Omicidio aggravato e non infanticidio se non si dimostra lo stato di abbandono morale e materiale della madre
Oggi lo stato di abbandono viene individuato dai giudici non in condizioni oggettive, ma nella visione soggettiva della donna
Va provata la condizione di abbandono materiale e morale della donna, che partorisce e uccide il neonato, al fine di qualificare la condotta come infanticidio. Altrimenti l'imputazione è quella di omicidio aggravato per essere stato compiuto sul proprio figlio.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10284/2023, ha rigettato il ricorso che chiedeva la riqualificazione del reato per cui vi era stata condanna derubricandolo da omicidio volontario nella forma aggravata a infanticidio in stato di abbandono materiale e morale.
La Cassazione non rileva la presenza di specifiche allegazioni da parte della difesa sulla condizione oggettiva/soggettiva dello stato di abbandono della donna condannata. Infatti, solo a fronte della presenza di tali elementi probatori la Cassazione avrebbe potuto operare la riqualificazione del reato.
La Cassazione coglie l'occasione per precisare che, se prima l'elemento dello stato di abbandono andava provato in chiave obiettiva, oggi, a partire dal 2010, la giurisprudenza è maggiormente orientata a valutare tale condizione in base all'intima condizione dell'agente di percepirsi come sola e abbandonata. Ossia viene dato preminente rilievo allo stato emotivo della persona che l'avrebbe indotta a sentirsi non supportata o addirittura calata in un ambiente ostile.
Nel caso concreto una giovanissima donna aveva partorito nel bagno e strappando placenta e cordone ombelicale aveva determinato la rottura di quest'ultimo dando sfogo a una copiosa emorragia accertata come causa della morte del figlio appena nato. Quindi il bambino non era nato morto e la donna non è stata giustificata della sua condotta in quanto ritenuta volontaria al fine di nascondere ad altri l'avvenuto parto. Pur vivendo la donna in un contesto arcaico e ostile a un'eventuale nascita di un bambino, frutto della relazione adulterina del padre, ella non è riuscita a dimostrare che tale situazione l'avesse psicologicamente soggiogata fino a indurla a uccidere il neonato.