Responsabilità

Per la responsabilità dei magistrati più numerosi i danni risarcibili

Giudicata illegittima la disciplina prevista prima della riforma 2015

di Giovanni Negri

Si estende la responsabilità dei magistrati. Che potranno essere chiamati a risarcire anche i danni non patrimoniali che derivano dalla lesione di diritti inviolabili.

Lo prevede già la riforma del 2015, ma ora la Corte costituzionale interviene, con la sentenza n. 205 depositata ieri e scritta da Emanuela Navarretta, per censurare anche la disciplina precedente che limitava invece la responsabilità civile delle toghe in caso di danni non patrimoniali alla sola ipotesi della privazione della libertà personale.

Per la Corte l’individuazione di un solo diritto inviolabile della persona da proteggere con il risarcimento dei danni non patrimoniali, anche fuori dai casi di reato, non è giustificata dalla specificità dell’illecito civile da esercizio della funzione giudiziaria. «L’esigenza di preservare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura - osserva la Consulta -, rileva nella definizione del confine fra lecito e illecito e nella dialettica tra azione civile diretta nei confronti dello Stato e azione di rivalsa nei riguardi del magistrato. Sono questi i profili della disciplina vòlti a realizzare il “delicato bilanciamento” tra i principi di cui agli articoli 101 e 103 Costituzione e gli interessi di chi risulta ingiustamente danneggiato».

Inoltre, se è vero che la libertà personale può essere esposta a subire pregiudizi particolarmente gravi per effetto dell’illecito del magistrato, per la Corte una simile circostanza rileva su un piano solo di fatto, del tutto inadatto a giustificare l’esclusione dalla tutela degli altri diritti inviolabili della persona, ugualmente suscettibili di subire danni a causa di una accertata responsabilità del magistrato.

«Al contempo - si legge nella sentenza -, pur potendosi ben configurare, in concreto, diversi livelli di gravità dell’illecito, nondimeno è certamente da escludere una astratta differenziazione, rispetto a un rimedio civile che offre una tutela basilare, dei diritti inviolabili della persona, evocatrice, in tale ambito, di una insostenibile gerarchia interna a tale categoria di diritti».

Quanto poi all’obiezione per cui un giudizio di illegittimità costituzionale renderebbe illecito quello che all’epoca illecito non era, la Consulta ricorda che affermare la possibile liquidazione dei danni non patrimoniali da lesione dei diritti inviolabili della persona non equivale a un ampliamento del raggio dell’illecito, ma comporta soltanto un’estensione dei danni risarcibili.

«Ed è noto che, nell’illecito aquiliano, i danni risarcibili sono sottratti alla sfera di controllo del danneggiante e sono unicamente circoscritti dall’elemento oggettivo costituito dal nesso di causalità giuridica».

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