Civile

Notifiche, il domicilio in atti prevale su quello indicato nell'albo professionale

Lo ha chiarito la Corte cassazione, con la sentenza n. 15564 depositata oggi, affermando un principio di diritto

di Francesco Machina Grifeo

In tema di notifiche prevale sempre il domicilio risultante dagli atti processuali anche se diverso da quello indicato nell'albo degli avvocati. Lo ha chiarito la Corte cassazione, con la sentenza n. 15564 depositata oggi, affermando un principio di diritto. Diverso invece è il caso della notifica telematica, in cui vige l'esclusività del cd. domicilio digitale (anche se non indicato).

La questione riguardava una controversia relativa a un contratto preliminare di vendita. Dopo aver perso in primo grado, l'acquirente aveva proposto ricorso in appello ma la Corte territoriale di Napoli lo aveva dichiarato inammissibile perché fuori termine. La notifica, infatti, non era stata fatta presso il nuovo indirizzo, pure indicato nella sentenza appellata, ma al vecchio studio professionale, così come riportato dall'albo professionale.

Contro questa decisione, il soccombente si è rivolto alla Cassazione. La Suprema corte ha ricordato che la scusabilità dell'errore sussiste nel concorso di due elementi: a) un evento oggettivo, che può anche essere integrato da un comportamento sleale, o semplicemente malaccorto, della parte avversa, il quale dev'essere idoneo a ingenerare confusione o dubbi; b) un elemento soggettivo, rappresentato dalla condotta della parte notificante, che deve comunque fare tutto quanto possibile per assicurare il buon esito dell'incombente.

Presupposti che non ricorrono nel caso specifico. Infatti, nel corso del giudizio di primo grado, vi era stata una variazione dell'indirizzo del procuratore della parte destinataria della notificazione, debitamente comunicata in atti del giudizio, come risulta anche dalla stessa sentenza appellata: "… il procedimento notificatorio … non è andato a buon fine, poiché è risultato che gli avvocati costituiti in primo grado per l'appellato si erano trasferiti e, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, il trasferimento del domicilio già risultava agli atti del procedimento di primo grado …".

Il notificante, dunque, prosegue la Cassazione "aveva evidentemente trascurato di considerare la comunicazione dell'avvenuto trasferimento dello studio del procuratore dell'appellato". Sul punto del resto la Cassazione, in passato, aveva già affermato che: "La variazione in appello del domicilio eletto in primo grado è validamente effettuata, ai fini delle successive notificazioni, pur se contenuta in un atto indirizzato alla controparte, sebbene non diretto specificamente a far conoscere a quest'ultima detta variazione" (n. 18202/2017). E nel caso di specie, la comunicazione della variazione era avvenuta con il deposito di comparsa conclusionale e il Tribunale ne aveva tenuto conto, indicando in sentenza il nuovo domicilio.

Da qui l'enunciazione del seguente principio: "Al di fuori delle ipotesi di notificazione dell'atto processuale - nella specie, dell'atto di appello - in forma telematica, per la quale vale il criterio dell'esclusività del cd. domicilio digitale del procuratore della parte avversa, anche in difetto di sua indicazione negli atti del giudizio, l'indicazione del domicilio eletto risultante dagli atti del giudizio di primo grado prevale sulle diverse risultanze dell'albo professionale, poiché né la parte, né il suo procuratore, sono vincolati ad eleggere domicilio presso lo studio professionale del secondo".

"Di conseguenza – continua la Cassazione -, se l'appellante sceglie di notificare l'atto di impugnazione presso lo studio del procuratore della parte avversa risultante dall'albo professionale, anziché presso l'indirizzo risultante dagli atti di primo grado, l'eventuale esito negativo di tale tentativo non autorizza la riattivazione tempestiva del procedimento di notificazione (ancorché nei termini indicati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14594/2016) non potendosi ravvisare, in tale specifica ipotesi, la scusabilità dell'errore, né sotto il profilo oggettivo, in assenza di una situazione di incertezza dipendente dalla condotta della parte avversa, né sotto quello soggettivo, in presenza di una scelta consapevole della parte notificante".

Infine, la Seconda sezione civile ricorda che vi è una "diversità oggettiva tra il caso in cui il notificante faccia affidamento sulle indicazioni contenute negli atti processuali, che poi si rivelino errate, e quello, opposto, in cui invece lo stesso trascuri di considerare le predette evidenze, ed esegua la notificazione presso un indirizzo non indicato, in atti di causa, dal destinatario". Nel primo caso la condotta del notificante "è scusata dall'affidamento incolpevole sulla veridicità delle dichiarazioni dell'altra parte, o – più in generale – sulle risultanze degli atti processuali; di conseguenza, qualora la notificazione non vada a buon fine presso l'indirizzo risultante dai predetti atti, è consentita la riattivazione del procedimento notificatorio nel termine massimo indicato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14594/2016, presso l'indirizzo indicato nell'albo professionale". Nel secondo caso, invece, il notificante "esegue, a proprio rischio, la notificazione presso un indirizzo non risultante dagli atti del processo; di conseguenza, ove la notificazione non vada a buon fine, non può configurarsi alcun affidamento incolpevole sulla condotta dell'altra parte o sulle emergenze processuali, e dunque non v'è spazio per giustificare il completamento del procedimento notificatorio dopo la scadenza del termine decadenziale previsto per lo specifico incombente processuale".

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