Civile

No al pignoramento se c’è una proposta di transazione fiscale

di Giulio Andreani

L’agenzia delle Entrate-Riscossione, in quanto soggetto pubblico che tutela interessi pubblicistici, non deve procedere al pignoramento nei confronti di un’impresa che, nell’ambito delle trattative che precedono la conclusione di uno o più accordi di ristrutturazione dei debiti, abbia presentato - allo stesso agente della riscossione e alle agenzie fiscali su mandato delle quali quest’ultimo agisce per il recupero dei crediti tributari - una proposta di transazione fiscale di cui all’articolo 63 del Codice della crisi. Ciò per due ragioni:
1
perché l’agenzia della riscossione non può assumersi, eseguendo il pignoramento, la responsabilità di far naufragare le trattative in corso con i creditori, nelle quali essa stessa è stata coinvolta mediante la notifica della proposta di transazione fiscale, per di più rischiando di compromettere il recupero di altri crediti facenti capo allo Stato;
2
perché nella fase delle trattative il creditore, in particolare se pubblico, deve tenere nei confronti del debitore un comportamento leale.

Lo ha stabilito il Tribunale di Ferrara, pronunciandosi su un’istanza con cui una società, in pendenza delle trattative relative alla conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale, aveva richiesto a tale tribunale di disporre, senza la previa convocazione delle parti considerata l’urgenza, le misure protettive di cui agli articoli 54, comma 3 e comma 2, 1° e 2° periodo del Codice della crisi (cioè il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari), nel timore della probabile esecuzione di un pignoramento da parte delle Entrate, a seguito del mancato pagamento di debiti fiscali oggetto di una transazione fiscale precedentemente proposta all’Amministrazione finanziaria.

Quello affermato dal Tribunale di Ferrara costituisce un condivisibile principio di civiltà giuridica, perché è in effetti incivile che il creditore aggredisca il debitore non appena quest’ultimo gli formula, a norma di legge e in buona fede, una proposta di trattamento dei propri debiti fiscali. Sotto la vigenza della legge fallimentare, anche nell’ambito delle trattative relative all’accordo di ristrutturazione, quest’ultimo aveva la possibilità di impedire automaticamente le azioni esecutive e cautelari dei creditori, in virtù del comma 6 dell’articolo 182-bis di tale legge; ma nel Codice della crisi tale automatismo è venuto meno e le misure protettive devono essere richieste al Tribunale, che deve poi concederle, con una possibile asincronia rispetto alle esigenze di protezione del patrimonio, posto che tali misure non possono essere richieste se le trattative non sono state avviate. Per superare tale sincronia sarebbe sufficiente che il legislatore prevedesse che le azioni esecutive e cautelari non possono essere iniziate o proseguite dal Fisco nei quattro mesi dopo la presentazione della proposta di transazione fiscale.

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