Comunitario e Internazionale

Più celere il sequestro dei patrimoni esteri

Commento al Regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca, applicabile a decorrere dal 19/12/2020

di Rosario Di Legami*

I sequestri di natura patrimoniale sono diventati a livello europeo e globale il fondamentale strumento per contrastare la dimensione economico- transazionale che la criminalità sta sempre più assumendo. Con la globalizzazione, difatti, le dinamiche finanziarie trascendono i confini nazionali, con la conseguenza che una valida strategia di lotta alla mafia - di qualsiasi matrice etnica - deve incidere con forza sulle basi economiche del crimine organizzato.

Il punto di svolta nella lotta internazionale agli interessi criminali è rappresentato dalla Convenzione ONU di Palermo contro la criminalità organizzata, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 2000. La Convenzione è divenuta nel corso del tempo l'unico vero strumento globale di cooperazione giudiziaria, applicabile non solo alle mafie "storiche" ed alle "nuove mafie" di origine straniera, ma anche alla criminalità dei colletti bianchi, di natura economica o amministrativa, al cybercrime, ai delitti connessi al terrorismo, e a tutta una serie "aperta" di fenomeni criminali di natura collettiva, compresi quelli che neppure esistevano, o comunque avevano caratteristiche del tutto differenti, al momento in cui la Convenzione è stata firmata.

La Convenzione si caratterizza per tre sue caratteristiche di fondo:

a) l'ampiezza del suo ambito oggettivo di applicazione, che copre non solo i delitti di partecipazione ad una associazione criminale, di riciclaggio, di corruzione, per i quali viene previsto un obbligo di incriminazione a carico degli Stati, ma anche tutti gli altri reati gravi purché abbiano natura transnazionale e vedano coinvolto un gruppo criminale organizzato;

b) l'elevatissimo numero degli Stati che hanno aderito alla Convenzione (precisamente, 190, a fronte di un numero totale di 193 Stati membri dell'ONU), e la conseguente "universalità reale" dello strumento.

c) la cristallizzazione normativa della forma di confisca non basata sulla condanna (non-conviction based confiscation), che viene adottata all'esito di un "processo al patrimonio", in cui l'accertamento giurisdizionale si concentra sugli aspetti economici di un intero fenomeno criminale.

Nonostante il fondamentale contributo offerto dalla Convenzione di Palermo, esigui sono stati i sequestri richiesti da uno Stato verso un altro Stato, che spesso hanno presupposti diversi usualmente non presenti nello Stato c.d. Accettante, soprattutto per quanto attiene la applicazione delle misure di prevenzione.

Tale difficoltà applicativa trova la sua matrice nei ben noti ostacoli incontrati dalle autorità italiane per ottenere l'esecuzione all'estero delle varie forme di non-conviction based confiscation, tipiche delle misure di prevenzione. Tradizionalmente difatti la esecuzione di un provvedimento di confisca o di sequestro doveva necessariamente presupporre che il bene sequestrato derivasse da proventi di reato, e quindi fossero collegati anche ad una condanna penale o comunque ad un procedimento in materia penale.

L'Unione Europea, nella consapevolezza della insufficienza degli strumenti legislativi a sua disposizione, come la Convenzione di Strasburgo dell'8 novembre 1990 sul riciclaggio, ha quindi adottato nel 2018 il Regolamento (UE) 2018/1805 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca, applicabile a decorrere dal 19/12/2020.

Tale regolamento si compone di 41 articoli e 57 "considerando", i quali disciplinano puntualmente sia l'ambito di applicazione del regolamento, sia le modalità di richiesta dallo Stato di emissione allo Stato accettante.

Non si ritiene in questa sede di riportare le norme procedurali del regolamento, anche per brevità di spazio, ma appare opportuno de jure condendo analizzare gli aspetti che danno luogo ad incerte opzioni ermeneutiche, forse troppo frettolosamente risolte dalla circolare del Ministero della Giustizia del 18.2.2021 .

In particolare:

1) la prima questione interpretativa nasce dal "considerando" n. 13, il quale stabilisce che il Regolamento 1805 del 2018 è applicabile a tutti i provvedimenti di congelamento e di confisca emessi "nel quadro di un procedimento in materia penale", e sottolinea che tale concetto ricomprende tutti i tipi di sequestro e di confisca "emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato". Si tratta di un concetto che va sicuramente oltre i confini del congelamento e della confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione Europea, atteso che nel suddetto "considerando" viene espressamente affermato che il nuovo Regolamento "contempla altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definitiva", e si aggiunge che "benché tali provvedimenti possano non esistere nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, lo Stato membro interessato dovrebbe essere in grado di riconoscere ed eseguire tali provvedimenti emessi da un altro Stato membro".

Dalla lettera del "considerando" 13, la citata circolare del Ministero ha desunto senza incertezze che l'esecuzione transfrontaliera dei provvedimenti di sequestro e di confisca riguardi anche il settore delle misure di prevenzione.

Lo scrivente invece ritiene che tale automatismo interpretativo non sia così scontato.
Proseguendo infatti nella lettura del citato considerando, quest'ultimo puntualizza che i sequestri in materia penale devono avvenire "ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo". Inoltre, viene precisato che i provvedimenti di sequestro e confisca "emessi nel quadro di procedimenti in materia civile o amministrativa" dovrebbero essere esclusi dall'ambito di applicazione del Regolamento.

Al riguardo, la Corte EDU, richiamata espressamente dal Regolamento 1805 del 2018, ha costantemente escluso che le misure di prevenzione di natura patrimoniale appartengano al concetto di "materia penale", venendo attratte nell'area civilistica alla stregua della civil forfeiture di matrice anglosassone.

Conseguentemente, lo scrivente ritiene che il regolamento del 2018 non abbia risolto la questione della sua applicabilità alle misure di prevenzione patrimoniali italiane, le quali, al pari di analoghe ipotesi contemplate da altri ordinamenti, da un lato sono qualificabili come provvedimenti "emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato", ma dall'altro lato, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, restano soggette soltanto ai principi del "processo equo" valevoli per le controversie su diritti ed obbligazioni di carattere civile, di cui all'art. 6, § 1, della CEDU, in quanto sono applicate attraverso una procedura in rem. Si ritiene quindi che, per superare l'impasse ed eliminare ogni dubbio sulla inclusione delle misure di prevenzione patrimoniali nell'area di operatività del nuovo regolamento, la soluzione preferibile, de jure condendo, sembra essere quella di una estensione al relativo procedimento di tutte le garanzie previste dall'art. 6, §§ 1 e 3, della CEDU in rapporto alla materia penale.

2) l'art 8 del regolamento 1805/2018 individua i motivi – da parte dello Stato accettante - di non riconoscimento e di non esecuzione del provvedimento di congelamento. Tra le varie ipotesi previste, merita attenzione il punto d), secondo cui può non essere eseguita la confisca:

Quando il provvedimento di congelamento si riferisce a un reato commesso in tutto o in parte al di fuori del territorio dello Stato di emissione e in tutto o in parte nel territorio dello Stato di esecuzione, e la condotta per la quale il provvedimento di congelamento è stato emesso non costituisce reato secondo il diritto dello Stato di esecuzione.

Riguardo a tale ultimo inciso, esso può diventare foriero di grandi difficoltà applicative, soprattutto considerando che la normativa italiana in materia di contrasto alla criminalità organizzata – sin dai tempi della legge Rognoni La Torre - è tra le più avanzate al mondo, e spesso contrasta con altre legislazioni che non prevedono il reato di associazione mafiosa, o lo derubricano ad associazione a delinquere semplice. E' di palmare evidenza quindi la difficoltà di poter ottenere – senza il discrezionale consenso espresso dello Stato accettante e senza che vi sia alcun automatismo – la esecuzione di un provvedimento di sequestro da parte di paesi – come ad esempio la Germania – che non disciplina né il nostro equipollente art. 416 bis c.p., né tanto meno disciplina il settore dei sequestri patrimoniali.

3) da ultimo, non si possono non evidenziare le potenziali criticità derivanti dalla disciplina di cui agli artt. 28 e 30 del Regolamento in merito alla gestione ed alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati. In particolare, laconicamente l'Articolo 28 stabilisce che "La gestione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca è disciplinata dalla legge dello Stato di esecuzione". Per le motivazioni esposte al punto 2 della presente prolusione con riferimento alla "arretratezza" europea nel settore dei sequestri e delle confische, in gran parte dei paesi transfrontalieri manca una puntuale disciplina della gestione del patrimonio attinto dal sequestro, come invece esiste in Italia con il D.LGS 159/2011.

Conseguentemente, vi è il concreto pericolo che il patrimonio – soprattutto aziendale – oggetto di congelamento continui ad essere gestito dal prestanome del mafioso, senza che l'amministratore giudiziario possa immediatamente allontanare i compartecipi al sodalizio criminale in assenza di una puntuale disciplina che lo preveda, rimanendo così il c.d. spossessamento un mero flatus vocis.

Inoltre, l'art 30 6 comma del regolamento "sovverte" la priorità di destinazione sociale dei beni confiscati così come prevista dal codice Antimafia di cui al D.LGS 159/2011.
Difatti tale articolo prevede che la destinazione del patrimonio è prioritariamente destinato: a) alla vendita; b) al trasferimento presso lo Stato di emissione; c) all'uso per scopi di interesse pubblico o sociali nello Stato di esecuzione conformemente al proprio diritto, previo accordo dello Stato di emissione.

E' di tutta evidenza come sarebbe opportuno, in concreto, un confronto tra gli Stati al fine di rendere omogeneo e prioritario anche il fondamentale aspetto della destinazione sociale dei beni confiscati, per evitare che esso ritorni nelle mani della medesima consorteria attinta dal provvedimento di sequestro.

In conclusione, il regolamento 1805/2018 rappresenta certamente un enorme passo in avanti per la più celere eseguibilità dei sequestri anche all'estero, ed è del tutto condivisibile la presa di coscienza da parte del legislatore europeo che una seria lotta alla criminalità economica non può che avere un respiro transnazionale. Si auspica però che alcune lacune interpretative possano essere colmate, per rendere ancor più incisivo il definitivo spossessamento dei capitali illeciti.

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Rosario Di Legami, Avvocato - Amministratore Giudiziario

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