Civile

Pop Vicenza: Consulta illegittima maxi confisca da 963mln a Zonin e altri manager

Per la Corte costituzionale, sentenza numero 7 depositata oggi, l’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario può condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati

L’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, può condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione. Con questa motivazione la Corte costituzionale sentenza numero 7 depositata oggi, ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 2641, primo e secondo comma, del codice civile, che prevedeva tale obbligo. La questione è stata sollevata dalla Cassazione nell’ambito del processo relativo alla crisi della Banca popolare di Vicenza.

In primo grado, il Tribunale di Vicenza aveva disposto, a carico di quattro imputati, la confisca di 963 milioni di euro, ritenuto corrispondente alle somme di denaro utilizzate per la commissione dei reati di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia e della Bce.

In particolare, il Tribunale aveva calcolato l’importo sommando tutti i finanziamenti concessi a terzi dalla Banca affinché acquistassero azioni della stessa Banca, senza poi dichiarare tali finanziamenti secondo le modalità previste dalla legge. In secondo grado, la Corte d’appello di Venezia aveva confermato in parte la responsabilità penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, giudicandola in contrasto con il principio di proporzionalità delle pene sancito dalla Cedu.

Il Pg aveva quindi proposto ricorso in cassazione, che poi ha sollevato questione di legittimità costituzionale.

La Corte costituzionale ha, anzitutto, osservato che la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato ha natura di vera e propria pena di carattere patrimoniale, che – in quanto tale – deve rispettare il principio di proporzionalità. Questo principio vieta, in particolare, che le pene patrimoniali risultino sproporzionate. Imporre in ogni caso di confiscare agli autori del reato l’intero importo corrispondente ai beni utilizzati per commettere un reato, anche quando i beni appartenevano ad una società, è strutturalmente suscettibile di produrre risultati sanzionatori sproporzionati, perché non consente al giudice di adeguare l’importo alle reali capacità economiche e patrimoniali delle singole persone fisiche colpite dalla confisca.

La norma è stata così dichiarata parzialmente incostituzionale. Spetterà al legislatore valutare se introdurre una nuova disciplina della confisca dei beni strumentali e delle somme di valore equivalente, nei limiti consentiti dal principio di proporzionalità, così come previsto in altri sistemi giuridici e nella stessa legislazione dell’Unione europea.

Resta invece in vigore l’obbligo di confiscare integralmente i profitti ricavati dal reato, in forma diretta e per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti effettivamente avere conseguito le utilità derivanti dal reato. Resta ferma, inoltre, la facoltà per il giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere il reato prevista in via generale dell’articolo 240 del codice penale, nel rispetto del principio di proporzionalità.

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