Civile

Niente risarcimento se non si presta attenzione alla buca

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di Francesco Longo

Chi cammina per la strada deve stare sufficientemente attento a non inciampare. La diligenza chiedibile al soggetto danneggiato va, infatti, calibrata in relazione alla situazione concreta e, cioè, riferita allo stato dei luoghi, nonchè al momento, giorno notte, in cui il fatto si verifica.

Questo è quanto ricavabile dall’ordinanza 9315/2019 della Corte di cassazione in cui si afferma, in base allo stesso principio di solidarietà espresso dall’articolo 2 della Costituzione, l’esigenza di dover tener conto del «dovere generale di ragionevole cautela». Sicché «quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata, attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese, e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente concorre il contributo causale nella dinamica del danno il comportamento del danneggiato». Comportamento che può giungere – secondo la Suprema corte – al punto da escludere ogni responsabilità in capo all’amministrazione.

Con tale decisione si sono posti a revisione i principi correlati all’obbligo di custodia, questioni affrontate con le ordinanze 2480 e 2483 del 2018. La questione sottesa al principio affermato ora dalla Corte riguarda il caso di una persona che passeggiava lungo una via pubblica e che capitombolava per la presenza di un tombino e di un avvallamento. Tali aspetti non sono stati di per sé ritenuti idonei per legittimare vittoriosamente una richiesta risarcitoria, in quanto la caduta del pedone si sarebbe potuta evitare se questi avesse adoperato l’ordinaria diligenza riferita anche al momento in cui il fatto si è verificato.

In questo caso si trattava di un momento diurno, e non notturno, al quale andava affiancata la scarsa profondità dell’avvallamento. Il che ha indotto la Suprema corte a ritenere che il mancato utilizzo della normale diligenza rappresenta l’elemento causale esclusivo per il verificarsi del sinistro.

Con questo pronunciamento, la Cassazione rivede alcuni principi fatti valere in tema di responsabilità per i danni derivanti dalla circolazione stradale, pedonale o viaria che sia, normalmente ricondotta all’articolo 2051 del codice civile che disciplina il danno da cose in custodia, quale è la via pubblica rientrante nel demanio stradale comunale.

La Corte, anche di recente (ordinanza 6141/2018) aveva sostenuto che l’amministrazione comunale è tenuta a garantire che la circolazione dei veicoli e dei pedoni avvenga in condizioni di sicurezza e, quindi, deve provvedere alla normale manutenzione dello stato dei luoghi. Ne consegue che tale dovere di sorveglianza costituisce un obbligo primario della pubblica amministrazione e la sua violazione integra gli estremi della colpa e determina la responsabilità per il danno cagionato all’utente.

Anche per la più recente giurisprudenza di merito (tribunale di Napoli, sentenza 144/2016), l’articolo 2051 del codice civile configura in capo all’ente gestore della strada una responsabilità oggettiva. Alla luce dell’ordinanza 9315/2019 la responsabilità dell’amministrazione si è affievolita.

Corte di cassazione - Sezione VI - Ordinanza 3 aprile 2019 n.9315

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