Famiglia

Palma delle liti su cosa concordare

Uno dei terreni di “scontro” più frequenti è quello del dovere di partecipare o meno alle spese straordinarie

di Patrizia Maciocchi

Anche nell’affido condiviso, e persino quando tra gli ex c’è una buona armonia, sono frequenti le “divergenze”, sulle spese di mantenimento del figlio.

Ad iniziare dal peso che può avere o meno l’assegnazione della casa familiare in favore del genitore presso il quale il figlio è in prevalenza collocato. Un’incidenza, su un’eventuale riduzione dell’assegno, che la Cassazione ha di recente escluso, almeno come automatismo (ordinanza 15397/2020). La Suprema corte ha infatti chiarito, che l’assegnazione non interferisce con le valutazioni sugli interessi economici tra i coniugi e non può essere considerata una “voce” in grado di influire sull’assegno.

Se c’è, infatti, un punto fermo nella giurisprudenza, sta nella ratio dell’assegnazione: il diritto del figlio, anche in caso di genitori non coniugati e a prescindere dalla proprietà, di vivere nella casa in cui è cresciuto. Possibilmente con gli arredi e i beni ai quali è abituato e che rendono l’ambiente più piacevole.

Uno dei terreni di “scontro” più frequenti è quello del dovere di partecipare o meno alle spese straordinarie non concordate malgrado l’affidamento congiunto. Nella consapevolezza della delicatezza, e della frequenza, del problema, i tribunali sia nei provvedimenti provvisori sia nelle sentenze di separazione o divorzio, cercano di essere più dettagliati possibile nell’elenco di queste spese, che spaziano dalla scuola, allo sport, dalle visite mediche allo svago. Indicazioni, su quali esborsi decidere di comune accordo e quali in autonomia che, in genere, tengono conto anche delle linee guida dettate dal Consiglio nazionale forense.

L’organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura ha chiarito che, in caso di spese straordinarie da concordare, il genitore che intende sostenerle e chiede la partecipazione dell’altro deve fare una richiesta scritta, con un sms, una mail, una pec ecc. E la mancata adesione dell’altro genitore deve essere motivata. Il canale è sempre quello scritto e il diritto di “replica” va esercitato entro 20 giorni. Diversamente vale la regola del silenzio-assenso.

Tracciati anche i tempi del rimborso al genitore che ha anticipato le spese documentandole. Il contributo pro quota va versato entro 30 giorni dalla richiesta. Questo sulla carta e nel migliore dei mondi possibili.

Ma se la materia si presta a contrasti in famiglia, è trattata invece con una certa unità di vedute dalla prevalente giurisprudenza della Cassazione, concorde ormai, a partire dall’ordinanza 2127/2016 nell’affermare che «non è configurabile a carico del coniuge affidatario o presso il quale sono normalmente residenti i figli, anche nel caso di decisioni di maggiore interesse per questi ultimi, un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro genitore in ordine alla effettuazione e determinazione delle spese straordinarie che, se non adempiuto, comporti la perdita del diritto al rimborso». Un quadro più dettagliato è stato fornito dalla sentenza 21726/2018, con la quale si è precisato che a rendere legittime le spese deve essere l’interesse dei figli e la loro sostenibilità.

Un tentativo di opposizione al principio dominante è arrivato da un giudice di pace di Casoria (sentenza 1439/2020) che ha considerato vincolante l’accordo raggiunto tra la parti, con l’avallo del giudice, con il quale il padre si impegnava a coprire la metà delle spese mediche escluse dal Servizio sanitario nazionale, sportive e ludiche «da concordarsi preventivamente». Per il giudice onorario non c’è margine per discostarsi.

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