Amministrativo

PA: addio all’autoreferenzialità, la svolta nella Valutazione della Performance

La Direttiva del 28 novembre sembra finalmente fare propri gli indirizzi generali di riforma delle Amministrazioni Pubbliche

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di Marco Proietti, Elisa Sciarra*

La direttiva del 28 novembre rappresenta un momento di svolta per la misurazione e valutazione della performance. Strumento ideato per migliorare l’efficienza e basare sul merito i riconoscimenti ai dipendenti, acquisendo però nella sua applicazione caratteri di autoreferenzialità. Con l’apertura alla valutazione dal “ basso ” e all’esterno delle PP.AA questa tendenza può essere invertita.

Al fine di inquadrare la portata innovativa della Direttiva del 28 novembre del Ministro per la Pubblica Istruzione ripercorriamo brevemente il percorso di introduzione dello strumento di valutazione e misurazione della performance nel pubblico impiego in Italia.

La misurazione e valutazione della performance viene introdotta con il decreto legislativo n. 150/2009. Al quarto comma dell’art. 3 del suddetto decreto vengono enucleati i criteri con cui le Amministrazioni Pubbliche definiscono i metodi e gli strumenti per misurare, valutare e premiare la performance individuale ed organizzativa che devono “strettamente” tener conto “del soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi”.

L’introduzione di questo strumento comporta un grande passo e cambio di cultura organizzativa all’interno della Pubblica Amministrazione diversamente dal settore privato che, operando in regime di mercato concorrenziale, ha integrato totalmente queste pratiche all’interno della propria organizzazione.

Dalla sua introduzione si sono poi susseguite una serie di linee guida del Dipartimento della Funzione Pubblica per dare indicazioni operative congeniali alla creazione dei sistemi di misurazione e valutazione della performance.

Il sistema fino ad oggi introdotto ha però mancato nel suo scopo principale ovvero rendere efficiente l’azione amministrativa e basare sul merito i riconoscimenti sia economici che non economici.

Ma vediamo quali sono i fattori critici: la definizione degli obiettivi e la valutazione .

Nella definizione degli obiettivi il Dirigente fungeva da definitore unico degli stessi assegnandoli al personale sotto la sua diretta responsabilità e al contempo però rivestiva anche il ruolo di valutatore. Ne sono quindi conseguiti obiettivi generici e semplici da raggiungere per i Dirigenti stessi e per i collaboratori si è assistito ad un appiattimento delle valutazioni, in genere positive, per tutto il personale. Questa pratica ha portato quindi a considerare la misurazione e valutazione della performance come un mero adempimento formale perdendo così tutto il suo potenziale in termini di introduzione di sistemi di premialità basati sul merito e di produttività.

L’effetto, in tema di gestione delle risorse umane, risulta essere la frustrazione del personale e la mancanza di motivazione nel proprio lavoro, difficilmente recuperabile con i classici sistemi di rewarding come il riconoscimento economico che, come ampia letteratura ha dimostrato, nel caso del dipendente pubblico data la peculiarità delle sue funzioni, non ha la stessa forza motivante rispetto ad uno privato. Se l’obiettivo della performance era quello di rendere efficiente l’azione della Pubblica Amministrazione, la piega che ha preso fino ad ora si è rivelata tutt’altro che funzionale.

In questo contesto la nuova Direttiva sembra segnare un cambio di passo. All’interno vengono inclusi una molteplicità di concetti e di strumenti, risalenti a una cultura manageriale e non solamente giuridica, sintomatici di un generale ripensamento dell’organizzazione delle Amministrazioni Pubbliche.

In apertura viene prontamente disposto che “le modalità di valutazione vadano oltre, soprattutto per il personale dirigenziale, la sola valutazione effettuata dal superiore gerarchico e che coinvolgano una pluralità di soggetti, interni o esterni all’organizzazione, per arrivare gradualmente alla valutazione a 360°”.

Il coinvolgimento di altri soggetti viene poi definito in maniera più specifica indicando tra i soggetti i collaboratori, la valutazione fra pari, la valutazione collegiale e, infine, la valutazione dagli stakeholder esterni come gli utenti di quel dato servizio.

Insomma, si parla di valutazione dal basso, collegiale e partecipativa ma, nonostante quest’ultima sia stata già introdotta con il decreto legislativo n. 74/2017 con il risultato di produrre rilevazioni di customer satisfaction, a suo supporto non intervenne un vero e proprio sistema di valutazione, incentivi e reingegnerizzazione dei processi.

Altri focus degni di nota riguardano il merito e la valutazione dei comportamenti quindi la capacità di leadership dei Dirigenti.

Declinando il principio del merito la valutazione della performance si inserisce in un quadro più ampio richiedendo al Dirigente di valorizzare il capitale umano, riconoscendone punti di forza e di debolezza , assegnando obiettivi performanti e valutarli, attivando così meccanismi virtuosi alla cui base vi è il principio del merito. Lo sviluppo delle potenzialità delle risorse umane risponde alle diverse necessità delle Amministrazioni Pubbliche quali: l’aumento di attrattività, azione imprescindibile per avere tra le proprie fila le migliori professionalità e al contempo stimolarle e svilupparle attraverso la misurazione della performance individuale.

L’avvio della tanto attesa riforma sembra faccia emergere, finalmente, l’urgenza per le nostre amministrazioni di usufruire di una capacità amministrativa maggiore, in grado di fronteggiare e portare a termine le riforme relative al PNRR.

Tornando alla Direttiva e in tema di valutazione dei comportamenti si esplora, come già detto, un aspetto fino ad ora poco conosciuto e praticato: la capacità di leadership dei Dirigenti individuata “come una delle capacità fondamentali da tenere in considerazione nella valutazione della performance individuale del personale dirigenziale”. Da qui appare sempre più chiaro l’approccio manageriale non più prettamente giuridico all’organizzazione delle Pubbliche Amministrazione e utilizzo degli strumenti.

Questo indirizzo è confermato anche da altre recenti mutamenti che non attengono prettamente l’ambito della valutazione della performance ma segnano una nuova epoca per l’Amministrazione Pubblica improntata non più su adempimenti giuridici ma al raggiungimento dei risultati. Ne sono un esempio il cd. Nuovo Codice degli Appalti il cui principio guida è il raggiungimento del risultato o, ancora, le modalità di reclutamento del personale dirigenziale affidate con cadenza annuale alla SNA in cui il futuro Dirigente deve soddisfare dei requisiti sicuramente tecnici ma anche tutta una serie di competenze come il problem solving, lo sviluppo dei collaboratori, l’orientamento al risultato e la gestione delle relazioni interne ed esterne tipicamente manageriali.

In questo quadro generale la Direttiva del 28 novembre sembra finalmente fare propri gli indirizzi generali di riforma delle Amministrazioni Pubbliche. Questione da monitorare rimane ancora l’assegnazione degli obiettivi per i quali, sicuramente, andranno inseriti dei correttivi tali da invertire la rotta rispetto alla consuetudine dell’autorefenzialità della valutazione che si è diffusa.

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*A cura dell’Avv. Marco Proietti – Foro di Roma, Dott.ssa Elisa Sciarra

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