Civile

Pignoramento Equitalia sempre contestabile: non c'è la fede privilegiata

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di Laura Ambrosi

Gli atti processuali di Equitalia non godono di fede privilegiata poiché sono redatti nell’ambito di funzioni diverse da quelle di ufficiale giudiziario. Da ciò consegue che quanto indicato anche in un atto di pignoramento presso terzi redatto dall’agente della riscossione può essere contestato dall’altra parte del giudizio senza che sia necessaria la querela di falso.

Ad affermare questo principio è la Corte di cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 26519 depositata ieri.

Equitalia, dinnanzi a debiti tributari non pagati da parte di una contribuente, procedeva con pignoramento presso terzi. L’interessata impugnava il provvedimento eccependone la nullità perché privo dell’indicazione dei crediti per i quali si procedeva e comunque dell’elenco, segnalato come allegato, delle cartelle cui faceva riferimento.

Il tribunale confermava la nullità dei provvedimenti e quindi l’agente della riscossione proponeva ricorso dinanzi alla Cassazione. Equitalia sosteneva che l’atto di pignoramento godeva di fede privilegiata al pari dei fatti accertati dal pubblico ufficiale. In particolare, la fidefacienza era riferita all’attestazione del responsabile della procedura contenuta nell’atto di pignoramento, relativa all’allegazione allo stesso dell'elenco delle citate cartelle.

I giudici di legittimità, rigettando il ricorso di Equitalia, hanno fornito alcuni interessanti principi in materia.

L’atto di pignoramento presso terzi anche se predisposto per l’esecuzione esattoriale ha natura di atto processuale di parte.

La fidefacienza (disciplinata dall’articolo 2700 del Codice civile), secondo la quale un atto di un pubblico ufficiale fa fede fino a querela di falso, è riservata ai soli atti pubblici, con la conseguenza che non riguarda l’attività compiuta per la redazione del citato atto di pignoramento.

In tale contesto, la Cassazione ha precisato che l’agente della riscossione svolge funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, per le quali assume la veste di pubblico ufficiale, e funzioni di «operatore privato», rimanendo quindi sprovvisto di tali poteri.

Per la notificazione dell’atto di pignoramento, ad esempio, trattandosi di una funzione tipica dell’ufficiale giudiziario, va riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale.

Diversamente, invece, per la stesura dell’atto di pignoramento, non rientrando tra le attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, costituisce un mero atto di parte.

Va da sé che le affermazioni contenute nel citato atto di pignoramento presso terzi non godono, al pari di qualsiasi altro atto processuale di parte, di alcuna presunzione di veridicità fino a querela di falso, atteso che il funzionario incaricato della redazione non ha funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario.

La decisione appare particolarmente interessante poiché scinde il ruolo dell’agente della riscossione e, a ben vedere, anche di altri funzionari pubblici, tra le funzioni proprie dell’attività e il giudizio.

In termini concreti, quindi, ne deriva che i fatti documentati in un avviso di accertamento ovvero in un verbale di constatazione godono di fede privilegiata, limitatamente a quanto avvenuto in presenza dei funzionari.

Con riguardo, invece, alle presunzioni, opinioni dei verificatori ovvero quanto riportato in un atto processuale, come una costituzione in giudizio, un appello o un atto di pignoramento, non hanno lo stesso privilegio.

Ne consegue che il contribuente interessato potrà contestare eventuali circostanze a sé contrarie ovvero ritenute erroneamente riportate senza che sia necessaria la querela preventiva.

Corte di cassazione, sentenza 9 novembre 2017, n. 26519

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