Il CommentoLavoro

Obbligo di vaccinazioni per il personale sanitario: problematiche applicative

di Giampaolo Furlan*

Con il decreto legge 44 del 1 aprile 2021 (in particolare l'art. 4), il legislatore ha inteso rendere obbligatorio il vaccino per determinate figure professionali permettendo però anche l'esercizio del diritto di non vaccinarsi.

In particolare, fino alla completa attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attivita' nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2.

Come dice espressamente il dato normativo, la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati . Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita.

Parallelamente a tale obbligo, è prevista però la libertà di scegliere di non vaccinarsi con alcune ricadute sul rapporto di lavoro. L'obbligo pertanto non è assoluto.

Purtroppo la norma, nonostante le intenzioni siano sicuramente condivisibili, non è di facile applicazione e presenta molti aspetti problematici.

La procedura è piuttosto macchinosa e lascia spazio a dubbi interpretativi.
In primo luogo vediamo i soggetti ai quali è diretta.

Il primo comma dell'art. 4 prevede gli "esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie, e negli studi professionali."
L'operazione di individuazione dei soggetti non è chiara e i dubbi interpretativi molteplici. Sul sito del Ministero della salute le professioni sanitarie vengono divise in 3 macro categorie:
(i) professioni sanitarie;

(ii) operatori di interesse sanitario,
(iii) arti ausiliarie delle professioni sanitarie.

Dalla lettura del decreto appare subito evidente l'esclusione dall'obbligo vaccinale degli addetti alle arti ausiliarie (ad esempio, l'odontotecnico o la puericultrice).
L'esclusione dal dato letterale appare abbastanza grave. Ma anche in ordine alle altre due categorie il dato normativo non è illuminante. In primo luogo non ci si può riferire al solo sito del Ministero il quale non ha alcuna efficacia normativa e non può costituire un presupposto di obbligo legale per l'applicazione di una legge. L'elencazione sul sito può costituire, al limite, un indirizzo di carattere generale.
In ogni caso riteniamo che per gli esercenti le Professioni sanitarie, ci si debba riferire alle norme primarie che regolano le stesse (legge delega 11.1.2018 n. 3, art. 4 e legge 17 aprile 1956, n. 561).

Maggiori dubbi può porre la categoria degli Operatori di interesse sanitario. Al di là delle indicazioni sul sito del Ministero, sul punto non esiste una fonte normativa primaria che individui tale categoria.

La legge 1 febbraio 2006, n. 43 infatti, nell'individuare all'art. 1, comma 1 alcune professioni sanitarie fa salva, all'art. 1, comma 2, la competenza regionale "nell'individuazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie come definite dal comma uno."

L'operazione di individuazione dei soggetti quindi appare estremamente complessa e andrebbe individuata in base al rischio ambientale e, cioè, in base a quanto indicato al comma 6 dell'art. 4 del decreto 44: le prestazioni o le mansioni che implicano contatti interpersonali e comportano il rischio di diffusione del contagio.

Su questo punto riteniamo che sia opportuno un chiarimento in sede di conversione.

Sempre in ordine ai soggetti obbligati non è chiara la natura giuridica del rapporto contrattuale che dovrebbe legare l'operatore alla struttura sanitaria: se lavoro subordinato o anche di lavoro autonomo.

A parere di chi scrive la norma, proprio per il fatto che non specifica la tipologia di rapporto, dovrebbe essere applicabile a qualsivoglia tipo contrattuale (quindi anche autonomo). In più punti infatti l'art. 4 parla di mansione (tipica del lavoro subordinato) e di prestazione (tipica del lavoro autonomo). Per i lavoratori autonomi potrebbe risultare di difficile applicazione la disciplina della modifica di mansione. Per loro, probabilmente, si porrà solo un problema di sospensione dell'attività.

Dal dato letterale della norma non pare possano ritenersi compresi tra i soggetti obbligati, i medici competenti ex art. 2 d. lgs 81/2008 che lavorano per aziende private non appartenenti al mondo sanitario. Questa risulta una mancanza grave in quanto il medico competente ha contatti diretti in azienda ed è ruolo fondamentale e soggetto attivo in tutti i protocolli per il contenimento dell'infezione.
Ricordiamo che il medico competente non si inserisce quasi mai nel rapporto contrattuale come lavoratore/datore di lavoro, ma è la stessa legge che lo qualifica come soggetto che collabora con il datore di lavoro (l'art. 39 d. lgs 81 prevede anche la possibilità che questi sia dipendente dell'azienda per la quale si occupa della sorveglianza sanitaria ma nella prassi ciò si verifica molto di rado).

Nel caso specifico pertanto la procedura sopra indicata sarebbe la seguente: l'ordine professionale comunica alla regione, la regione verifica lo stato vaccinale e comunica alle ATS chi non è stato vaccinato, una volta terminata la procedura e verificato il rifiuto alla vaccinazione, l'ATS, accertata l'inosservanza dell'obbligo vaccinale, ne dà comunicazione al medico interessato, al datore di lavoro e all'ordine professionale (si consideri che i medici competenti devono anche essere iscritti un particolare elenco presso il ministero della salute per il quale, allo stato, non è previsto l'obbligo di comunicazione).
L'adozione da parte dell'ATS dell'atto di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale determina la sospensione dal diritto di svolgere le prestazioni che implicano contatti interpersonali. Nel caso del medico competente che lavora per aziende private (ad esempio metalmeccanica), non essendo egli, lavoratore dipendente e non lavorando in una struttura sanitaria, non sembra previsto che l'azienda debba ricevere la comunicazione da parte dell'ATS (e quindi non sarebbe in grado di sapere se procedere alla sospensione o meno delle prestazioni).

Lo stesso dicasi per un medico che svolge la libera professione.In questi casi pertanto è solo lasciato allo scrupolo del medico competente la comunicazione all'azienda della inosservanza dell'obbligo vaccinale. Anche su questo punto pertanto sarebbe utile una precisazione in sede di conversione dove venga precisato che la comunicazione della ATS viene effettuata sia al ministero per la sospensione dall'elenco, sia ai soggetti presso cui il medico competente opera.

Altro problema che potrebbe porsi riguarda i neo assunti. Alcuni autori hanno ritenuto che l'obbligo di vaccino dovrebbe valere per i soggetti già assunti e non potrebbe quindi costituire un requisito indispensabile ai fini dell'assunzione. Chi scrive invece non condivide questa posizione. Lo stesso comma 1 dell'art. 4 prevede che la "la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati."

E' evidente, quantomeno nelle strutture pubbliche dove l'accesso è sottoposto a procedura concorsuale o di selezione, che la mancanza di tale "requisito essenziale" può incidere in sede di valutazione. Probabilmente bisognerebbe differenziare l'assunzione a tempo indeterminato da quella a tempo determinato fino al 31 dicembre 2021 o nei mesi immediatamente successivi (trattandosi di un obbligo limitato nel tempo).
Anche su questa questione sarebbe utile un chiarimento in sede di conversione.

In tema di procedura poi, la legge prevede che la comunicazione alla regione o alla provincia autonoma debba essere fatta dagli ordini professionali e dal datore di lavoro. Sul punto non è chiaro se il datore di lavoro debba comunicare solo i nominativi dei lavoratori subordinati o anche dei lavoratori autonomi. Il termine datore di lavoro nonché le argomentazioni sopra indicate e una interpretazione logica e sistematica del provvedimento parrebbe propendere per una interpretazione più estensiva e ricomprendere tutte le tipologie contrattuali. Anche qui però un chiarimento in sede di conversione potrebbe essere utile.

Infine si pone il problema se la modifica di mansione/sospensione, debba costituire un obbligo o possa costituire una semplice facoltà del datore di lavoro. A parere di chi scrive, considerato che il provvedimento di accertamento di inosservanza all'obbligo del vaccino da parte della Azienda Sanitaria Locale determina la sospensione degli operatori dal diritto di svolgere la prestazione o le mansioni che implichino contatti interpersonali (comma 6), il datore di lavoro ha un obbligo di modificare la mansione o, in subordine, di procedere alla sospensione.

Questo naturalmente potrebbe portare a problemi di sottorganico in alcuni settori con il rischio di non riuscire più a erogare correttamente le prestazioni sanitarie. Il tutto in un momento di forte contrazione dell'offerta sia in termini di medici che di altro personale sanitario. Oltre alle difficoltà facilmente individuabili di procedere a sostituzioni temporanee.A ciò si somma poi la deroga temporanea al divieto di cumulo di impieghi e incarichi previsto dall'art. 53 del d. lgs 165/2001, deroga prevista per procedere alle vaccinazioni con il rischio di gravi esiti complessivi del sistema.

Molto più efficiente per il sistema, sarebbe stato prevedere un obbligo assoluto per le categorie interessate, senza alcuna possibilità di scelta: l'alternativa all'obbligo vaccinale poi sarebbe dovuto essere il licenziamento per motivi oggettivi.

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*A cura di Giampaolo Furlan, Partner di Galbiati Sacchi e Associati