Overruling escluso per i pignoramenti di beni in comunione legale
Non può si può procedere alla divisione se il pignoramento ha riguardato solo la quota di proprietà del coniuge debitore
La sentenza della Cassazione n. 6575/2013, relativa all'espropriazione di un bene in comunione legale per crediti personali di un solo coniuge, non costituisce una ipotesi di cosiddetto overruling. Pertanto, per i pignoramenti di beni in comunione legale precedenti a tale pronuncia si applicano le regole ivi enunciate: scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto della sua vendita o assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione. Se, invece, il pignoramento ha riguardato solo la quota di proprietà del coniuge debitore e non l'intero, non può si può procedere alla divisione. Ad affermarlo è la Cassazione con l'ordinanza n. 506/2021.
La vicenda
La controversia prende le mosse da un pignoramento avvenuto nel 1994, avente ad oggetto la quota di proprietà di un bene immobile appartenente al debitore in comunione legale con la moglie. Il creditore, unitamente a quest'ultima, titolare della residua quota, presentava istanza al Giudice dell'esecuzione volta ad ottenere la divisione del bene. Il Tribunale però, con decisione del 2017, così come la Corte d'appello nell'anno successivo, negava la possibilità di procedere alla divisione dell'immobile, in quanto il bene ricadeva in comunione legale. In sostanza, per i giudici di merito, come sancito dai giudici di legittimità, «la natura giuridica dei diritti oggetto di causa era ostativa alla loro divisibilità, in quanto difettava l'esistenza di un bene comune suscettibile di scioglimento». L'errore commesso era stato quello di procedere al pignoramento della metà del bene e non, invece, sull'intera quota dello stesso.
Gli aventi causa del creditore non si arrendevano e decidevano di rivolgersi in Cassazione, chiedendo ai giudici di legittimità di applicare la regola della divisione del bene pignorato pro quota, essendo il pignoramento risalente a 19 anni prima del cambio di rotta della Suprema corte. In sostanza, i ricorrenti affermavano di aver confidato nell'orientamento giurisprudenziale precedente, che si esprimeva in senso a loro favorevole. Applicare il nuovo indirizzo significava violare il principio del giusto processo ex articolo 111 Cost.
Non è possibile invocare l'overruling
Per i giudici di legittimità, tuttavia, questa tesi è priva di fondamento. In primo luogo, in quanto il cosiddetto overrulling, come affermato dalla sentenza delle Sezioni unite n. 15144/2011 riguarda i mutamenti di giurisprudenza sull'interpretazione di una norma non sostanziale, bensì processuale, in materia di decadenze o di preclusioni, e la relativa tutela della parte processuale colpita dalla decadenza o dalla preclusione perché incolpevolmente confidante nel consolidato orientamento precedente.
In secondo luogo, sottolinea ancora il Collegio, nella fattispecie manca del tutto un mutamento interpretativo, in quanto prima della decisione del 2013 non risulta che la Cassazione si sia occupata del tema; né d'altra parte può rilevare l'esistenza di giurisprudenza di merito sull'argomento, essendo l'affidamento incolpevole meritevole di tutela riconoscibile solo in presenza di «stabili approdi interpretativi», meglio ancora se a Sezioni unite.