Responsabilità

Nel caso di rischi ineliminabili datore di lavoro responsabile solo se determina un aggravemento del pericolo

Lo ricorda la Cassazione con l'ordinanza n. 1509/2021

di Jessica Verduci

Con l'ordinanza n. 1509 del 25 gennaio 2021 la Corte di Cassazione si è occupata di sicurezza sul lavoro, riaffermando alcuni principi cardine in tema responsabilità del datore di lavoro in caso di malattie insorte ai lavoratori impiegati in ambienti nocivi.

Il caso esaminato
La vicenda, presa in esame dagli Ermellini, riguarda il danno non patrimoniale subito da un cantoniere, deceduto in seguito all'insorgere di un tumore ai polmoni (nello specifico mesotilema pleurico) presumibilmente causato dal lavoro in un ambiente nocivo.
La Corte d'Appello, confermando la sentenza pronunciata dal Tribunale, escluse la responsabilità della società (ex articolo 2087 c.c.) in cui il de cuius era impiegato, rilevando che mancavano sufficienti elementi probatori concernenti l'esposizione a polveri di amianto in misura significativa per l'insorgenza della malattia.
Gli eredi del lavoratore adirono dunque la Suprema Corte ritenendo, al contrario, sufficientemente provata la nocività dell'ambiente di lavoro alla luce delle deposizioni testimoniali raccolte.
La Corte di Cassazione, confermando le sentenze di merito e in conformità con svariate pronunce precedenti (ex plurimis Cass. n. 18132 del 2020; in senso conforme Cass. n. 20366 del 2019 e Cass. n. 24742 del 2018), rigettò integralmente il ricorso motivando che la responsabilità del datore in materia di sicurezza sul luogo di lavoro non è oggettiva. Infatti, "incombe al lavoratore provare l'esistenza del danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro nonché il nesso di causalità tra l'una e l'altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi: l'ambito dell'art. 2087 cod. civ. riguarda, invero, una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici".

I rischi ineliminabili
In particolare, la Suprema Corte specificò che vi sono, come nel caso in esame, determinati lavori (quali, ad esempio, quelli da svolgersi all'aperto, in ambienti sotterranei, in gallerie, in miniere) che per loro natura comportano per la salute del lavoratore rischi ineliminabili dal datore di lavoro.
Di conseguenza, "rispetto a detti lavori – importanti una necessaria accettazione del rischio alla salute del lavoratore, legittimata sulla base del principio del bilanciamento degli interessi – non risulta, pertanto, configurabile una responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro, se non nel caso che detto imprenditore con comportamenti specifici ed anomali, da provarsi di volta in volta da colui che assume di essere danneggiato, determini un aggravamento di quel tasso di rischio e di pericolosità ricollegato indefettibilmente alla natura dell'attività che il lavoratore è chiamato a svolgere (Cass. n. 11427 del 2000)".
Ne consegue, secondo la Corte di Cassazione, che la Corte territoriale non avesse errato nell'escludere la responsabilità del datore di lavoro, dal momento che la compiuta istruzione non aveva fornito prove sufficienti a confermare la nocività dell'ambiente di lavoro in relazione all'insorgere del mesotelioma pleurico.

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