Civile

Per più conciliazione in giudizio linee guida e formazione

Sarebbe auspicabile accompagnare la riforma legislativa, con un progetto organizzativo ministeriale

di Gianandrea Rosati

Nell’ambito delle novità apportate al processo civile dal recente Dlgs n. 149/2022 orientate da propositi di razionalizzazione e riduzione dei tempi della giustizia, merita una segnalazione particolare quella sull’estensione, fino al momento della fissazione dell’udienza di rimessione della causa in decisione, della possibilità per il giudice di formulare alle parti contendenti una proposta conciliativa (articolo 185-bis del Codice di procedura civile). Il restyling procedurale ha toccato pertanto anche l’istituto e la figura del giudice conciliatore, che, nella versione attuale dell’articolo 185-bis del Codice di rito civile, introdotto con il Dl 69/2013 (convertito nella legge 98/2013), poteva farsi promotore di una proposta conciliativa solo nella fase antecedente alla chiusura dell’attività istruttoria. È indubbio che estendere, fino all’udienza conclusiva, la facoltà per il giudice di formulare alle parti una proposta transattiva, accresce i poteri conciliatori del giudice e con essi le possibilità di addivenire a una definizione consensuale del contenzioso. È doveroso però rilevare che la norma è stata introdotta nel 2013 e, ad oggi, ha avuto un’applicazione estremamente moderata; però, si può riscontrare che, nei Tribunali nei quali è stato invece attivato un monitoraggio sulla conciliazione ex articolo 185-bis, la relativa applicazione ha riscosso un rilevante impatto risolutivo dei contenziosi (si vedano i dati sulla conciliazione endoprocessuale presso il Distretto di Corte di Appello di Bari - dove l’82,99% delle cause nelle quali era stata emessa ordinanza, con proposta conciliativa ex articolo 185-bis era stato definito consensualmente). Le ragioni del generalizzato inutilizzo dello strumento possono ricercarsi in almeno due fattori: il fatto che la norma attribuisce al giudice una mera facoltà, non collegata ad un presupposto vincolante e poi che il suo esercizio presuppone, non solo una conoscenza approfondita e piena dell’oggetto del contenzioso e delle risultanze processuali ma anche un acume ed una sensibilità particolari nell’individuare le concrete possibilità conciliative, attraverso una proposta, che sia il più possibile rispondente ad una mediata ed equilibrata ponderazione degli interessi e diritti in gioco.

Sarebbe pertanto auspicabile accompagnare la riforma legislativa, con un progetto organizzativo ministeriale, che, attraverso un decalogo di prescrizioni, consigli e lineeguida rivolte agli Uffici Giudiziari, ovvero di best practices, crei un metodo e una prassi operativa funzionali a una virtuosa applicazione dell’istituto di cui all’articolo 185-bis. A ciò dovrebbero aggiungersi la previsione legislativa di un obbligo formativo per magistrati e avvocati nella materia della conciliazione ed, ancor più, la creazione di un metodo statistico di rilevazione dell’incidenza deflattiva della proposta conciliativa della norma.

L’esperienza, presso il Distretto di Corte di Appello di Bari, dimostra che si tratta di uno strumento, con un rilevante potenziale deflattivo, almeno nelle cause in cui se ne ravvisino i presupposti e nelle materie più permeabili alla conciliazione (secondo i report statistici sopra citati, quelle del settore commerciale, della responsabilità extracontrattuale, delle locazioni, dei diritti reali e del contenzioso bancario), atteso che, se la proposta transattiva viene formulata con una visione prospettica equilibrata e fondata, sul piano giuridico e fattuale, rispetto al contenzioso in essere, incentiva le parti alla relativa accettazione, considerando anche gli aggravi di spese e sanzioni, cui le stesse andrebbero incontro se, al termine della causa, dovesse essere accertato dal giudice un ingiustificato rifiuto della stessa (articoli 91 e 96 del Codice di procedura civile). A differenza degli altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, la conciliazione promossa dal giudice offre poi maggiori garanzie in termini di contraddittorio, qualità e competenza.

L’obiettivo dichiarato di riduzione dei tempi della giustizia civile, che si pone la recente nuova riforma, potrebbe essere concretamente realizzato, a beneficio di cittadini, imprese (anche per una maggiore competitività in Europa) ed erario, se e solo se alle modifiche normative ed, in particolare a quella sopra esaminata, faccia seguito l’adozione di protocolli organizzativi, formativi e di monitoraggio statistico del trend conciliativo giudiziale

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