Per la Cassazione è punibile anche l’insider «di se stesso»
La sentenza 31507: non è necessaria la diversità tra chi crea la notizia e chi la utilizza
Può essere sanzionato per abuso di informazioni privilegiate anche l’insider di se stesso. La pena scatta cioè anche quando è assente il requisito dell’alterità soggettiva tra il creatore della vicenda oggetto dell’informazione privilegiata, ossia il protagonista della decisione di effettuare una determinata operazione, e l’utilizzatore della notizia che ha per oggetto tale decisione. A condizione che l’utilizzo dell’informazione privilegiata non si identifichi nell’attuazione della decisione assunta ma si traduca in una distinta operazione di mercato.
Queste le conclusioni cui approda la Quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 31507. La pronuncia avalla così la lettura della Corte d’appello di Milano che, nel 2019, condannò Luigi e Vittorio Cremonini (rispettivamente presidente e amministratore delegato di Cremonini spa) e Illias Aratri (amministratore unico di Cremofin srl). Secondo l’impianto accusatorio, i tre avrebbero realizzato un considerevole acquisto di azioni Cremonini approfittando dell’informazione relativa all’opa sui medesimi titoli finalizzata al delisting. I tre imputati rivestivano incarichi di vertice all’interno del gruppo e l’operazione era stata da loro stessi ideata, venendo così a realizzare la figura di incerta punibilità dell’«insider di se stessi».
Su questo punto, cruciale, la Cassazione si è confrontata con la tesi difensiva per la quale l’elemento costitutivo dell’insider trading non si produce quando è il soggetto a produrre l’oggetto-notizia, perchè in questo caso «la causa del conoscere dipende dall’agire e dal pensare e non dall’appartenenza alle categorie soggettive indicate dal legislatore nel delineare la fattispecie incriminatrice».
Per la Corte, tuttavia, «in un’economia di mercato, è del tutto ragionevole che non sia configurato un “abuso” di informazioni privilegiate quando la condotta rappresenti la mera attuazione di una decisione economica dell’operatore». Situazione che però è diversa da quella che si è venuta a creare nel procedimento , perchè, sottolinea la sentenza, un conto è decidere di procedere a un’opa, altro è procedere al rastrellamento dei titoli prima che la decisione diventi di pubblico dominio.
Si tratta di una vicenda, osserva ancora la Cassazione, dove non emerge affatto lo sfruttamento di una semplice decisione interna, quanto piuttosto una condotta che, rispetto a un progetto ormai ampiamente prevedibile, punta ad alterare le condizioni di parità degli investitori, permettendo di ottenere prezzi di acquisto a valori mai più raggiungibili. A dovere essere punito allora non è chi dispone di una posizione privilegiata che deriva dalla possibile di interpretare e valorizzare informaizoni, ma chi utilizza queste ultime per operare in condizioni di disparità con gli altri investitori.