Civile

Paga i danni chi agisce o resiste in giudizio contro la giurisprudenza dominante

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di Marina Crisafi

Linea dura della Cassazione nei confronti di chi agisce contro la giurisprudenza dominante. Va condannato, infatti, per responsabilità processuale aggravata e conseguente risarcimento del danno, chi agisce o resiste in giudizio sostenendo tesi che contrastano con precedenti giurisprudenziali pacifici e consolidati. È quanto hanno affermato gli Ermellini con l'ordinanza n. 24649/2019 condannando un avvocato ex articolo 96, comma 3, del Cpc.

La vicenda - Nella vicenda giunta innanzi al Palazzaccio, la professionista aveva persistito nella propria posizione di resistenza, nonostante i numerosissimi precedenti in cui la Corte di cassazione, in giudizi del tutto identici a quello di specie e vertenti tra le stesse parti, avesse deciso in maniera differente.
Senza contare che la donna - peraltro, avvocato, sottolineano i giudici, «che quindi dovrebbe conoscere le regole del giudizio di legittimità» - si era difesa con una inusitata memoria di costituzione invece che con un controricorso, introducendo un'opposizione manifestamente tardiva e coltivandola.

La colpa grave - Condotte così distanti da principi giuridici pacifici e risalenti, e ripetutamente affermati – che non possono che configurare per la Cassazione – un'ipotesi (almeno) di colpa grave, consistente nel non intelligere quod omnes intelligunt.
Del resto, «agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave vuol dire azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell'infondatezza della domanda o dell'eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell'infondatezza della propria posizione».
Da qui, la condanna d'ufficio ai sensi dell'articolo 96, comma 3, c.p.c., al pagamento in favore della controparte in aggiunta alle spese di lite di 2.500 euro a titolo di risarcimento del danno.

Cinquemila euro di danni per responsabilità processuale aggravata -Una critica severa quella di piazza Cavour, ribadita anche nella successiva sentenza n. 26299/2019, culminata con la condanna ex articolo 96 comma 3 Cpc nei confronti della ricorrente che aveva proposto molteplici tesi insostenibili.
Anche in tal caso, per la Suorema corte scatta la responsabilità aggravata laddove si agisca o si resista in giudizio con mala fede o colpa grave.
Ed è da considerarsi quantomeno colpa grave, l'aver proposto ricorso per cassazione fondato su "tesi così distanti da principi giuridici pacifici e risalenti, e ripetutamente affermati" dalla stessa giurisprudenza di legittimità.
Per cui, condanna d'ufficio ancora più drastica: 5mila euro a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi e spese di lite.

Corte di Cassazione - Sezione III - Sentenza 17 ottobre 2018 n. 26299

Corte di Cassazione - Sezione III - Ordinanza 10 ottobre 2019 n. 24649

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