Il CommentoPenale

Abuso sessuale e maltrattamenti sui minori. Minori abusanti e maltrattanti - I due volti della devianza

Fenomenologia dell'abuso e del maltrattamento sui minori e dei minori. Prospettive metodologiche nella valutazione del danno e del soggetto abusato/abusante, maltrattato/maltrattante. Fattori ed indicatori dell'abuso e di rischio.

di Federica Federici*

Oltre ad essere una questione attuale, delicata e complessa, si tratta di un fenomeno eterogeneo, trasversale, che nella prospettiva giuridica e di un difensore pur trattandosi di fattispecie uniche, abbraccia sia le vittime che gli autori del reato, in dinamiche e contesti soggettivi ed oggettivi diversi.

Il termine abuso come quello di maltrattamento, invero, si manifestano ed articolano in più livelli, ma è anche categoria di diritto e dovere, non ha solo accezione di disvalore. Inoltre attiene allo jus corrigendi e allo jus educandi , non si sostanzia solo nel suo sbocco più grave quello della violenza di matrice criminogena (trattasi di reato proprio, a forma libera, con dolo generico).

Numerosi i dibattiti dottrinali afferenti la correttezza della loro collocazione ormai disgiunta tra delitti contro la persona (Titolo XII) e delitti contro la famiglia (Titolo XI). Non è tanto la diversa collocazione nel codice che indica l'importanza sostanziale di uno dei due reati, ma dal bene che si intende tutelare a seconda della scelta operata, come vedremo in seguito. La ratio della collocazione normativa dei due reati va ricercata nel bene giuridico oggetto di tutela nella persona nel suo più ampio concetto e dimensione intera o nel suo effettivo legame familiare.

Fattori di rischio e indicatori prevenzione

La cronaca riporta continui casi e mette in luce sia i fattori di rischio che di prevenzione, mostra come il fenomeno cambia a seconda delle età (tenera età e pre-pubertà, infanzia, pre-adolescenza, adolescenza), dell'ambiente sociale e familiare, scolastico, territoriale e culturale, nelle comunità sportive, religiose, sanitarie, nelle case famiglia e negli istituti di pena minorili. Da una attenta analisi del tenore letterale della norma di cui all'art. 572 c.p. si evince infatti e pacificamente come il rapporto familiare non sia la condicio sine qua non per la configurazione dell'ipotesi delittuosa , stante la possibilità concreta che tra soggetto agente e vittima del reato sussista un rapporto di autorità/subordinazione.

Vi sono poi indicatori comportamentali, fisici, fattuali, verbali e paraverbali che dovrebbero destare sospetti. Il bene tutelato nell'abuso è l'integrità psico-fisica, patrimonio morale, libertà e decoro del soggetto passivo del reato, ovvero del minore, il suo corretto sviluppo affettivo e sessuale, già condizionati e plasmati in seno alla famiglia, dove non di rado si verificano i primi segnali di abuso e maltrattamento, quindi dove si rinvengono anche gli autori del reato già in ambito intrafamiliare. Il bene tutelato nel reato di maltrattamento è (anche) il legame giuridico intercorrente tra le persone appartenenti al medesimo nucleo familiare o da un vincolo ad esso assimilabile (rapporto di autorità scaturente dallo svolgimento di una professione di un'arte, di cura o custodia o assistenza purché giuridicamente riconosciuta dal punto di vista pubblico o privato).
Altri elementi sono le modalità di educazione e cura dei minori, l'esercizio della custodia e vigilanza, dell'autorità genitoriale , quando si sostanziano in eccessiva durezza e brutalità.

Consenso, imputabilità e pericolosità sociale

Altro istituto toccato dal fenomeno è quello del consenso , data la fragilità e la vulnerabilità dei minori e la presunzione legale di una loro incapacità (assoluta al di sotto dei 14 anni) anche se viviamo in un contesto di precoce adultizzazione e consapevolezza da parte dei minori.

Nei maltrattamenti non è sufficiente un episodio o il venire meno dei propri doveri in una occasione, ma è richiesto un atteggiamento vessatorio al quale la vittima, non consenziente, non riesce a sottrarsi e che costituisce la risultante di una pluralità di comportamenti negativi di prevaricazioni e sofferenze inferte alla vittima del reato, estrinsecantesi sia in condotte omissive (di comportamenti doverosi) che commissive/attive, magari non autonomamente illeciti, ma, nella loro reiterazione, idonei a ledere la personalità della vittima fino a rendere insostenibile il rapporto (percosse, lesioni, offese, ingiurie, minacce, privazioni, umiliazioni, atti di scherno o disprezzo e offesa alla dignità della persona umana).

Trattasi quindi non di una mera offesa strictu sensu, ma di reato perdurante/permanente, abituale (requisito ad substantiam) e complesso perché di mera condotta, a dolo generico , che si consuma nel momento in cui si compie l'atto, che è sufficiente a dimostrare che l'autore del reato prova indifferenza al disagio psichico e fisico della vittima, superando anche il fatto che possa averlo compiuto per finalità educative. Nella violenza sessuale la presunzione che il consenso alla prestazione sessuale manchi sussiste anche in caso di atto non violento.

Esiste anche il fenomeno di abuso e maltrattamenti tra pari o minori (in uno scarto di 3 anni di età). Qui sovviene la questione della (non) imputabilità di cui agli artt. 85 e 98 c.p. che va considerata nella sua accezione più ampia come capacità sia di intendere che di volere (all'estero vi sono varie proposte di legge per rivedere le fasce di età in termini di imputabilità). Al di sotto dei 14 anni si presume vi sia un difetto assoluto di maturità , presupposto della imputabilità, per ragioni di comune esperienza. Sopra tale soglia la capacità di intendere e volere viene di solito individuata nel concetto di maturità, ovvero di comprendere il valore dei propri atti e l'efficienza causale degli stessi, resistendo agli impulsi, anticipando le conseguenze dei propri atti, rendendosene consapevoli e – di conseguenza - responsabili.
Il concetto di maturità/immaturità è indipendente dal vizio di mente e va valutato caso per caso. L'intangibilità (sessuale) del minore è assoluta verso gli adulti e temperata tra pari (nessuno meno di 13 anni e differenza di età non superiore ai tre anni), frutto di un travagliato compromesso tra i paladini del diritto alla sessualità minorile ed i sostenitori della protezione della immaturità dei minori.

Entra in gioco in tale sede anche la pericolosità sociale (art. 203, 224 e 225 c.p.): anche i minori possono essere ritenuti pericolosi socialmente e la misura applicata non è una pena, ma una sanzione penale. E' stata introdotta per limitare gli effetti della depenalizzazione, mantenendo la misura di sicurezza in ragione social-preventiva, lasciandola peraltro slegata da eventuale patologia, ma legandola all'ambiente in cui vive e da cui può dipendere la sua pericolosità.. In questo ambito sarà importante una valutazione clinica che indaghi sulla prognosi del disturbo e sulle possibilità riabilitative del soggetto per ancorare il giudizio a precisi elementi indicatori in omaggio al principio di tassatività

Dinamiche

E' cambiato anche il concetto di spazio fisico, laddove i social e i dispositivi elettronici consentono un contatto telematico, meno offensivo dal punto di vista del contatto fisico, ma egualmente grave ed insano perché frutto di esercizio del potere in spregio alla fiducia e alla immaturità del soggetto che viene abusato, come avviene nella prostituzione minorile e nei reati pedopornografici.

L'abuso può manifestarsi in vari modi, quello tipico della violenza fisica o sessuale, ma anche quella mentale, nell'incuria, nell'abbandono, nei conflitti tra genitori, quindi sia in condotte omissive che commissive. E' proprio in queste articolazioni che si individua il confine tra maltrattamento, abuso, stalking, violenza e violenza assistita e quindi l'inquadramento nei reati contro la famiglia (maltrattamenti) e contro la persona (abuso/violenza sessuale verso minorenni).

Nella violenza sessuale in danno ai minori il bene protetto è l'integrità psicofisica del minore con riferimento alla sua sfera intima e sessuale (gli anni 14 sono ritenuti l'età in cui si ritiene che possa iniziare a svilupparsi correttamente ma ancora non consapevolmente la propria vita sessuale e che debba essere garantita una - seppur limitata - libertà sessuale). Va quindi tenuta presente la presunzione assoluta di mancanza del consenso nella fascia di età al di sotto degli anni 14, relativa tra i 14 e i 16.

Nella stessa norma coabitano gli atti sessuali con infraquattordicenne e con infrasedicenne, differenziandosi per a) soggetto attivo b) soggetto passivo c) oggetto giuridico d) dolo e) causa speciale di non punibilità ed avendo in comune il compimento degli atti sessuali.

Ad oggi nonostante il travagliato iter legislativo e le novelle codicistiche la soluzione è ben lontana dal potersi ritenere consolidata. La violenza sessuale in caso di minori è quindi sempre presunta, trattandosi di atti sempre vietati anche quelli del minore verso l'adulto.

Anche in questo caso il dolo è generico e non rileva l'error aetatis anche per effetto dell'art. 609sexies c.p. La presunzione juris et de jure (non suscettibile di prova contraria) nasce dall'esigenza di reprimere più efficacemente quelle offese così gravi perché in spregio alla giovanissima età.

La globalizzazione e il modello di famiglia allargata, unito al nuovo concetto di minore non solo figura da tutelare, ma persona, completano ed amplificano la varietà dei fenomeni ed evidenziano anche una figura genitoriale cambiata anche strutturalmente, logisticamente, affettivamente, dove alla imposizione della potestà genitoriale è subentrato – in ottica puerocentrica - il dovere di cura (promozione ed agevolazione del processo di socializzazione) e protezione (garantire sicurezza adeguata nei confronti dell'ambiente interno ed esterno), la c.d. responsabilità genitoriale, anche in ottica di condivisione della genitorialità da parte di genitori laddove separati.

Il minore abusato o maltrattato perde fiducia nell'adulto, fiducia che ha alla base incondizionata, per cui elaborare e rielaborare il trauma e la conseguente sofferenza è un percorso difficile e la verità è di ostacolo e non funzionale al suo superamento. Tanto più che spesso il minore tace per la paura di non essere creduto.

Anche la categoria persona conosciuta/sconosciuta per il minore è labile e contraddittoria. Il minore presenta disturbi di memoria, iperattività, distruttività precoce, disadattamento, abbandono scolastico, comportamento ritirato o di chiusura, bassa intelligenza, alterazioni del pensiero e della percezione, influenzabilità, ogni ambiente in cui vive risulta contaminato, si ritrova a mentire e manipolare, tutte queste conseguenze devono essere oggetto di una tempestiva ed attenta valutazione cognitiva da parte di esperti.
Il rischio che la immaturità biologica affettiva, intellettiva e sociale, già insita nell'età e non sincrona nel suo evolversi, venga compromessa irrimediabilmente e quindi diventerà per il minore difficile distinguere tra bene e male, lecito ed illecito, l'onesto dal disonesto, valutare le conseguenze degli atti propri ed altrui, pervenire ad una consapevolezza dell'agire. A ciò si aggiunga poi la vittimizzazione secondaria in un'epoca di sovraesposizione sociale e mediatica decisamente amplificata.

Le carenze genitoriali e familiari si possono manifestare nel comportamento antisociale degli adulti, nell'uso di sostanze, nella loro scarsa competenza educativa (poca sorveglianza, negligenza, punizioni fisiche, scarsa comunicazione), nel cattivo rapporto genitori-figli, nella depressione materna, nella psicopatologie di entrambi i genitori, nella gravidanza precoce, nelle famiglie monogenitoriali così come troppo allargate, nel cambio frequente di chi si prende cura del minore, nel basso livello socio-economico e disoccupazione, nel basso livello di scolarità dei genitori (principalmente della madre), nella mancanza di controllo rispetto ai pericoli.

Vi sono però anche fattori genetici e di rischio del tutto personali nei minori a rischio abuso e maltrattamento o come potenziali soggetti abusanti e maltrattanti: disturbi della condotta precoci, impulsività e disturbi di personalità, il rifiuto delle regole, i deficit cognitivi, le difficoltà di apprendimento, i comportamenti auto lesivi o aggressivi, il basso QI e l'uso di sostanze.

Nei fattori legati al gruppo dei pari l'associazione con pari devianti ed il proprio vissuto di rifiuto del gruppo convenzionale.

Perizia in età evolutiva

La perizia in età evolutiva dovrà pertanto indagare su:
• Psicologia della memoria
• Psicologia del trauma
• Psicologia dello sviluppo
• Dinamica della coppia genitoriale
• Contesto sociale
• Valutazione cognitiva
• Funzioni esecutive
utilizzando strumenti quali la anamnesi (familiare, fisiologica, patologica remota e patologica prossima), l'esame obiettivo dello status psichiatrico e la testologia, incrociando poi i vari risultati. Ad oggi ancora non esiste una metodologia condivisa ed uniforme a livello internazionale.

Conclusioni

Da queste semplici riflessioni e considerazioni ne discende la difficoltà nella valutazione - diagnostica e prognostica - del danno sia in ambito civile che penale da parte dei periti e del giudice. Le perizie in caso di minori vittime di abuso e maltrattamenti richiedono l'applicazione di procedure particolari e di un processo decisionale complesso e preciso che mira ad una rilevazione adeguata dell'abuso o del maltrattamento, che porti a configurare il child (sexual) abuse. Tra le due fattispecie la giurisprudenza è ondivaga in alcuni caso non è previsto il concorso stante il rapporto di specialità in altri possono concorrere.
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*A cura dell' Avv. Prof. Federica Federici, Studio Legale Federici - Professore a contratto Università Federico II di Napoli

BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA
SABATELLO U., COLAFRANCESCO, SEBASTIANI, SPISSU, Le perizie in età evolutiva, Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche e Riabilitative dell'età evolutiva, Università di Roma, La Sapienza
GAROFOLI R., Manuale di diritto penale, Parte speciale II, Giuffrè Editore, Percorsi, 2006
MANTOVANI F., Manuale di diritto penale, parte speciale, dei delitti contro la persona, CEDAM. 2005
L. 1.10.2012 di ratifica della CONVENZIONE DI LANZAROTE