Primi "contrasti" giurisprudenziali in materia di locazione commerciale, affitto di azienda e ramo di azienda in epoca covid-19
Le prime pronunce emerse in materia di inadempimenti contrattuali correlati al Covid-19 hanno affrontato, da un lato, la persistenza e la misura dell'obbligo di pagamento del canone da parte del conduttore di un immobile commerciale, di un'azienda o di un ramo di azienda e, dall'altro lato, la sorte delle garanzie (anche a prima richiesta) prestate dal conduttore divenuto moroso a causa del lockdown e delle misure restrittive adottate dal Governo per fronteggiare l'emergenza sanitaria.
Ora, due recenti ordinanze del Tribunale di Roma - entrambe rese a definizione di giudizi ex art. 700 c.p.c. - offrono uno spaccato delle posizioni assunte dalla giurisprudenza medio tempore formatasi, confermandone il ruolo cruciale in assenza di un preciso dato normativo di riferimento.
Con una prima ordinanza del 25 luglio 2020, il Tribunale di Roma ha evidenziato come:
- non esista alcuna "norma di carattere generale che preveda una sospensione dell'obbligo di corrispondere i canoni di locazione";
- sia possibile ricorrere al combinato disposto degli articoli 1256 c.c. e 1464 c.c., sussistendo un'ipotesi di impossibilità della prestazione del locatore allo stesso tempo parziale (poiché è divenuto impossibile consentire al conduttore lo svolgimento della sua attività, ma è rimasto possibile e ricevibile la concessione del diritto d'uso dei locali) e temporanea (poiché l'inutilizzabilità è stata ab origine limitata nel tempo);
- trattandosi di "impossibilità parziale e temporanea, il riflesso sull'obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c., una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione [del locatore] potrà tornare ad essere compiutamente eseguita".
Il Tribunale di Roma ha quindi rigettato il ricorso cautelare promosso dal conduttore (che, tra le altre cose, chiedeva tout court la sospensione dell'obbligo di pagamento del canone) e disposto una riduzione del canone limitata al periodo di impossibilità parziale (i.e. durante il lockdown) nella misura del 70%, ex art. 1464 c.c., stante l'impossibilità di svolgere la sua attività commerciale in tale momento.
Di diverso avviso è l'ordinanza del Tribunale di Roma del 27 agosto 2020 la quale, resa in un analogo contesto fattuale, pone l'accento sull'applicazione dei principi di correttezza e buona fede.
È ormai principio pacifico che l'obbligo di buona fede e correttezza costituisca un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale che impone a entrambe le parti di un rapporto contrattuale di mantenere, entro certi limiti, un comportamento leale volto alla salvaguardia degli interessi altrui.
In tale contesto, l'ordinanza de qua, in maniera lucida e innovativa, ha svolto le seguenti considerazioni:
- la crisi economica dipesa dalla pandemia e dalla chiusura forzata delle attività commerciali deve essere qualificata come "sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale; invero, nel caso delle locazioni commerciali il contratto è stato stipulato ‘sul presupposto' di un impiego dell'immobile per l'effettivo svolgimento di attività produttiva";
- pur in assenza di clausole di rinegoziazione pattuite contrattualmente inter partes, i contratti a lungo termine devono "continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio";
- in presenza di "una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del Covid-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto (art. 1375 c.c.)";
- a fronte del rifiuto del locatore di rinegoziare il contratto alla luce del nuovo contesto fattuale, è "necessario fare ricorso alla buona fede integrativa per riportare in equilibrio il contratto".
In tale contesto, il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso cautelare del conduttore, impossibilitato a pagare il canone di locazione a seguito della pandemia e dei connessi provvedimenti restrittivi che hanno comportato la chiusura della sua attività, riportando in equilibrio il regolamento contrattuale, apportando delle modifiche e disponendo:
- per i mesi di aprile e maggio 2020 la riduzione del canone di locazione del 40%;
- per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021, la riduzione del canone di locazione del 20%, tenendo in debita considerazione il contingentamento degli accessi della clientela;
- la sospensione della fideiussione rilasciata a garanzia del pagamento dei canoni fino a una esposizione debitoria del conduttore pari a € 30.000,00.
Si tratta di una pronuncia destinata a fare giurisprudenza e a essere frequentemente richiamata negli scritti difensivi dei legali di soggetti che conducono in locazione immobili commerciali o attività produttive.
In estrema sintesi:
- secondo la prima ordinanza, gli effetti negativi dei provvedimenti governativi inciderebbero solo sulle obbligazioni di pagamento del canone relative al periodo di lockdown; mentre
- concordemente alla seconda ordinanza, in assenza di una rinegoziazione volontaria e condotta secondo correttezza e buona fede, il conduttore avrebbe diritto a vedere riequilibrato giudizialmente il rapporto negoziale, potendo ciò comportare, da un lato, una riduzione del canone anche per i periodi successivi al lockdown e, dall'altro lato, una maggiore "flessibilità" del locatore relativamente alle garanzie prestate dal conduttore.
Non resta che attendere gli ulteriori sviluppi giurisprudenziali per verificare su quale posizione si assesterà la giurisprudenza.