Amministrativo

Per bocciare un aspirante magistrato basta una sola insufficienza, irrilevante la relazione di un perito di parte

Lo precisa il tar Lazio con la sentenza 8376/2023

di Pietro Alessio Palumbo

Nella vicenda trattata dal Tar Lazio-Roma con la sentenza 8376/2023 una candidata al concorso in magistratura aveva contestato la legittimità della valutazione di non idoneità riportata in una prova, sulla base di due argomenti, costituiti, per un verso dalla chiara dissonanza rispetto all'esito positivo delle altre prove che unitamente al giudizio negativo espresso con la mera formula di non idoneità non consentiva di comprendere quale fosse stato l'effettivo iter logico seguito dalla Commissione nel ritenere che quelle doti di cultura e preparazione giuridica presenti nelle prove superate erano invece del tutto mancanti soltanto in quella non superata; per altro verso dalle risultanze del parere pro veritate di un esperto della materia che aveva concluso nel senso della complessiva conformità dell'elaborato della candidata rispetto ai parametri valutativi fissati dalla Commissione.

La relazione di periti di parte
Secondo il giudice amministrativo in tali circostanze il fatto che il candidato abbia conseguito un giudizio di sufficienza nelle altre prove è elemento del tutto inidoneo ad influire sulla fondatezza del gravame. Quanto alla possibilità di opporre obiezioni ai giudizi espressi dalle commissioni dei concorsi pubblici per mezzo di relazioni di periti di parte - professionisti o esperti della materia – ne va rilevata la sostanziale irrilevanza, atteso che spetta in via esclusiva alle commissioni esaminatrici la competenza di valutare gli elaborati dei candidati; e che a meno che non ricorra l'ipotesi del macroscopico errore logico non è consentito al giudice sovrapporre alle determinazioni adottate dalla commissione, le argomentazioni del parere reso da un soggetto terzo. E ciò vale quale che sia la qualifica professionale di quest'ultimo ed il livello di conoscenze ed esperienze acquisite nella materia in questione.

La valutazione dei compiti
Il Tar capitolino ha evidenziato che nella procedura concorsuale in argomento la selezione dei candidati è affidata alla valutazione di elaborati su diverse e autonome materie, richiedendo il superamento di tutte le prove oggetto dell'esame; così presupponendo l'accertamento in capo al candidato di un adeguato grado di preparazione, alla stregua dei criteri di valutazione predeterminati dalla Commissione per ciascuna materia.
Discende che il voto favorevole apposto su alcuni elaborati appare di per sé irrilevante, sotto il profilo logico prima ancora che giuridico, ai fini della dimostrazione dell'erroneità o illogicità del giudizio negativo reso su una diversa prova. Un differente approccio alla questione, tale da affermare che sia sufficiente superare alcune delle prove per far presumere che sia adeguato il livello di preparazione richiesto anche in una restante prova, valorizzerebbe, contrariamente al dato normativo prima ancora che logico, la possibilità che la preparazione dell'aspirante magistrato sia suscettibile di essere sbilanciata tra le diverse materie. Laddove è inequivocabilmente richiesto, per ogni disciplina, che il candidato dimostri il possesso di una completa, complessiva ed equilibrata cultura e preparazione giuridica, nell'ambito delineato dalla pertinente normativa.
La tesi secondo cui il superamento di alcune prove, in quanto indicativo della capacità del candidato di redigere un tema nella forma adeguata, della sua conoscenza degli istituti giuridici, del possesso di una complessiva cultura generale, nonché della capacità di analisi e soluzione delle problematiche poste dalla traccia, farebbe presumere il possesso di analoghe qualità e capacità anche ai fini del superamento di una ulteriore prova, non può dunque cogliere nel segno. Il dato, infatti, non è idoneo a farne derivare necessariamente l'omogeneità tra tutti gli elaborati e i rispettivi giudizi. A prescindere dal grado di preparazione e cultura giuridica dimostrato nella redazione degli elaborati è innegabile che influiscono nel giudizio conclusivo formulato per ciascun compito le specifiche attitudini del candidato nella materia oggetto della prova ed anche la conoscenza del particolare argomento oggetto di trattazione; non potendo presumersi, data l'ampiezza e la complessità delle materie oggetto di esame, un identico grado di approfondimento e padronanza per tutti i temi.

L'ampia discrezionalità
Per altro verso le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica ed attitudinale dei candidati; con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico ovvero un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà del tutto palese. Ne consegue che il giudicante non può sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione se non nei casi in cui il giudizio si manifesti viziato sotto il profilo della ragionevolezza.

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