No al risarcimento dei danni provocati dai cani randagi
No al risarcimento dei danni provocati dai cani randagi quando i fatti si sono verificati lontani dal centro abitato e nessuna segnalazione di pericolo era in precedenza giunta alle autorità.
È quanto emerge da una sentenza del Tribunale di Cagliari (giudice Elisabetta Murru) dello scorso 10 febbraio.
La controversia scaturisce dalla richiesta di rifusione del danno subìto da una donna che, mentre faceva footing, era stata aggredita da un cane privo di museruola e guinzaglio. L'attrice ha citato in giudizio sia il Comune nel cui territorio era avvenuto il fatto sia le competenti Aziende sanitarie locali. L'ente territoriale ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, sostenendo che la legge 218/1991 attribuisce alle Aziende sanitarie i compiti di igiene e sanità pubblica, compreso l'accalappiamento dei cani randagi. Le Aziende non si sono costituite.
Nel decidere la lite, il Tribunale ricorda che la legge 218/1991 assegna:
• ai Comuni la costruzione, la sistemazione e la gestione dei canili e dei rifugi per cani;
• alle Asl le attività di profilassi e controllo igienico-sanitario e di polizia veterinaria;
• alle Regioni la disciplina delle misure di attuazione delle funzioni attribuite a Comuni e Asl.
La Regione Sardegna - prosegue la motivazione - ha emanato la legge 21/1994, che ha posto a carico dei servizi veterinari delle Asl il compito di provvedere alla tenuta e all'aggiornamento dell'anagrafe canina nonché la cattura dei cani vaganti non identificati; la stessa legge ha inoltre attribuito ai Comuni il risanamento e la gestione dei canili comunali. Da tali disposizioni - osserva il Tribunale - si deduce dunque che il controllo del randagismo spetta al servizio veterinario delle Aziende sanitarie.
Inoltre - si legge ancora nella sentenza -, quando il danno è causato dai cani randagi si applicano i principi generali della responsabilità extracontrattuale previsti dall'articolo 2043 del Codice civile. Di conseguenza, per la condanna al risarcimento è necessario che sia accertato l'elemento psicologico del dolo o della colpa dell'ente.
Nel caso in esame, è stato provato che l'attrice era stata aggredita da un cane randagio, ma «non risulta individuato un comportamento colposo ascrivibile all'ente pubblico». Infatti, la donna non ha fatto riferimento ad alcuna «violazione di misure cautelari a opera dell'ente sanitario» né ha dedotto che «la stessa località fosse stata teatro di analoghi episodi» che avrebbero imposto controlli da parte delle autorità. Peraltro, il fatto si era verificato in un luogo lontano dal centro abitato, sicché non poteva «neppure ritenersi esigibile una presenza e/o vigilanza incessante da parte dell'ente pubblico».
Tribunale di Cagliari - Sentenza 10 febbraio 2016 n. 414