Nuovi silos non autorizzati, scatta il reato ambientale si può dedurre
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 5576 depositata oggi, affermando che non è illogico dedurne l'aumento delle immissioni
È legittimo dedurre dalla realizzazione di nuovi punti di immissione in atmosfera e di nuovi silos un aumento delle emissioni e dunque un danno, o comunque un pericolo concreto, alle matrici ambientali. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 5576 depositata oggi e segnalata per il "Massimario" respingendo il ricorso dei legali rappresentanti di una srl condannati per reati ambientali. Confermata dunque la decisione del Tribunale di Termini Imerese che nel 2021 li aveva dichiarati colpevoli del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 279, comma 1 (in relazione all'art. 269, comma 8), d.lgs. n. 152 del 2006, condannandoli alla pena di 3.000,00 euro di ammenda ciascuno.
I ricorrenti erano stati dichiarati penalmente responsabili perché, quali rappresentanti della società attiva nella produzione di mangimi per animali, avevano violato le prescrizioni contenute nell'autorizzazione unica ambientale "apportando modifiche sostanziali allo stabilimento, installando, in particolare, la zona di macinazione in posizione diversa da quella prevista nonché un'attività di selezione sementi con punti di emissione non previsti". Nello specifico, la Polizia Provinciale Ambiente della Provincia Regionale di Palermo aveva accertato: a) la presenza di quattro silos di stoccaggio non previsti nella planimetria dell'impianto autorizzato, oltre ad un punto E3 non autorizzato; b) il collegamento, al sementificio, di tre ulteriori silos non riportati nella planimetria. Dopo il sopralluogo, la società aveva chiesto (ed ottenuto) una nuova autorizzazione unica ambientale.
Secondo il Tribunale, dunque, si trattava di «modifiche sostanziali dello stabilimento, con la creazione di nuovi punti di immissione in atmosfera, nuovi silos, e la creazione di una nuova e rilevante parte di impianto, certamente idoneo, per le variazioni apportate, a determinare un danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche e paesaggistiche protette». Proposto ricorso, gli imputati hanno, tra l'altro, dedotto il vizio di motivazione in relazione alla natura sostanziale della modifica apportata allo stabilimento.
La Terza sezione penale dopo aver richiamato la normativa in materia – e cioè l'art. 269, comma 8, Dlgs. n. 152 del 2006 (nella versione vigente protempore) e l'art. 268, comma 1, lett. m-bis), Dlgs n. 152, cit. – ricorda che per "modifica sostanziale" si deve intendere quella «che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse e che possa produrre effetti negativi e significativi sull'ambiente (...)". Ebbene, prosegue la decisione, "si tratta, all'evidenza, di una valutazione di natura fattuale che non è sindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua, coerente con le prove indicate dal giudice, non manifestamente illogica e non intrinsecamente o estrinsecamente contraddittoria, n on essendo indispensabile, come anticipato, una perizia che accerti le conseguenze, sulle matrici ambientali, delle modifiche apportate all'impianto".
"Non è perciò manifestamente illogico – scrive la Corte - dedurre dalla situazione di fatto descritta dal Tribunale (la realizzazione di nuovi punti di immissione in atmosfera e di nuovi silos nonché la creazione di una nuova e rilevante parte di impianto) la conclusione dell'effettivo, tangibile aumento delle emissioni in atmosfera e della idoneità di tali modifiche a determinare un danno o un pericolo concreto alle matrici ambientali". "E del resto – prosegue la decisione -, la tesi difensiva è stata smentita dal fatto che gli stessi ricorrenti hanno dovuto chiedere (ed hanno ottenuto) una nuova autorizzazione".