Non è applicabile la definizione di "crediti inesistenti" al delitto di indebita compensazione
Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 18 aprile 2023, n. 16353
E' interessante il tema che viene trattato nella decisione emessa il 18.4.2023 e che porta il n. 16353 della Corte di Cassazione.
In questa decisione la Corte di Cassazione sposa quell'indirizzo interpretativo per cui, ai fini del delitto di indebita compensazione ex art. 10-quater del DLgs. 74/2000, non sarebbe applicabile la definizione di "crediti inesistenti" come inserita nell'art. 13 del DLgs. 471/1997.
La Corte di Cassazione indica che questa disposizione (inesistente) è imperniata su un duplice presupposto che possiamo riassumere con questi due punti
1) la mancanza totale o parziale del presupposto costitutivo dei crediti medesimi 2) la non riscontrabilità della compensazione indebita mediante i controlli automatici previsti dalla normativa tributaria (art. 36-bis e 36-ter del DPR 600/73 e art. 54-bis del DPR 633/72).
Al contrario in ambito penale - tributario si intende per credito "non spettante" quel credito che, pur certo nella sua esistenza e nell'ammontare, sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile ovvero non più utilizzabile ( Cass. n. n. 36393/2015 ).
Andando nello specifico possiamo vedere che la Corte di Cassazione statuisce che "… il giudice di primo grado aveva affermato la responsabilità del G., per i delitti di indebita compensazione a lui ascritti ai capi 7) e 10) della rubrica, valorizzando tra l'altro le dichiarazioni confessorie rese dall'imputato (cfr. pag. 2 della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Torino), e precisando che, per la distinzione tra "crediti inesistenti" e "crediti non spettanti" … (con una diversificazione del trattamento sanzionatorio nelle due diverse ipotesi di indebita compensazione), nessun rilievo poteva attribuirsi alla nozione di "crediti inesistenti" contenuta nell'articolo 13 DLgs. n. 471 del 1997, come modificato dalla novella del 2015, dal momento che quella definizione assumeva rilevanza solo in relazione agli illeciti tributari e alle relative sanzioni…".
Al contrario la Corte di Appello accoglieva la prospettazione della difesa secondo cui "… alla nozione di crediti inesistenti di cui al novellato art. 13 DLgs. n. 471 (nozione imperniata sul duplice presupposto della mancanza totale o parziale del presupposto costitutivo dei crediti medesimi, e della non riscontrabilità della compensazione indebita mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis DPR n. 633 del 1972) doveva aversi riguardo anche in sede penale, nella valutazione della rilevanza ai sensi dell'art. 10-quater delle condotte di indebita compensazione: rilevanza che secondo la difesa andrebbe esclusa, difettando il secondo presupposto richiesto dall'art. 13. La Corte territoriale ha tuttavia ritenuto che, pur non integrandosi la fattispecie di "crediti inesistenti", le indebite compensazioni poste in essere dal G. fossero ugualmente punibili perché riferibili a "crediti non spettanti" …".
La Corte di Cassazione ritiene che la "… l'impostazione della Corte d'Appello non possa essere condivisa …" e quindi cassa la sentenza e conclude in modo difforme rispetto all'appello.
Questa non condivisione insorge perché deve "… darsi seguito all'indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte che ha ritenuto la definizione dell'art. 13 applicabile alla sola materia degli illeciti di natura amministrativa: e dovendo del resto escludersi la possibilità di ricondurre l'ipotesi di un credito inesistente utilizzato per le compensazioni (come nella specie ammesso dal G. nelle proprie dichiarazioni) nella diversa e meno grave ipotesi presa in considerazione dal novellato art.10 – quater ..:".
Con riferimento a questa impostazione la Corte di Cassazione cita alcuni precedenti ed in particole richiama una decisione del 2015 (la numero 36393) secondo cui "… in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto previsto dall'art.10-quater del DLgs. n. 74 del 2000, per credito "non spettante" si intende quel credito che, pur certo nella sua esistenza e nell'ammontare, sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l'Erario…".
La Corte di Cassazione è molto precisa e fa notare che si è in particolare osservato che la norma in oggetto [10 quater] non richiama espressamente, a fini definitori della nozione di crediti inesistenti, l'art.13, DLgs. n. 471 del 1997, anche se costituisce un dato inequivocabile, sottolineato dalla ricorrente, che entrambe le norme sono state modificate dal medesimo DLgs. n. 158 del 2015, il quale ha
a) da un lato, ha diversificato la reazione sanzionatoria penale in caso di indebita compensazione di crediti non spettanti o di crediti inesistenti e
b) dall'altro ha modificato proprio l'art.13, DLgs. n. 471 del 1997, estrapolando, dall'originaria indistinta fattispecie sanzionatoria dell'omesso versamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, dei versamenti in acconto, dei versamenti periodici, del versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, le specifiche condotte di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute, fornendo, al contempo, anche la definizione di "crediti inesistenti" nei termini specificati dal comma quinto della norma.
I giudici della Cassazione fanno osservare che proprio perché le norme sono state modificate con lo stesso testo normativo, il mancato richiamo dell'art. 13, DLgs. n. 471, cit., nel corpo dell'art. 10-quater, comma secondo, DLgs. n. 74 del 2000, costituisce certamente un argomento forte a sostegno della inapplicabilità della definizione di "credito inesistente" contenuta nello stesso art. 13 come citato.
Stabilito il punto letterale i giudici aggiungono anche una considerazione di ordine sistematico e lo fanno affermando che l'articolo 13 come citato non definisce il "credito non spettante" e di certo non negli stessi termini indicati dal comma quinto della stessa norma, non richiedendone gli stessi presupposti di fatto (l'emersione, cioè, da una delle procedure di accertamento "semplificate").
La conseguenza di quanto indicato è, secondo i giudici di Cassazione, che seguendo la tesi difensiva, nella stessa norma conviverebbero irragionevolmente due diversi presupposti della medesima condotta:
1) nel caso di utilizzazione di crediti non spettanti, non sarebbe richiesto il requisito della loro facile rilevabilità;
2) nel caso di compensazione con crediti inesistenti, tale requisito sarebbe invece richiesto, con l'ulteriore, assurda conseguenza che la condotta più grave avrebbe un margine di applicazione (in conseguenza di presupposti non richiesti in caso di crediti non spettanti) addirittura meno ampio di quella meno grave.
Una sentenza che nella sostanza ci sentiamo di condividere considerando il punto letterale e di sistema.