Responsabilità

Niente risarcimento al professionista rimasto senza telefono fisso, c'è lo smartphone

Per la Cassazione, la circostanza non è sufficiente a presumere un danno all'attività del professionista

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di Marina Crisafi

Otto mesi senza poter utilizzare il telefono fisso dello studio? Non scatta il risarcimento del danno al professionista che può ben utilizzare lo smartphone. Ad affermarlo è la sesta sezione civile della Cassazione, con ordinanza n. 76/2022, respingendo la richiesta di ristoro economico avanzata da un professionista per il disservizio subito.

  La vicenda
Ad adire le vie legali è un ingegnere che aveva chiesto e ottenuto dal tribunale di Spoleto un provvedimento cautelare ai fini dell'attivazione del trasferimento della linea telefonica tra due operatratori telefonia .

La successiva domanda di risarcimento danni, proposta dallo stesso professionista, venne rigettata per mancanza di idonea allegazione, sia dal Tribunale di Spoleto, quale giudice del merito dopo il procedimento cautelare, che dalla Corte di Appello di Perugia.

L’ingegnere non ci sta e ricorre, quindi, al Palazzaccio insistendo sulla richiesta di risarcimento per i danni subiti.

  La decisione

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso è da rigettare. Intanto, secondo la Suprema corte, è inammissibile la doglianza che, sotto le spoglie dell’asserita violazione dell’articolo 112 del Cpc, cerca di confutare il giudizio di fatto del giudice di merito il quale ha escluso sussistessero circostanze su cui basare la liquidazione del danno.

La Corte di Appello, invero, ha affermato, confermano da piazza Cavour, che alla liquidazione equitativa non poteva farsi luogo, per carenza delle allegazioni dello stesso professionista, “non essendo a detto fine sufficiente quella che la mancata disponibilità, per circa otto mesi, di un'utenza telefonica fissa comportasse necessariamente un danno all'attività libero professionale, quale ingegnere, a fronte del notorio uso prevalente delle utenze telefoniche mobili”.

Inammissibile anche la doglianza sulla compensazione delle spese, la cui facoltà, ribadisce la Cassazione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, “il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione”.

Da qui, il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali oltre a un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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