Medico ospedaliero: la responsabilità è extracontrattuale
La responsabilità del medico per condotte che non costituiscono inadempimento di un contratto d'opera (diverso dal contratto concluso con la struttura) è stata ricondotta dal legislatore del 2012 alla responsabilità da fatto illecito ex articolo 2043 del Cc , dunque, l'obbligazione risarcitoria del medico scatta solo in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano (che il danneggiato ha l'onere di provare). Lo ha stabilito il tribunale di Milano con la sentenza n. 7394 del 14 giugno 2016.
La responsabilità del medico ospedaliero dopo la legge Balduzzi - Il tribunale di Milano, con la sentenza in commento, conferma il proprio indirizzo in tema di responsabilità del medico ospedaliero, nonostante le recenti pronunce difformi della Suprema corte, predicative dell'ermeneusi tradizionale. L'Ufficio milanese muove dal dato normativo dell'articolo 3 della legge 189 del 2012 (cosiddetta “Legge Balduzzi”): «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo».
La sentenza in esame, conformemente all'orientamento seguito dalla Sezione di appartenenza (tribunale di Milano, sentenza n. 9693 del 2014, estensore Gattari; tribunale di Milano, sezione I civile, sentenza 2 dicembre 2014 n. 1430, estensore, presidente Roberto Bichi; tribunale di Milano, sezione I civile, sentenza 31 gennaio 2015, estensore Patrizio Gattari) ritiene che la disposizione normativa richiamata, interpretata «alla luce del chiaro intento del legislatore di restringere e di limitare la responsabilità (anche) risarcitoria derivante dall'esercizio delle professioni sanitarie per contenere la spesa sanitaria, che assegna all'interprete il compito di attribuire alla norma il senso che può avere in base al suo tenore letterale e all'intenzione del legislatore, sia da interpretare nel senso di ricondurre la responsabilità risarcitoria del medico (al pari di quella degli altri esercenti professioni sanitarie) nell'alveo della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. (con tutto ciò che ne consegue, principalmente in tema di riparto dell'onere della prova, di termine di prescrizione e del diritto al risarcimento del danno)».
Il tribunale di Milano, come noto, in tempi recenti, ha avallato questa soluzione anche richiamando sintoniche pronunce della Suprema corte: ad esempio, la n. 7909/2014 dove la Corte di cassazione, chiamata a dare una qualificazione del termine “contratto” in riferimento a ipotesi responsabilità sanitaria in relazione all'applicazione dell'articolo VIII, paragrafo 5, della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 (ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955, n. 1335), ha avuto modo di sottolineare, proprio in caso di qualificazione di domanda risarcitoria da errato trattamento medico – ancorché nell'ambito di interpretazione ancorata al diritto internazionale – che essa non può essere ritenuta contrattuale. Infatti, sottolinea la Corte, tale configurazione “contrattuale” opera «allorché la richiesta di indennità trovi la sua ragione giustificativa nell'applicazione di un contratto, da intendere come accordo bilaterale (o plurilaterale) su singole clausole, che vanno adempiute dalle parti contraenti», escludendo che possa assumere tale natura il contratto da “contatto sociale” frutto esclusivo della elaborazione giurisprudenziale italiana, a fronte di una riconduzione, per tutti gli altri stati contraenti, della responsabilità del medico ospedaliero nell'ambito extracontrattuale o per torti (così: tribunale di Milano, sezione I civile, sentenza 2 dicembre 2014 n. 1430, estensore Roberto Bichi).
L'orientamento della sezione I civile non ha però convinto la Suprema corte. Nei più attuali arresti, infatti, la Cassazione ha confermato il classico orientamento: l'articolo 3, comma 1, della legge n. 189 del 2012, là dove omette di precisare in che termini si riferisca all'esercente la professione sanitaria e concerne nel suo primo inciso la responsabilità penale, comporta che la norma dell'inciso successivo, quando dice che resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del Cc, poiché in lege aquilia et levissima culpa venit, vuole solo significare che il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l'irrilevanza della colpa lieve in ambito di responsabilità extracontrattuale, ma non ha inteso prendere alcuna posizione sulla qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità di quella natura. La norma, dunque, non induce il superamento dell'orientamento tradizionale sulla responsabilità da contatto e sulle sue implicazioni (Cassazione civile, sezione VI, ordinanza 17 aprile 2014 n. 8940, presidente Finocchiaro, relatore Frasca; così anche Cassazione civile, sezione VI, 24 dicembre 2014 n. 27391, estensore Frasca).
Nella sentenza in commento, il tribunale di Milano assume una posizione consapevolmente non collimante: il giudice «pur consapevole del contrario avviso recentemente espresso dalla Corte di Cassazione in merito al significato da attribuire alla disposizione contenuta nell'art. 3 sopra citato, ritiene che ove il legislatore avesse voluto solo escludere l'irrilevanza della colpa lieve nella responsabilità aquiliana, il richiamo all'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2043 c.c. sarebbe del tutto superfluo ed ingiustificato». Reitera, conseguentemente, gli argomenti a sostegno della tesi milanese: «la responsabilità contrattuale da “contatto sociale”» applicabile al medico (non legato al paziente da alcun rapporto contrattuale) si risolve in una evocazione dell'articolo 1173 del Cc e a un richiamo alla legge istitutiva del Sistema sanitario n. 833/1978, che, invero, contempla un obbligo per le strutture sanitarie (pubbliche o private convenzionate) di erogare le prestazioni terapeutiche e assistenziali ai soggetti che si trovano nelle condizioni di aver diritto di usufruire del servizio pubblico, demandando, tra l'altro, a tali enti ogni responsabilità organizzativa e gestionale nell'ambito dei quali il singolo medico dipendente è tenuto a operare senza alcuna autonomia professionale». Né appare «particolarmente decisivo il richiamo alla qualificazione propria del professionista-medico, quale portatore di un obbligo di prestazione omogeneo, sia nell'ambito del tipico contratto d'opera professionale, sia nella veste di dipendente di struttura ospedaliera. Un tale principio non è revocabile in dubbio, ma ben trova rispondenza nei precetti che regolano sia la responsabilità contrattuale che extracontrattuale, con riguardo alla colpa in attività professionale.
Invero, può solo osservarsi che «anche in presenza di responsabilità extracontrattuale del medico (nel caso, dipendente ospedaliero) si applica la limitazione di responsabilità al dolo e alla colpa grave di cui all'art. 2236 cod. civ. se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà» (si veda Cassazione sin da sentenze nn. 4152/1995, 11743/1998)».
Per tali ragioni, secondo il tribunale meneghino ove, «l'attore agisce anche nei confronti del medico, senza allegare l'esistenza di un contratto d'opera professionale con lo stesso concluso, deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, in virtù del consolidato richiamo al contratto di spedalità derivante dal contatto sociale, mentre il rapporto con il professionista sia di natura extracontrattuale».
De iure condendo: il legislatore segue Milano - De iure condendo, il Legislatore è orientato a confermare la linea interpretativa seguita dal tribunale di Milano: infatti, dall'esame del disegno di legge «Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario» approvato dalla Camera dei Deputati il 28 gennaio 2016 (relatore On. Gelli) – e risultante dall'unificazione di vari disegni di legge presentati in materia – si appura che, ai sensi dell'articolo 7 comma III, «l'esercente la professione sanitaria (…) risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile».
Tribunale Milano - Sezione I civile - Sentenza 14 giugno 2016 n. 7394