Penale

“No al pacchetto sicurezza”, l’appello dei penalisti fa il pieno di firme

L’Unione delle camere penali si fa promotrice insieme a giuristi, politici e giornalisti di un “manifesto” contro provvedimenti illberali e carcerocentrici

11/01/2011 Roma, sede della Corte Costituzionale

“Il contenuto dell’intero ‘Pacchetto sicurezza’ rivela una matrice securitaria sostanzialmente populista, profondamente illiberale e autoritaria, caratterizzata da uno sproporzionato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli”. Così inizia il “manifesto” delle Camere penali, redatto nell’ambito dello sciopero (4, 5 e 6 novembre) proclamato contro le misure del Governo e firmato dal Segretario Rinaldo Romanelli e dal Presidente Francesco Petrelli ma anche da costituzionalisti come Michele Ainis; giornalisti come Alessandro Barbano; politici come Rita Bernardini e altri giuristi e personaggi pubblici.

“Affidare al sistema repressivo penale la soluzione di ogni situazione di marginalità, di devianza, o di potenziale conflitto sociale, anziché percorrere la strada dell’incremento della prevenzione e della riduzione delle cause di disagio sociale che generano i fenomeni della ribellione e della devianza, o anche solo del dissenso politico, finisce con l’alimentare inutilmente una crescente domanda di punizione e con l’incrementare irrazionalmente un sistema carcerocentrico produttivo, anche a causa dell’inserimento di ulteriori ostatività, di ancor maggiore sovraffollamento, incompatibile con ogni forma di rieducazione, a sua volta causa dell’aumento del fenomeno della recidiva”.

I firmatari sottolineano poi che, nell’attuale assetto normativo, sono già presenti disposizioni di legge che puniscono l’occupazione abusiva di immobili, il borseggio, le rivolte in carcere o l’aggressione ai danni dei rappresentanti delle forze dell’ordine. Inoltre, la fattispecie di reato di “rivolta in istituto penitenziario”, integrata anche da condotte “dichiaratamente inoffensive come la resistenza passiva, ovvero da semplice disobbedienza”, costituisce un “pericoloso arretramento” essendo una norma contraria ai principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di offensività.

Di particolare gravità appare poi, prosegue il testo, è la cancellazione del differimento obbligatorio della pena per le donne incinte o madri di prole in tenera età e la previsione della detenzione negli istituti a custodia attenuata per detenute madri, rischiando di “confinare dietro le sbarre ordinarie dei penitenziari femminili le madri ed i loro neonati”. Altrettanto “iniqua e vessatoria” è la norma che inibisce il rilascio di un contratto telefonico al “cittadino di uno Stato non appartenente alla Unione europea”, per il solo fatto di essere sprovvisto di titolo di soggiorno.

L’attenzione della politica invece dovrebbe andare nel senso di riportare il sistema carcerario all’interno di parametri che “rispettino la dignità della persona e consentano le attività trattamentali che perseguono la finalità rieducativa della pena”.

Da qui l’appello al Senato affinché “riconsideri le norme segnalate non solo sotto i profili di incostituzionalità ma anche sotto quelli del manifesto distacco dai principi del diritto penale liberale e della provata inutilità degli aumenti di pena e dell’introduzione di nuovi reati e aggravanti”.

Intanto si apprende che sono quasi 1.500 gli emendamenti al Ddl, già approvato dalla Camera, presentati dalle opposizioni nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato. Il termine per la presentazione è scaduto oggi alle 12, dalla maggioranza non è arrivata alcuna proposta emendativa. La prossima settimana è in programma l’inizio dell’esame e del voto degli emendamenti nelle commissioni riunite. Tra i partiti di opposizione, Avs ha presentato 1.000 emendamenti e 10 odg, 224 sono gli emendamenti del Pd, 201 dal M5S e 45 da Iv.

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