Penale

Manette agli evasori, doppio binario

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di Giovanni Negri

Tra il bastone e la carota. Alla fine la maggioranza (con fatica e senza Italia Viva) trova la quadra sulla riforma del penale tributario. E, se per le imprese le modifiche approvate nel corso della notte sono sicuramente assai significative, per le persone fisiche il trattamento viene, in parte, ammorbidito. In dettaglio, l’obiettivo dei cambiamenti concordati tra ministero della Giustizia e Mef, è stato di non colpire con rigore eccessivo l’occasionale colpevole di delitti non caratterizzati da condotte fraudolente.

In questa prospettiva, si introduce l’estensione della causa di non punibilità del pagamento del debito tributario ai 2 delitti tributari più gravi, le 2 diverse ipotesi di dichiarazione fraudolenta, per le quali però contestualmente si aumentano sia i minimi sia i massimi di pena. In sostanza anche gli autori di questi 2 reati potranno, versando quanto dovuto più sanzioni amministrative e interessi, evitare di essere colpiti sul piano penale. A patto che il ravvedimento sia antecedente a qualsiasi attività di accertamento. Il che, in realtà, rischia di depotenziare la misura.

Si è poi attenuato l’aumento delle pene per i delitti di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, pure in un contesto di inasprimento rispetto al regime attuale: per il primo reato infatti si lima di 6 mesi il massimo di pena, portandolo da 5 anni a 4 anni e 6 mesi. Un cambiamento non banale perchè rende impossibile la custodia cautelare. E sempre sulla dichiarazione infedele, risorge, il decreto legge l’aveva cancellata del tutto, un’area di irrilevanza penale per le valutazioni che complessivamente considerate (non più singolarmente) differiscono di meno del 10% da quelle corrette.

Come pure l’abbassamento di 1 anno del massimo del carcere, da 6 a 5, sia nell’ipotesi del singolo contribuente sia del contribuente sostituto d’imposta, ha come conseguenza il fatto di impedire l’effettuazione di intercettazioni, alle quali invece il testo in discussione aveva aperto (come segnalato sul Sole 24 Ore del 26 ottobre).

Tramonta anche l’abbassamento delle soglie di rilevanza penale, che il decreto ha abbassato con la conseguenza di allargare l’area delle condotte sanzionabili, per le due fattispecie di omessi versamenti, Iva e ritenute. Resteranno così, in vigore quelle attuali, di 150.000 euro per le omesse ritenute e di 250.000 per omesso versamento dell’Iva.

Per quanto riguarda la confisca di sproporzione, per la quale l’ultimissima correzione della nottata esclude l’applicazone retroattiva, le modifiche approvate puntano a selezionare i reati più gravi in rapporto a due criteri alternativi, si spiega, a seconda della struttura del reato:

- per i reati che necessariamente richiedono, per la punibilità, il superamento di una soglia di evasione d’imposta (è il caso della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, e dell’ipotesi di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), la confisca per sproporzione viene limitata ai casi in cui sia stata accertata una evasione di imposta superiore a 100.000 euro;

- per gli altri reati, la confisca per sproporzione viene limitata ai casi di emissione di fatture per operazioni inesistenti o di indicazione di elementi attivi inferiori a quelli effettivi o di elementi passivi fittizi per importi superiori a 200.000 euro. L’obiettivo è di limitare la misura a condotte che, in ogni caso, sono idonee a produrre un’evasione fiscale di entità rilevante, variabile a seconda dell’aliquota applicabile e comunque vicina, nella maggior parte dei casi a 100.000 euro.

Sempre sulla confisca di sproporzione, la misura è limitata alle persone fisiche condannate. La sproporzione riguarda i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per “schermi”, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in misura del tutto sproporzionata al proprio reddito. In applicazione della disciplina generale, chiarisce la relazione all’emendamento, il condannato potrà giustificare la provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli è provento o reimpiego dell’evasione fiscale a condizione che l’obbligazione tributaria venga estinta.

Corte di cassazione – Sezione VI – Ordinanza 18 novembre 2019 n. 29925

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