Penale

Patteggiamento e ricorso in cassazione: limiti alla deducibilità dell'erronea qualificazione giuridica del fatto

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Procedimenti speciali - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Ricorso in cassazione - Motivi deducibili - Art. 448, c. 2 bis, cod. proc. pen.
L'art. 448, come novellato dalla L. 103/2017, prevede che il ricorso in cassazione contro la sentenza di patteggiamento sia possibile solo “per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza”. Ne consegue che la qualificazione giuridica del fatto ritenuta in sentenza, che corrisponda a quella oggetto del libero accordo tra le parti, può essere oggetto di discussione attraverso il ricorso in cassazione solo allorquando risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione o risulti frutto di un errore manifesto. (Nella specie la Suprema corte ha ritenuto il ricorso inammissibile risolvendosi la censura nella prospettazione di una lettura alternativa del fatto incompatibile con l'imputazione e con la scelta del rito effettuata dall'imputato).
•Corte di cassazione, sezione VI penale, ordinanza 2 luglio 2018 n. 29671

Procedimenti speciali - Patteggiamento - Art. 448 cod. proc. pen. - Provvedimento del giudice - Impugnazione - In cassazione - Tassatività motivi - Ratio.
La modifica all'art. 448 c.p.p. recata dalla l. 103/2017 ha inteso circoscrivere il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento ai casi tassativamente elencati al comma 2-bis, al fine di ridurre la strumentalità del ricorso stesso, considerando che la sentenza emessa in tale procedimento speciale presuppone l'accordo tra le parti e l'implicita rinuncia dell'imputato a contestare l'accusa formulata e l'applicazione della pena nella misura proposta; pertanto quando la sentenza corrisponde alla volontà pattizia del giudicabile deve ritenersi inammissibile il ricorso fondato su una lettura alternativa del fatto.
•Corte di cassazione, sezione VI penale, ordinanza 2 luglio 2018 n. 29671

Procedimenti speciali - Patteggiamento - Sentenza - In genere - Erronea qualificazione giuridica del fatto - Deducibilità come motivo di ricorso per cassazione - Limiti - Fattispecie.
In tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l'eventualità che l'accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la dedotta violazione di legge nella qualificazione del fatto di cui alla sentenza impugnata in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 80, d.P.R. n. 309 del 1990, a fronte della detenzione da parte dei due imputati rispettivamente di kg. 110 e 45 lordi di hashish).
•Corte di cassazione, sezione III penale, sentenza 17 agosto 2015 n. 34902

Procedimenti speciali - Penali - Patteggiamento - Sentenza - Erronea qualificazione giuridica del fatto - Deducibilità come motivo di ricorso per cassazione.
L'erronea qualificazione del fatto contenuta in sentenza emessa a seguito di patteggiamento non può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione se non nei casi di errore manifesto, ossia nei casi in cui sussiste l'eventualità che l'accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati; viceversa, ogni qual volta la diversa qualificazione del fatto presenti margini di opinabilità deve escludersi la possibilità del ricorso; inoltre, la verifica sull'osservanza della previsione contenuta nell'art. 444, comma secondo, c.p.p. deve essere compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha escluso sia la rilevanza di decisioni che, in sede cautelare, avevano ritenuto l'insussistenza dei reati contestati sia l'ammissibilità di motivi la cui valutazione implicava la necessità di una verifica dibattimentale).
•Corte di cassazione, sezione VI penale, sentenza 2 aprile 2013 n. 15009

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