Civile

No al risarcimento del pedone se cade nel tombino

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di Selene Pascasi

Niente risarcimento, per il pedone che, pur conoscendo bene la via, cade in un tombino. Solo presunta, dunque, la responsabilità del Comune, per l'insidia stradale, se il danneggiato aveva gli “strumenti” per evitare lo scivolone. Lo afferma la Corte d'Appello di Taranto, con sentenza n. 45 del 1 febbraio 2016.

Muove il caso, l'appello proposto da una ragazza avverso la decisione del Tribunale di bocciare la domanda risarcitoria avanzata nei confronti del Comune. A cagionarle i danni? La caduta in una buca. Ma la ricostruzione del sinistro, le fa perdere la causa e anche i giudici di appello le danno torto. Intanto, rilevano, il referto di pronto soccorso non aveva indicato come causale dell'incidente l'“insidia stradale”. E nella cartella clinica, formata dai sanitari durante il ricovero resosi necessario per eseguire un intervento di osteosintesi, si parlava genericamente di caduta “accidentale”. Non solo. Durante l'interrogatorio formale, la giovane aveva riferito di aver percorso più volte quel tratto di strada, ma di non aver fatto mai caso, nonostante la familiarità al luogo, alla presenza del tombino che le aveva fatto perdere l'equilibrio. A pesare sulla bilancia, poi, sia il fatto che la via fosse (fotografie alla mano) ben illuminata, sia l'età della danneggiata, quindicenne all'epoca dell'occorso, dunque agile e dotata di buoni riflessi. Ricorso infondato, allora, per una serie di ragioni. Ma nel respingere la domanda di risarcimento danno, il Collegio si sofferma sulla natura della responsabilità del Comune per le strade gestite, riconducibile alla responsabilità da cose in custodia, espressamente prevista dall'art. 2051 del Codice Civile.

Una responsabilità, scrivono i giudici, di tipo oggettivo, sussistente – a prescindere dall'eventuale violazione dell'obbligo di custodia del bene (la via comunale) o dalla particolare dinamica del sinistro – per il solo “rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo”. A liberare l'ente, solo il caso fortuito, ovvero – spiega la Cassazione con pronuncia n. 5910/11 – un fattore estraneo alla sfera soggettiva del custode, idoneo ad interrompere “il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno”, imputabile “esclusivamente alla condotta del danneggiato”, tanto da scagionare il custode (Cass. 21727/12). Ed è pacifico, che il comportamento colposo del danneggiato possa “atteggiarsi come concorso causale colposo” o “addirittura giungere ad escludere del tutto la responsabilità del custode” (Cass. 22684/13). Ebbene, nella vicenda processuale, il caso fortuito era individuabile nell'agire colposo della donna, solita camminare, come ammesso, senza guardare a terra. Nessuna insidia stradale, dunque, a cagionarle il danno, assente una “situazione pericolosa, fonte di danno, non riconoscibile e prevedibile da parte di una persona di ordinaria diligenza”: la giovane, ben poteva evitare lo scivolone, “adottando la particolare attenzione dovuta nell'uso ordinario e diretto del bene demaniale”.

Corte d'appello Taranto - Sentenza 45/2016

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