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Ponte Morandi: possibile la modifica alla concessione senza nuova gara

La Corte Ue, sentenza nella causa C-683/22, chiarisce i criteri per interpretare la Direttiva sulle aggiudicazioni dei contratti in concessione rinviando per la valutazione concreta al giudice nazionale

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A seguito del crollo del Ponte Morandi, la modifica della concessione autostradale di Aspi avvenuta senza organizzare una nuova procedura di aggiudicazione e senza una valutazione dell’affidabilità del concessionario che si è reso autore di un grave inadempimento è legittima? Il Tar Lazio, investito della questione dall’Adusbef l’ha, a sua volta, rinviata alla Corte Ue. I giudici di Lussemburgo, sentenza nella causa C-683/22, hanno chiarito che un contratto di concessione può essere modificato senza indire una nuova procedura di aggiudicazione, qualora siano soddisfatte le condizioni previste dalla direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e ne vengano esposti i motivi e ha rinviato per la valutazione concreta al giudice nazionale.
In particolare, la Corte ha affermato che il pagamento di una compensazione non è una modifica “sostanziale” che obbliga alla nuova procedura e anche che è possibile un cambio in corsa della compagine azionaria se non si modifica la concessione. La Cgue ha però anche precisato che un inadempimento contrattuale, come quello relativo agli obblighi di sicurezza, non è un elemento imprevedibile che autorizza di per sé la modifica di una concessione senza indire una nuova procedura.

La vicenda - Nell’ottobre 2007 la società Autostrade per l’Italia S.p.A. (ASPI) ha ricevuto in concessione dalla Azienda Nazionale Autonoma delle Strade, mediante una convenzione unica, la gestione 2.800 chilometri di tratte autostradali, con scadenza 2038. La concessione comprendeva anche il Ponte Morandi, il cui crollo il 14 agosto 2018 ha provocato la morte di 43 persone. A seguito del disastro, le autorità italiane hanno aperto un procedimento per accertare la responsabilità di ASPI per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete. Il procedimento si è poi concluso con la sottoscrizione di un accordo transattivo tra ASPI e il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili. E sulla base dell’accordo – questo è il punto nodale della questione - le clausole della concessione sono state modificate senza indire una nuova procedura di gara.

La motivazione - Adita dal Tribunale amministrativo, la Corte Ue ha chiarito che, sulla base della direttiva, ogni modifica a una concessione in corso di validità richiede l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione, a meno che non siano soddisfatte tutte le condizioni previste dall’articolo 43, paragrafi 1 e 2.
In primo luogo, la necessità di modificare la concessione è determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice diligente non poteva prevedere. In secondo luogo, è necessario che la modifica non alteri la natura generale della concessione.
Tornando al caso di specie, la decisione precisa che un inadempimento contrattuale da parte del concessionario non potrebbe, di per sé, essere considerato come una circostanza imprevedibile.

Inoltre, la direttiva indica le condizioni per le quali un nuovo concessionario può sostituire il concessionario iniziale, senza che sia necessario organizzare una nuova procedura di aggiudicazione.
Nel caso in esame, l’accordo transattivo ha comportato una modifica della compagine azionaria del concessionario, in particolare la cessione di quote del capitale sociale del concessionario, ma non la sostituzione del concessionario iniziale con un nuovo concessionario. Quindi, le modifiche che incidono sul capitale sociale del concessionario, nella misura in cui non modificano la concessione, non richiedono l’organizzazione di una nuova procedura.

Infine, un’altra eccezione prevede che le modifiche che non sono «sostanziali» non devono essere oggetto di una nuova procedura di aggiudicazione. Una modifica è considerata «sostanziale» se muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa. Secondo la Corte, i nuovi obblighi imposti al concessionario, quali il pagamento di una compensazione pecuniaria o il rafforzamento degli standard di sicurezza della rete autostradale in sua concessione, non trovano applicazione nell’articolo 43, para. 4 della direttiva, in forza del quale devono sempre essere considerate «sostanziali» le modifiche che cambiano l’equilibrio economico della concessione a favore del concessionario.

Per quanto concerne l’obbligo di motivazione, la Corte ricorda essa deve consentire di identificare, senza difficoltà, i motivi per i quali l’amministrazione aggiudicatrice ha ritenuto di non essere tenuta a organizzare una nuova procedura di aggiudicazione della concessione.

Spetterà dunque al giudice nazionale valutare, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se ciascuna delle modifiche apportate dall’accordo transattivo alla concessione autostradale detenuta dalla ASPI soddisfi le condizioni previste dalla direttiva, e che di conseguenza, le modifiche potevano essere apportate senza organizzare una nuova procedura di aggiudicazione.

Per quanto concerne invece la seconda questione, conclude la decisione, una amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità senza aver valutato l’affidabilità del concessionario, qualora la circostanza rientri in una delle eccezioni che permettono di modificare una concessione senza indire una nuova procedura di applicazione, e se la modifica non riguarda il concessionario. Spetta a ciascuno Stato membro determinare le norme che permettono all’amministrazione aggiudicatrice di reagire qualora il concessionario si sia reso o sia sospettato di essersi reso autore di un grave inadempimento contrattuale, che rende dubbia la sua affidabilità, durante l’esecuzione della concessione.

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