Perdita di chance, quale inquadramento nell'ambito della responsabilità sanitaria
In data 12 Giugno 2023, in occasione del Convegno tenutosi presso la Camera dei Deputati, si è tornati a parlare del "<span id="U403348038530LxD" style="font-weight:bold;font-style:italic;">danno da perdita di chances</span>", un argomento complesso che mette a un non facile confronto medicina e giurisprudenza.
In data 12 Giugno 2023, in occasione del Convegno tenutosi presso la Camera dei Deputati, si è tornati a parlare del "danno da perdita di chances", un argomento complesso che mette a un non facile confronto medicina e giurisprudenza.
Cerchiamo quindi di inquadrare questo tema per offrire qualche spunto di riflessione.
In primo luogo con riferimento alle sentenze della Corte di Cassazione n. 4400/04 e n. 6488/17 , la chance viene identificata come quella "concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d'autonoma valutazione". È questa una definizione che ben si addice all'ambito del danno patrimoniale.
Difatti non è un caso che le prime sentenze in tema di perdita di chances si siano pronunciate su questo ambito, con specifico riferimento al mondo lavorativo.
A titolo di esempio possiamo fare riferimento alla sentenza della Cassazione n. 852/06 , trattante il caso di un dipendente tecnico che, a causa del ritardo della propria azienda nel riconoscimento del titolo acquisito, non ha avuto accesso ad una promozione. Su tale scia furono pronunciate numerose altre sentenze, più o meno recenti (Tribunale di Parma n. 1778/2017; Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 9063/18; Tribunale di Roma -sez. I lav.- sentenza 01-12-2022; etc.), tutte con riferimento alla fattispecie di danno patrimoniale.
Volgendo lo sguardo alla sentenza 852/06, il dipendente ha beneficiato del riconoscimento di un danno da perdita di chances, dimostrando attraverso veritiera documentazione sia il diritto alla partecipazione alla procedura di riconoscimento della posizione lavorativa, sia che la sua esclusione dalla procedura era dipesa esclusivamente dalla colpa della società.
A questo punto occorre chiedersi come le caratteristiche di un danno squisitamente patrimoniale possano essere applicate al mondo sanitario, condizione in cui la perdita di chance assume le sembianze di un danno decisamente "non patrimoniale".
Con ciò, è innegabile l'insorgenza di numerose problematiche di natura interpretativa: a cosa corrisponde la chance nel mondo della salute?
Come se ne determina la perdita e chi è chiamato a farlo?
Su chi ricade l'onere della prova?
Deve soddisfarsi il nesso causale tra condotte sanitarie ed evento?
Sul punto, in occasione del convegno è stata illuminante la lectio magistralis del Prof. Vittorio Fineschi, ordinario di medicina legale presso Università La Sapienza di Roma.
Come ben espresso nella sentenza 28993 del decalogo di San Martino , non si può parlare di perdita di chance in ambito sanitario utilizzando gli usi e le regole degli altri contesti; l'origine storica della perdita di chance possiede un carattere patrimoniale, mentre, nel caso di responsabilità in ambito sanitario, assume le peculiarità di un danno non patrimoniale.
In buona sostanza, in ambito sanitario sarà necessario introdurre concetti esclusivi, dalle caratteristiche "misurabili" e facilmente applicabili e che, soprattutto, non lascino eccessiva libertà interpretativa al consulente di turno.
Il passaggio del concetto di "chance" dall'ambito patrimoniale a quello non patrimoniale presuppone quindi la metamorfosi da una chance tipicamente "pretensiva" (mancata opportunità di miglioramento a partenza da una situazione favorevole) ad una "non pretensiva" (cancellazione colpevole di una possibilità a partire da una situazione sfavorevole).
A tal proposito, sarà dunque fondamentale non sovrapporre il concetto di "risultato perduto" con quello di "possibilità perduta": in ambito sanitario, infatti, il paziente parte da uno stato di "malattia" ove il medico si inserisce in termini funzionali creandovi una chance, ovverosia una possibilità innestata su una situazione pre-esistentemente sfavorevole (patologia).
Ciò detto, anche in caso di "perdita di chances non patrimoniale" saranno da soddisfare gli estremi della fattispecie dell'illecito, specificatamente costituiti dall'elemento causale e dall'evento di danno ( Cass n. 5641/18 ).
Per quel che concerne il primo, dovranno applicarsi le regole di causalità materiale, così come dettate dagli art. 40 e 41 c.p., secondo le più attuali conoscenze scientifiche. Il secondo concetto, invece, fonda le sue radici nell'art. 1223 c.c. responsabile della connessione dell'illecito al danno.
Nel caso della perdita di chance, dunque, la causalità segue le leggi del probabile (secondo il concetto giuridico del "più probabile che non") e ad essere incerto è l'evento. Tale lettura presuppone la certezza di un nesso di causalità materiale ed un'incertezza del nesso di causalità giuridica.
In aiuto a tale concetto viene quanto più volte espresso dall'illustre magistrato Giacomo Travaglino, presidente della III Sezione Civile della Cassazione: la perdita di chance si profila se, a seguito di un errore medico, ad una donna gravida non viene diagnosticata una grave malformazione del nascituro; l'incertezza della donna rispetto a volere o meno interrompere la gravidanza rappresenta una "possibilità senza certezze" e, dunque, un'incertezza eventistica.
A questo punto, non resta che ammettere il profilo per lo più giuridico del danno da perdita di chance che, nella sua veste non patrimoniale, appare di difficile integrazione con il mondo della medicina legale. Più specificatamente, chiarita la certezza della causalità materiale, è da chiedersi fino a che punto il medico legale possa spingersi a offrire giudizi sulla certezza della causalità giuridica.
Volendo ampliare ed applicare il discorso a tutti gli ambiti della medicina, è lecito chiedersi se il danno da perdita di chance corrisponda o meno al danno da "perdita di chances di sopravvivenza". Prendiamo come esempio la sentenza di Cassazione n. 7195 del 27/03/2014 , incentrata sull'omessa diagnosi di una patologia neoplastica. Nel caso dei tumori, infatti, il ritardo nella diagnosi può ridurre la sopravvivenza del paziente provocandone un decesso più precoce.
In quest'ultimo caso, quindi, non si dovrà parlare di danno da perdita di chance, ma piuttosto di danno da "perdita anticipata della vita". Al contrario, ove l'operato dei medici sia stato censurabile ma non abbia causato un'evoluzione della neoplasia, non si andrà a quantificare alcun danno.
Da ciò se ne comprende che la perdita di chance di vita non misura il numero di anni che il paziente avrebbe potuto vivere, se non la qualità degli stessi e il tipo di scelte che avrebbe potuto o meno intraprendere.
Sulla base di questa lettura sembra sottintendersi quindi che la perdita di chance altro non sia che una visione di tipo qualitativo ed astratto, scevra da quelle caratteristiche di "apprezzabilità, serietà e consistenza" che, come verrà esaminato più avanti, dovrebbero caratterizzare la possibilità perduta.
Orbene, definito il concetto di "possibilità" in ambito di responsabilità sanitaria, si genera ancora un'altra perplessità. Riprendendo la succitata sentenza n. 852/06, sul ricorrente ricadeva l'onere della prova, ovverosia la dimostrazione della perdita di un'opportunità. In ambito medico, ove il paziente ricorra contro una struttura sanitaria, è previsto che sia quest'ultima ad assolvere l'onere della prova (come del resto ben delineato dalla legge 24/2017 secondo i principi della responsabilità contrattuale). Ben diverso è il caso in cui il singolo individuo agisca contro un professionista privato che, rispondendo secondo una responsabilità extracontrattuale, si troverà costretto ad assolvere l'onere della prova.
In termini di responsabilità sanitaria, quindi, la richiesta di un danno da perdita di chance sovverte le normative vigenti, cancellando il "doppio binario" della Legge Gelli ed affidando l'onere della prova totalmente al ricorrente, con il risultato di ricondurre qualsiasi rapporto giuridico alla sola relazione extracontrattuale.
Ulteriori problematiche emergono in tema di liquidazione: così come il danno biologico, anche il danno da perdita di chance risentirà di una "personalizzazione" del caso, dettata principalmente dal peso dell'opportunità perduta, dalla sua "apprezzabilità, serietà e consistenza". Ma spesso, come precedentemente abbiamo detto, in ambito sanitario la "possibilità" appare un c oncetto qualitativo e ben difficile da misurare secondo regole scientifiche, soprattutto in ragione della grande variabilità interindividuale.
Visto quanto detto fin'ora è ben comprensibile la difficoltà nell'inquadramento del danno da perdita di chance all'interno del mondo della responsabilità sanitaria, motivo per cui risultano fondamentali non solo le indicazioni della giurisprudenza, ma anche le occasioni di confronto nei convegni fra esperti medici e giuristi.
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*A cura di Niccolò Maria Sposimo, medico legale di direzione