Peculato d'uso se il cellulare di servizio lo utilizza il marito
Peculato d'uso per il dirigente Rai che fa utilizzare il telefono di servizio al marito. Giustificato il no al minimo edittale, oltre che per l'intensità del dolo, per la durata dell'abuso e i costi delle telefonate internazionali. La Corte di cassazione, con la sentenza 27742, bolla come inammissibile per la non specificità dei motivi, il ricorso di una dirigente della Rai, contro la condanna per peculato d'uso, con una pena superiore al minimo previsto dal Codice, e un no alla pena pecuniario sostitutiva. La ricorrente, senza successo, aveva fatto presente ai giudici di aver interamente rimborsato l'intero importo delle telefonate illecite alla Rai. In più aveva affermato la sua buona fede, perché l'uso del cellulare aziendale da parte del marito, che si trovava all'estero era frutto di un errore: un semplice scambio di telefonini. Circostanza che i giudici considerano non credibile per una serie di fattori: i numeri erano diversi e il telefono era stato usato dal consorte per le telefonate internazionali per ben 4 mesi senza che la ricorrente si accorgesse dello scambio. In più, l'uso “improprio” era stato interrotto solo dopo la denuncia dell'amministrazione Rai. Pesa poi l'intensità del dolo, “la gravità oggettiva del fatto desunta dalla durata dell'abuso del telefono protrattasi per quattro mesi e dai costi delle telefonate internazionali”. Pari a poco meno di 4 mila euro al mese. Non passa neppure la richiesta di far valere la dichiarazione della prescrizione avanzata in sede di discussione. I giudici ricordano, infatti, che l'inammissibilità del ricorso in Cassazione, preclude la possibilità di far valere o di rilevare d'ufficio l'estinzione di un reato maturata nel corso del giudizio di legittimità. E anche la manifesta infondatezza rientra tra le cause di inammissibilità