Civile

Non paga l’Irap il consulente della società di revisione

La Sezione tributaria, ordinanza n. 27154 depositata il 21 ottobre, ha chiarito che manca il presupposto, in quanto la struttura organizzativa sebbene esistente non fa capo al lavoratore

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di Francesco Machina Grifeo

Arrivano le precisazioni della Cassazione sulla “autonoma organizzazione” di cui deve disporre un professionista per essere assoggettato all’Irap. In particolare, affrontando il caso di un consulente di una delle Big Four, la Suprema Corte ricorda che per assoggettare all’imposta un lavoratore autonomo è necessario non solo che egli sia inserito in una autonoma organizzazione, ma che ne sia anche il titolare, e dunque responsabile.

La Sezione tributaria, ordinanza n. 27154 depositata oggi, ha così accolto il ricorso di un professionista la cui istanza di rimborso Irap per il 2013, dopo il diniego da parte della agenzia delle Entrate, era stata respinta prima dalla Ctp e poi dalla Ctr. Nella istanza al Fisco, il ricorrente aveva affermato di aver svolto l’attività di consulente «nell’ambito della più ampia struttura organizzativa costituita dalla società di revisione KPMG s.p.a. di cui era socio e che la società di revisione era il suo unico committente»; precisando che svolgeva gli incarichi «in assenza di una propria autonoma organizzazione».

La Ctr, invece, aveva attribuito rilievo al personale ed alle strutture organizzative di KPMG s.p.a., aggiungendo che il professionista avrebbe dovuto dimostrare, ai fini della non applicabilità dell’Irap, di non fruire vantaggi organizzativi che l’adesione allo studio/società comportava.

Per la Suprema corte, che ha accolto il ricorso del revisore, è incontroverso che il contribuente, pur essendo un lavoratore autonomo, non occupasse alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponesse di una propria organizzazione. A nulla rileva, pertanto, che egli si avvalesse dell’organizzazione di KPMG, «in quanto ciò che importa, ai fini dell’assoggettabilità all’Irap, è che il contribuente sia il titolare ed il responsabile di tale organizzazione». Del resto, prosegue, non essendo il ricorrente a sostenere i costi per i collaboratori e dipendenti, «non si vede come egli avrebbe potuto assumere decisioni sulla gestione di tale personale, al di là delle singole e specifiche direttive impartite nell’ambito del singolo incarico di revisione».

Mentre è irrilevante che il contribuente detenesse una quota di partecipazione nella società: «infatti, in ogni caso la titolarità e la responsabilità di tale autonoma organizzazione faceva comunque capo ad un soggetto (la KPMG s.p.a.) diverso dal contribuente».

In definitiva per la Cassazione va affermato il seguente principio di diritto: «L’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di una organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione ai fini dell’Irap, in quanto, a tali fini, non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad Irap i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata».

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