Procacciatori di affari e mediatori: dopo i contrasti è il momento di una soluzione
Il procacciatore di affari è un mediatore? Un interrogativo che, dopo anni di contrasti e orientamenti discordanti, a breve, avrà una soluzione e una risposta definitiva. Sul tema infatti le sezioni Unite civili sono state chiamate a fare chiarezza e mettere la parola fine.
La norma - Il Dlgs 59 del 2010 ha, come noto, abrogato il ruolo degli agenti di affari in mediazione prevedendo, per i mediatori, l'iscrizione nei registri delle imprese o nei repertori tenuti dalla camera di commercio. L'iscrizione è condicio sine qua non per poter accedere al diritto alla provvigione (Cassazione civile n. 16147 del 2010; Cassazione civile n. 762 del 2014).
Gli orientamenti più datati - L'orientamento risalente e collaudato della giurisprudenza esclude che un onere analogo gravi sul procacciatore di affari ossia il professionista che sia stato incaricato di svolgere un'attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni (cosiddetta mediazione unilaterale o atipica): ciò per la ontologica differenza esistente tra le due figure, rinvenuta nella posizione di terzietà che assume il mediatore cosiddetto tipico, a differenza del rapporto che collega il procacciatore al cliente o preponente (vedi Cassazione 19066/2006; Cassazione 7332/2009).
Gli indirizzi recenti - Il più recente approdo interpretativo, tuttavia, tende invece ad attrarre nell'orbita della mediazione tipica anche figure a essa eccentriche, «per combattere la piaga dell'abusivismo, soprattutto da parte di persone moralmente e professionalmente inidonee» (leggi Cassazione civile n. 22558 del 2015); riconducendo il procacciatore di affari a una forma di mediazione latu sensu intesa, si predica così l'onere della iscrizione del registro pubblico per poter vantare il diritto alla provvigione (Cassazione civile n. 15473 del 2011).
Il dibattito sul tema - In tempi recenti, l'importanza del contrasto – e, in particolare, dei suoi risvolti pratico-applicativi – ha indotto il Collegio di legittimità a richiedere l'intervento delle sezioni Unite. In occasione dell'ordinanza di remissione al Supremo consesso nella sua massima composizione, la Cassazione ha avuto modo di svolgere nuove riflessioni, arricchendo il dibattito sul tema: in particolare, il Collegio ha segnalato il pericolo di compressione del diritto del (libero) procacciatore di affari a ottenere il compenso - anche solo uno latere - per il lavoro svolto, quale affermato in sede Eurounitaria per l'agente di commercio rispetto al principio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi - ex direttiva del Consiglio (CEE) n. 86/653/1986 (v. Cass. Civ., 4 novembre 2015 n. 22558).
La Corte ha anche evidenziato la questione relativa alla possibilità per il mediatore non iscritto nei ruoli (e quindi, per la ricordata estensione interpretativa, anche al procacciatore di affari), di esercitare l'azione di ingiustificato arricchimento, possibilità negata sulla base della ritenuta natura sanzionatoria della previsione di cui all'articolo 8 della legge 39/1989 (vedi Cassazione 4635/2002; Cassazione 10205/2011), soluzione questa conforme all'applicazione dei principi sul riscontro dei necessari presupposti dell'azione ex art. 2041 cod. civ. ma foriera di distorsioni applicative.
Le sezioni Unite - L'attesa pronuncia delle Sezioni Unite costituirà l'occasione per delimitare l'esatto perimetro applicativo dell'art. 1754 c.c. ma anche per individuare, con esattezza, il regime giuridico di riferimento per il soggetto che abbia svolto un'attività professionale di mediazione, in assenza di rituale iscrizione.