Cittadinanza “iure sanguinis”, il Tribunale di Campobasso interviene sull’applicabilità del DL 36/2025
Il Tribunale si è espresso sull’applicabilità ratione temporis e ratione personae del recente DL 36/2025 (non ancora convertito in legge), con cui il Governo ha radicalmente modificato i presupposti per il riconoscimento della cittadinanza per discendenza di sangue
La vicenda all’esame del Tribunale di Campobasso
Con la sentenza n. 375/2025 ex. art. 281 undecies e ss. c.p.c. del 2 maggio 2025 il Tribunale di Campobasso, nel riconoscere lo status di cittadini italiani per discendenza (iure sanguinis) di alcuni ricorrenti italo-americani, si è espresso sull’applicabilità ratione temporis e ratione personae del recente Decreto-Legge 36/2025 del 28 marzo 2025 (non ancora convertito in legge), con cui il Governo ha radicalmente modificato i presupposti per il riconoscimento della cittadinanza per discendenza di sangue.
I ricorrenti avevano agito per ottenere l’accertamento del proprio status di cittadini italiani iure sanguinis, in virtù della ininterrotta discendenza da una bisnonna nata in provincia di Campobasso ed emigrata negli Stati Uniti, che non aveva mai rinunciato alla cittadinanza italiana. Il Ministero dell’Interno si era costituito chiedendo, inter alia, il rigetto della domanda alla luce del nuovo Decreto-legge n. 36/2025 che a suo dire sarebbe stato comunque applicabile al caso specifico, ancorché avviato ben prima della data della sua entrata in vigore (29 marzo 2025). Ed in effetti, nel caso di specie, né i ricorrenti né i loro genitori, né i loro nonni erano nati nel territorio italiano, di tal ché, secondo le nuove regole previste nel suddetto Decreto-Legge, essi non avrebbero potuto avere diritto alla cittadinanza italiana iure sanguinis. Inoltre, il Ministero aveva chiesto la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 L. 91/1992 sollevata dal Tribunale di Bologna (la cui udienza di discussione è stata fissata per il 24 giugno 2025).
Il Decreto Legge 28 marzo 2025 n. 36
Il Decreto Legge 28 marzo 2025, n. 36, recante “Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza”, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2025 ed è entrato in vigore il 29 marzo 2025.
Il decreto è intervenuto sulla legge 5 febbraio 1992, n. 91, introducendo l’articolo 3-bis, con l’obiettivo di riformare le modalità di trasmissione della cittadinanza italiana per discendenza di sangue mirando – secondo quanto indicato dal Governo - a garantire che la cittadinanza sia attribuita automaticamente solo a coloro che mantengano un legame effettivo con l’Italia.
A seguito di tale novella, quindi, la trasmissione automatica della cittadinanza “iure sanguinis” è stata sostanzialmente limitata alle persone che, sebbene siano nate all’estero, abbiano almeno un genitore od un ascendente di primo grado nato in Italia, mentre tutti gli altri italo-discendenti (anche coloro nati prima dell’entrata in vigore del Decreto-legge) vengono considerati come “non avere mai acquistato la cittadinanza italiana”.
Il medesimo articolo dispone che chi abbia presentato domanda amministrativa o giudiziale di riconoscimento entro il 27 marzo 2025 ore 23.59 possa beneficiare dell’applicazione della normativa previgente.
In sostanza quindi, il Governo ha introdotto nel nostro ordinamento un principio ibrido tra ius sanguinis e ius soli, allo scopo – chiarito espressamente – di rispondere al crescente numero di domande di riconoscimento della cittadinanza italiana da parte di italo-discendenti che, sempre a parere del Governo, non presenterebbero un legame effettivo con l’Italia.
La decisione del Tribunale di Campobasso
Il Decreto, per la sua formulazione, ha sollevato sin da subito una molteplicità di dubbi circa la sua rispondenza ai principi fondamentali dell’ordinamento italiano, sia di rango costituzionale che ordinario.
Nell’ambito degli articolati e numerosi motivi alla base della sentenza, quello che pare di più immediato interesse è certamente relativo all’applicabilità ratione temporis e ratione personae del Decreto: il giudice del Tribunale di Campobasso, accogliendo le argomentazioni svolte dai ricorrenti, ha statuito al punto 4 della sentenza che il Decreto Legge 36/2025 non ha natura retroattiva e ciò non solo e non tanto in ragione del fatto che la domanda giudiziale di riconoscimento era stata presentata in data antecedente alla sua entrata in vigore (rectius, in data antecedente a quella indicata dal Decreto medesimo - 28 marzo 2025 – che però non coincide con la data di entrata in vigore del Decreto secondo il suo articolo 2 che è il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, dunque, il 29 marzo 2025), ma soprattutto per un argomento generale e sistematico dell’ordinamento italiano. Sostiene infatti il Tribunale: “Ne consegue, a tutta evidenza, che la normativa sopravvenuta richiamata dalla parte convenuta non sia applicabile al caso di specie, e ciò non solo in ragione di quanto espressamente ivi previsto e sopra riportato, ma anche in considerazione del generale principio dell’irretroattività della legge, che “non dispone che per l’avvenire” (art. 11 Preleggi)”.
A supporto di ciò, il Tribunale aggiunge anche la formale e corretta constatazione che il testo del Decreto non prevede espressamente la sua natura retroattiva. Ed invero, affinché il legislatore possa pretendere di applicare retroattivamente una norma di nuovo conio, deve prevederlo espressamente, oltreché motivare tale opzione (di per sé assolutamente eccezionale e comunque da escludersi nel campo di diritti fondamentali quali quello della cittadinanza italiana dalla nascita). Non avendolo fatto, la norma non può pretendere di opporre ai suoi destinatari nuove condizioni, laddove esse non possano essere soddisfatte alla data della sua entrata in vigore.
Nel caso di specie, la nuova normativa non potrebbe certamente pretendere che si modifichi il luogo di nascita dei genitori o dei nonni, trattandosi di situazioni già esaurite nel passato. Sotto questo profilo, l’unica lettura realmente non-retroattiva del Decreto-Legge sembrerebbe portare alla seguente conclusione: coloro che nascono da genitore italiano dopo il 29 marzo 2025 costituirebbero la “prima” generazione di discendenti nati fuori dal territorio italiano a partire dalla quale contare le successive “due” generazioni di discendenti nati fuori dal territorio. In altre parole, rebus sic stantibus, solo il “nipote” di colui che nasce dopo il 29 marzo 2025 potrebbe non essere considerato più cittadino italiano (assumendo che queste ultime tre generazioni siano nate fuori dal territorio italiano).
Infine, il Tribunale si è altresì espresso nuovamente (come aveva già avuto modo di fare nel mese di febbraio con la pubblicazione dell’orientamento della sezione specializzata del Tribunale circa il rinvio alla Corte Costituzionale effettuato dal Tribunale di Bologna, ritenuto infondato per una serie di articolati motivi) sull’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, Legge 91/92 sollevata dal Tribunale di Bologna e ripresa pedissequamente dal Ministero dell’Interno nella causa di specie, e quindi rigettando la richiesta di sospensione (impropria) ex art. 295 c.p.c. proposta dall’Amministrazione resistente.
L’impatto della decisione del Tribunale di Campobasso
La pronuncia in parola riveste particolare importanza pratica nell’ambito delle cause di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, attuali e potenziali, che sono state fortemente condizionate dall’approvazione del Decreto Legge n. 36/2025.
Il Tribunale, nel ribadire che la nuova normativa è applicabile solo per il futuro, l’ha interpretata coerentemente con l’art. 11 delle preleggi ed in modo opposto a quanto indicato dal resistente Ministero dell’Interno nella causa di merito. Laddove tale interpretazione fosse accolta anche da altri Tribunali, si potrebbe creare un filone giurisprudenziale costituzionalmente orientato ed improntato alla maggior tutela delle situazioni giuridiche già createsi in capo agli italo- discendenti. Ciò sempre che, nel frattempo, il Parlamento non converta il Decreto-Legge n. 36/2025 ovvero lo faccia chiarendo il suo ambito di applicazione. Resta, infine, da ricordare che la “costituzionalità” – sotto il profilo de qua, ma anche sotto ulteriori profili - di questo ius superveniens potrebbe essere scrutinato dalla stessa Corte Costituzionale in occasione dell’incidente costituzionale già pendente ed avente ad oggetto la “precedente normativa” (eventualmente, rimettendo a sé stessa la questione). Ed invero, il caso di specie dimostra che possono prodursi interferenze giuridiche tra “vecchio” e “nuovo” regime, con conseguente incertezza giuridica che occorrerebbe scongiurare soprattutto se si tiene conto che riguarda un aspetto delicato e centrale – quale la cittadinanza - tanto per i cittadini quanto per lo Stato.