal proprietario di un alloggio condotto in locazione nei confronti di un conduttore moroso. Il conduttore ha promosso opposizione contro cui il locatore si è difeso senza tuttavia chiedere che venisse disposto il passaggio alla procedura di mediaconciliazione. La Corte d'appello ha concluso che, in ragione di ciò, l'ingiunzione ottenuta per la corresponsione dei canoni scaduti dovesse essere revocata. Tale decisione, però, si pone su un piano di totale contrasto con i principi sanciti dalla Suprema Corte il 3 dicembre 2015 con la sentenza n. 24629, dove si era affermato che "(…) l'onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo. Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l'opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell'onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l'opposto nel giudizio di opposizione. Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l'attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l'onere. Ma in realtà, avendo come guida il criterio ermeneutico dell'interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione, la soluzione deve essere quella opposta. Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l'attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell'efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. È l'opponente che ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. È dunque sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria perchè è l'opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perchè premierebbe la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l'onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. È, dunque, l'opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.. Soltanto quando l'opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto attore sostanziale. Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l'onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l'opposizione sarà improcedibile (…). Nella decisione del giudice territoriale di Bologna si legge che l'autorità giudiziaria ritiene di non dover condividere le osservazioni del Supremo Collegio, senza tuttavia fornirne una debita motivazione.
Procedimento per convalida di sfratto
La mediazione è esclusa nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c. All'udienza con cui dispone il mutamento del rito, il giudice invita le parti alla mediazione obbligatoria. Alla successiva udienza, nel caso di mancato avvio della procedura di mediazione, il giudice, preso atto dell'inerzia delle parti, dichiara l'improcedibilità della domanda condannando al pagamento delle spese di causa l'intimante inerte (Tribunale di Roma 26 marzo 2012). In giurisprudenza di merito si ribadisce che anche la domanda riconvenzionale avanzata in materia di locazione nel corso di un procedimento di sfratto, previa separazione delle cause contestualmente all'ordinanza di convalida, debba essere avviata in mediazione per l'esperimento del relativo procedimento di cui all ‘art. 5, comm a 1, del D.Lgs. n. 28/2010 (Tribunale di Roma 15 marzo 2012). Stante l'esito negativo della mediazione il provvedimento di trasformazione del rito, ai sensi degli artt. 426 e 667 c.p.c., ha effetto imperativo per tutto l'ulteriore corso del procedimento e non è suscettibile di revoca implicita, con la conseguenza che la pronunzia della sentenza senza l'osservanza della formalità della lettura del dispositivo in udienza costituisce motivo di nullità della sentenza stessa. L'appello, pertanto, deve essere proposto con atto depositato a pena di decadenza nei termini di cui all'art. 434, secondo comma, c.p.c. (o all'art. 327, primo comma, in difetto di notificazione della sentenza), essendo rimasto fermo il rito speciale (Cass. 16 aprile 2009, n. 9014). Nel procedimento per convalida di sfratto l'opposizione dell'intimato, ai sensi dell'art. 665 c.p.c. determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione (previa mediazione) di un nuovo e autonomo procedimento con rito ordinario, nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, compresa la possibilità, per il locatore, di chiedere la risoluzione per inadempimento del conduttore in relazione al mancato pagamento dei canoni e degli oneri condominiali che non siano stati considerati nel ricorso per convalida di sfratto. Il conduttore invece, ha la possibilità di dedurre nuove eccezioni e spiegare domanda riconvenzionale. Nel procedimento che si instaura con la trasformazione del rito ai sensi dell'art. 426 c.p.c. l'attore può operare l'emendatio libelli , ovvero incidere sulla causa petendi modificando l'interpretazione o la qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum nel senso di ampliarlo o limitarlo. Con il passaggio di rito non è invece ammessa la proposizione di una domanda nuova, non contenuta nell'atto di intimazione (Tribunale di Roma 12 marzo 2013, n. 6393). Non costituisce domanda nuova quella avente a oggetto la risoluzione del rapporto di locazione per intervenuta sua scadenza, formulata all'esito della conversione del rito da sommario in ordinario, ai sensi dell'art. 667 c.p.c., trattandosi in tal caso di mera specificazione dell'originaria richiesta.
Instaurazione del procedimento ordinario
Come previsto dall'art. 5, comma 2 bis, del D.Lgs. n. 28/2010 l'esperimento della domanda giudiziale è condizionato all'esito negativo del procedimento di mediazione. Poiché l'esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo. Le ipotesi tipiche sono quelle in cui la parte alla quale è stata comunicata la domanda di mediazione non si presenti al primo incontro, o, pur costituendosi, non partecipi al procedimento, oppure la proposta del mediatore non sia accettata dall'una o dall'altra parte. All'atto di proposizone della domanda giudiziale il ricorrente dovrà quindi allegare il verbale di mancato accordo. Secondo la regola, qualora la conciliazione non riesca, il mediatore forma processo verbale con l'indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione (art. 11, comma 4, D.Lgs. n. 28/2010). Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, secondo comma, c.p.c. Il giudice condanna la parte costituita, che non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 8, comma 4 bis , D.Lgs. n. 28/2010). La domanda proposta per l'accertamento dell'intervenuto esercizio del recesso senza l'osservanza del termine di preavviso pattuito, con la conseguente richiesta di condanna al pagamento delle relative mensilità del canone, deve essere obbligatoriamente preceduta dal procedimento di mediazione prima dell'introduzione della fase giudiziale (Tribunale di Prato 30 marzo 2011).
Controversie in materia di locazione
La nozione di controversie in materia di locazione di immobili urbani, soggette al rito speciale di cui all'art. 447 bis c.p.c., ricomprende tutte le cause comunque riferibili a un contratto di locazione, che attengano, cioè, non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma altresì a tutte le altre possibili sue vicende, ovvero, in particolare, a quelle che involgano l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto in base alla disciplina codicistica o a quella di settore della legislazione speciale. L'art. 447 bis richiama le norme del rito del lavoro in ordine alla procedura applicabile, conseguentemente la domanda si popone con ricorso depositato in cancelleria del giudice competente. Nello stesso rito operano le medesime preclusioni e decadenze a carico delle parti, per cui le nullità degli atti processuali devono essere rilevate dalla parte che ne ha interesse nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso. Anche nella controversia locatizia, l'omessa indicazione nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, dei documenti, nonché il loro mancato deposito unitamente a detti atti, anche se in questi espressamente indicati, determinano la decadenza dal diritto alla produzione dei documenti stessi, con impossibilità della sua reviviscenza in un successivo grado di giudizio. Deve comunque tenersi conto del potere istruttorio d'ufficio del giudice di cui all'art. 421 c.p.c. (e, in appello, previsto dall'art. 437, comma secondo, c.p.c.), per cui la suddetta preclusione (riguardante sia le prove costituende che quelle precostituite) può essere superata solo nel caso in cui il giudice del rito del lavoro, sulla base di un potere discrezionale, ritenga tali mezzi di prova, non indicati dalle parti tempestivamente, comunque ammissibili perché rilevanti e indispensabili ai fini della decisione nel giudizio di secondo grado (Cass. 13 marzo 2009, n. 6188). Si ritiene che in caso di inosservanza della condizione di procedibilità, la notificazione del ricorso e del decreto ai sensi dell'art. 415, comma 4, c.p.c. va effettuata senza attendere l'inutile esperimento del procedimento di mediazione, e la data dell'udienza di discussione va individuata tenendo conto non soltanto del termine di tre mesi previsto per la procedura di mediazione, ma anche di quello di dieci giorni di cui all'art. 416, comma 1, c.p.c., relativo alla costituzione del convenuto (Tribunale di Modena 5 maggio 2011; Tribunale di Prato 30 marzo 2011).
Domande nuove ed eccezioni
A differenza del sistema processuale delineato dall'art. 183 c.p.c., per il rito ordinario di cognizione, nel rito delle locazioni non è ammessa la formulazione di nuova domanda da parte del ricorrente. La modificazione delle domande, eccezioni e conclusioni già formulate deve avvenire, al più tardi, prima del termine dell'udienza di discussione, questo anche nel caso in cui quest'ultimo sia stato riconvenuto in giudizio per effetto della riconvenzionale formulata dal resistente e per quanto tale domanda possa, astrattamente, giustificarsi per ragioni di tutela del contraddittorio (Tribunale di Modena 30 novembre 2010). Anche la proposizione dell'appello si perfeziona con il deposito dell'atto in cancelleria nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero, in caso di mancata notifica, nel termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. Nel rito del lavoro richiamato dall'art. 447 bis c.p.c., il divieto di nuove eccezioni in appello stabilito dal secondo comma dell'art. 437 c.p.c. concerne soltanto le eccezioni in senso proprio relative a fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto fatto valere in giudizio, non rilevabili d'ufficio, e non anche le cosiddette eccezioni improprie o mere difese, dirette soltanto a negare l'esistenza dei fatti posti a fondamento della domanda o a contestare il valore probatorio dei mezzi istruttori esperiti in primo grado su istanza di parte o d'ufficio dal giudice. Il predetto divieto non incide quindi sul potere-dovere del giudice d'appello di riesaminare e di valutare autonomamente, nei limiti segnati dai motivi d'impugnazione, le risultanze istruttorie ai fini del riesame della controversia alla stregua delle censure prospettate dall'appellante (Cass. 14 luglio 2004, n. 13076). Qualora una causa in materia di locazione sia stata trattata con il rito ordinario, l'atto di appello va proposto con citazione, a norma dell'art. 342 c.p.c. da notificare entro trenta giorni dalla notifica della sentenza o nel termine lungo (Cass. civ., Sez. III, 7 ottobre 2013, n. 22821).
Effetti della mediazione sul rito ordinario
Nell'ottica di evitare procedimenti dilatori a scapito delle esigenze di una giustizia celere, il Legislatore ha introdotto la disposizione di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 28/2010 che va a incidere direttamente sulle spese processuali, costituendo un monito per le parti ad adoperarsi in ogni modo per una composizione a michevole della controversia. Secondo tale disposizione quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta formulata dal mediatore, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 c.p.c. La stessa regola si applica circa le spese per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto eventualmente nominato nel procedimento di mediazione. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto pur dovendo indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese.
Procedimento di mediazione obbligatoria
Si è discusso ampiamente in dottrina e giurisprudenza sulla questione della compatibilità del rito locatizio con il procedimento sommario di cognizione di cui all'art. 702 bis c.p.c. La giurisprudenza di merito, per un certo periodo di tempo, si è espressa favorevolmente. Si è affermato che, poiché il nuovo procedimento sommario di cognizione introdotto dalla legge n. 69 del 2009 deve ritenersi condizionato alla sola possibilità di una decisione allo stato degli atti o a seguito di un'istruzione sommaria (naturalmente, sempre che la controversia rientri nella sfera del potere di cognizione del giudice monocratico), il ricorso a tale nuovo modulo processuale non può ritenersi limitato alle sole controversie soggette al rito ordinario, bensì è esteso anche alle cause soggette a riti speciali, quali quelle del lavoro o locatizie (Tribunale di Fasano 4 luglio 2010; Tribunale di Napoli 25 maggio 2010). La giurisprudenza, in linea con il prevalente orientamento della dottrina, segna un orientamento nettamente opposto, negando la compatibilità tra i due procedimenti. A sostegno delle differenti tesi si afferma che nei processi soggetti al rito del lavoro sono individuabili specifiche preclusioni istruttorie che maturano sin dalla costituzione in giudizio delle parti (artt. 414, 416 in correlazione con l'art. 420 c.p.c.); preclusioni che invece non sono riscontrabili nel procedimento sommario di cognizione, nel quale le deduzioni istruttorie e la produzione documentale può avvenire, teoricamente, anche in apertura di udienza. Il regime giuridico del procedimento sommario e di quello ordinario soggetto a rito speciale appare largamente divergente e non sembrano ravvisabili spazi di comunicabilità tra di essi. Inoltre il rito del lavoro è già ampiamente semplificato nella struttura, concentrato e destinato a concludersi in una sola udienza, l'udienza di discussione, con pronuncia immediata della sentenza, analogamente alla previsione di rito sommario di cognizione che su questa fisionomia è stato concepito. Ciò che sembra escludere alcuna comunicabilità o un travaso di esso rispetto all'ambito del rito speciale. Una volta esclusa la compatibilità del procedimento sommario di cognizione con il rito laboristico, ci si chiede quale sia la sorte del procedimento in tal modo erroneamente introdotto, cioè nel caso in cui sia proposto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e il giudice rilevi che la causa concerne una controversia in materia di locazioni. Ritenuta la incompatibilità tra i due riti, il giudice dovrà dichiarare l'inammissibilità radicale del ricorso, cioè senza possibilità di mutare il rito ex art. 426 c.p.c. Naturale conseguenza scaturente dall'errata scelta del rito consiste infatti nella chiusura anticipata del processo con declaratoria in rito, essendo viceversa ammesso il mutamento di esso unicamente in ipotesi in cui il fenomeno sia espressamente previsto dalla legge (Tribunale di Modena 17 gennaio 2013).
Le novità introdotte dalla legislazione emergenziale pandemica del 2020
Il legislatore emergenziale ha concepito una più moderna, e al passo coi tempi, ipotesi di mediazione obbligatoria, attraverso il comma 6-ter all'art. 3 D.l. n. 28/2020: «Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità della domanda». In sede di conversione, il legislatore, al medesimo articolo 3, ha apportato alcune modificazioni, di cui si riportano solo quelle d'interesse nella questione in esame:
h-bis) al comma 20-bis, dopo l'ultimo periodo sono aggiunti i seguenti: «Il mediatore, apposta la propria sottoscrizione digitale, trasmette tramite posta elettronica certificata agli avvocati delle parti l'accordo così formato. In tali casi l'istanza di notificazione dell'accordo di mediazione può essere trasmessa all'ufficiale giudiziario mediante l'invio di un messaggio di posta elettronica certificata. L'ufficiale giudiziario estrae dall'allegato del messaggio di posta elettronica ricevuto le copie analogiche necessarie ed esegue la notificazione ai sensi degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, mediante consegna di copia analogica dell'atto da lui dichiarata conforme all'originale ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»;
1-bis. All'articolo 88 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, dopo il primo comma è inserito il seguente: «Quando il verbale di udienza, contenente gli accordi di cui al primo comma ovvero un verbale di conciliazione ai sensi degli articoli 185 e 420 del codice, è redatto con strumenti informatici, alla sottoscrizione delle parti, del cancelliere e dei difensori tiene luogo apposita dichiarazione del giudice che tali soggetti, resi pienamente edotti del contenuto degli accordi, li hanno accettati. Il verbale di conciliazione recante tale dichiarazione ha valore di titolo esecutivo e gli stessi effetti della conciliazione sottoscritta in udienza».
1-quater. All'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6-bis è aggiunto il seguente:
«6-ter. Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità della domanda».
Ad ogni buon conto, tale ultima disposizione prevede una nuova ipotesi di mediazione obbligatoria nelle materie afferenti alle liti in materia di obbligazioni contrattuali nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al decreto n. 6 (convertito in legge), o comunque disposte nel corso dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis. Tale nuova norma si colloca appena dopo il comma 6-bis, inserito in quanto il legislatore ha inteso indicare che il rispetto delle misure di contenimento deve essere stimato dal giudice per decidere in ordine alla responsabilità del debitore. Da un primo esame sembra che le materie implicate nella nuova disposizione comprendano le azioni di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione e le azioni di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta a causa delle misure di contenimento, come pure le azioni che in qualche maniera comprendono, come fatto costitutivo della pretesa dell'attore, l'inadempimento della parte debitrice, che potrebbe difendersi sostenendo di non essere inadempiente in quanto, ad esempio, proprio in virtù del rispetto delle misure di contenimento, da valutarsi da parte del giudice anche ai sensi del comma 6- bis, l'inadempimento non è grave ovvero non può essere considerato tardivo, nonché le fattispecie contrattuali ove si discute degli effetti dell'omesso tempestivo recesso che non è stato possibile comunicare in tempo di emergenza. Tale nuova "materia" si incrocia con ulteriori già assoggettate a mediazione obbligatoria (locazione, l'affitto d'azienda) oppure soggette a negoziazione assistita, ovvero non soggette a nessun procedimento né di mediazione né di negoziazione assistita. Si osserva che il D.l. n. 132 del 2014, in tema di negoziazione assistita, in ipotesi di concorso tra negoziazione e mediazione, statuisce la prevalenza della mediazione la quale, per l'effetto, sarà l'unico strumento obbligatorio. Infine, il testo coordinato del D.l. n. 18 del 2020, con la relativa legge di conversione, all'art. 83, ha così statuito: comma 20: Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonchè in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo fino al 15 aprile 2020. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti.
Comma 20-bis: Nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, gli incontri di mediazione in ogni caso possono svolgersi in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento. Anche successivamente a tale periodo gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mediante sistemi di videoconferenza. In caso di procedura telematica l'avvocato, che sottoscrive con firma digitale, può dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all'accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica è sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell'esecutività dell'accordo prevista dall'articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Comma 20-ter: Fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione del contagio da COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l'avvocato certifica l'autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all'atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia.
Considerazioni conclusive
In attuazione della direttiva europea 2008/52/Ce e con l'obiettivo di deflazionare il contenzioso giudiziario, nel 2011 è entrato in vigore l'articolo 5, c. 1 del Dlgs 28/2010, il quale prevede l'obbligo di esperire preventivamente il procedimento di mediazione per chi intenda rivolgersi all'autorità giudiziaria per risolvere una controversia in relazione a determinate materie, tra le quali rientra quella locatizia. In tale contesto è compreso l'intero contenzioso che trae origine e occasione dal rapporto di locazione. Si tratta prevalentemente e con maggior frequenza delle questioni concernenti: la risoluzione del rapporto, il risarcimento di danni, il rilascio dell'immobile locato, la restituzione di somme indebitamente pagate dal conduttore, nonché le cause di opposizione alla convalida di sfratto o licenza per finita locazione o per morosità del conduttore e di opposizione a decreto ingiuntivo per il recupero dei canoni o per la restituzione di canoni. Si tratta, pertanto, delle controversie relative sia alle ordinarie azioni di risoluzione dei contratti (art. 1453 c.c.), sia quelle previste specificamente per la locazione dal Codice civile (artt. 1581, 1591) e sia quelle disciplinate dalle leggi speciali (artt. 29, 30, 31, 32, 34 e 39 della L. 392/1978 e artt. 2, 3 e 13 della L. 431/1998). L'ambito locatizio comprende finanche le azioni afferenti al contratto di comodato (art. 1803 c.c.) e al contratto di affitto di azienda (artt. 1618 e 1626 c.c.). Non è necessario esperire preventivamente la mediazione per i procedimenti di convalida di sfratto o licenza e per morosità. La legge 25 giugno ha convertito con modifiche il D.L. n. 28/2020 introducendo una novità di rilievo: «All'art. 3 del D.L. 23.2.20 n.6 convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020 n.13 dopo il comma 6 bis è inserito il seguente: nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l'emergenza epidemiologica da COVID 19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi dell'art. 6 bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1 bis dell'articolo 5 del Decreto Legislativo 28/10, costituisce condizione di procedibilità della domanda». Inoltre, il D.L. 17 marzo 2020 n. 18, all'articolo 91 ha disposto che «all'art. 3 del D.L. 23.2.20 n. 6 convertito con modificazioni dalla legge 5.3.20 n.13, all'articolo 6 è aggiunto il comma 6 bis. La norma prevede che il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 c.c. e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti». Il combinato disposto delle due norme, presumibilmente, sortirà molti interrogativi ermeneutici, tuttavia sembra chiaro che il legislatore ha inteso prevedere che ogni inadempimento legato all'emergenza pandemica dovrà essere gestito al di fuori delle aule di Tribunale essendo prevista la mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Pertanto, nella materia locatizia, dove la mediazione risulta già obbligatoria, le novità pandemiche dovranno essere coordinate con la disciplina già vigente pre - Covid19.