Il CommentoCivile

Procedimento di mediazione, la partecipazione della parte per procura

L'espressa previsione della possibilità di partecipare mediante un delegato rende necessaria una riflessione sulla forma in cui debba essere rilasciata la procura affinché sia idonea a trasmettere tutti i poteri di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto

di Antonio Ferraguto*

La Riforma del processo civile (D. Lgs. n. 149/2022) pone l'accento sulla partecipazione personale delle parti all'incontro di mediazione, ma prevede anche la possibilità di delegare un terzo. Il nuovo articolo 8 del D. Lgs. n. 28/2010 prevede, infatti, al comma 4 che "le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione" e che "in presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia".

Si potrebbe pensare che la seconda parte di questa disposizione si ponga in contrasto con il principio di partecipazione effettiva e attiva della parte alla procedura di mediazione, ma invece rappresenta un ulteriore strumento partecipativo che permette a chi, per apprezzabili ragioni, non potendo partecipare di persona agli incontri fissati dal mediatore, rischierebbe di far fallire lo stesso tentativo di mediazione ovvero di prolungarne eccessivamente la durata.

L'espressa previsione della possibilità di partecipare mediante un delegato rende necessaria una riflessione sulla forma in cui debba essere rilasciata la procura affinché sia idonea a trasmettere tutti i poteri di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto.

Occorre anche valutare se la parte possa essere sostituita da chiunque ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo difensore.

Il tema è stato affrontato anteriormente alla riforma da una nota pronuncia della giurisprudenza di legittimità ( Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2019, n. 8473 ), la quale ha ribadito la necessaria presenza delle parti per il valido espletamento della procedura di mediazione e si è preoccupata di stabilire, nei casi in cui la parte dovesse farsi sostituire, i modi e le forme dell'atto con il quale dovessero essere conferiti i poteri di rappresentanza.

In sintesi, la Suprema Corte ha ribadito che l'atto che permette di rappresentare validamente la parte dinanzi al mediatore deve essere redatto nella forma della procura sostanziale, in modo tale che si conferisca ad un soggetto terzo o al proprio difensore il potere di sostituire sé stesso anche nella disposizione del diritto controverso.

Aggiunge la Cassazione che la parte che non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi sostituire da chiunque e, quindi, anche dal proprio difensore , con l'avvertenza che la procura speciale sostanziale per la partecipazione in sostituzione della parte non rientra nei poteri di autenticazione dell'avvocato, neppure se il potere è conferito allo stesso professionista.

D'altro canto, ha precisato la Suprema Corte, la procura alle liti conferita al difensore, pur se comprensiva di ogni potere giudiziale e stragiudiziale ed anche del potere di conciliare la controversia (art. 185 c.p.c.), è pur sempre una procura dal valore meramente processuale, che "non attribuisce all'avvocato la rappresentanza sostanziale della parte".

Va peraltro subito sottolineato che la Suprema Corte non ha mai affermato che una tale procura speciale sostanziale debba essere sempre autenticata da notaio o da un pubblico ufficiale autorizzato, contrariamente a quanto traspare dalle decisioni di alcuni giudici di merito, spesso apodittiche sul punto, come nel seguito precisato.

In proposito, la più attenta giurisprudenza ha formulato rilevanti e decisive osservazioni, che nel seguito riportiamo per una migliore disamina.

E così, con la recentissima sentenza n. 571 del 31.10.2022, il Tribunale di Ravenna, nel respingere l'eccezione di nullità del procedimento di mediazione, in ragione dell'asserita mancanza di valida procura in capo al difensore, ha osservato che "la norma cardine è costituita dall'art. 1392 c.c. che impone che la procura, a pena d'inefficacia, debba avere la stessa forma prescritta per il contratto che il rappresentante deve concludere. Il principio è stato pienamente recepito dalla nota sentenza della Suprema Corte ( Cass. Civ. 27/03/2019 n° 8473 ) che sul punto specifico ha statuito che la procura debba essere speciale e sostanziale e cioè possedere le caratteristiche di specialità, in funzione proprio dello specifico procedimento di mediazione, e di conferimento dei poteri di disporre dei diritti oggetto del procedimento mediatorio".

Ha precisato la Suprema Corte (prosegue il Tribunale di Ravenna) che tale procura non possa essere ricompresa in quella "ad litem" e che non possa essere oggetto di autenticazione della firma da parte del difensore perché privo di tale potere. La giurisprudenza di merito si è assolutamente adeguata confermando la sufficienza appunto solo di una libera procura speciale sostanziale e che l'ulteriore requisito dell'autenticazione della firma sia necessario solo ed esclusivamente per il perfezionamento di atti che tale forma richiedono (Trib. Roma 23/11/2021 n.18271 - Trib. Napoli 10/02/2022 n.1488 - C. App. L'Aquila 15/07/2021 n.1129 - Trib. Crotone 05/01/2021 - Trib. Pordenone 07/12/2020 n.647 - Trib. Milano 11/06/2019 n.5605).

"Sul punto (precisa sempre il Tribunale di Ravenna) non può essere condiviso Trib. Genova 15/02/2022, cui si richiama parte opponente, in quanto nella sua disamina di Cass. Civ. 8473/2019 attribuisce alla Suprema Corte affermazioni non corrispondenti alla motivazione della sentenza: afferma, infatti, (detto) Giudice che dalla citata sentenza «si deduce che la procura conferita per il procedimento di mediazione debba essere autenticata da notaio», deduzione assolutamente non conforme a quanto effettivamente affermato dalla Corte e che porta poi il Giudice ad una inammissibile sovrapposizione tra procura speciale sostanziale e procura autenticata da notaio, "id est" (sic. pg. 3), la procura infatti può essere con firma autenticata oppure no e ciò dipende dal tipo di atto alla cui stipula è finalizzata e così come espressamente previsto dall'art. 1392 c.c.".

Analogamente, il Tribunale di Oristano con la sentenza n. 194 del 06/04/2022 , ha respinto l'eccezione pregiudiziale di improcedibilità delle domande per difetto di mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis del D.lgs. 28/2010, sottolineando che: "In mancanza di diversa previsione, occorre muovere dal generale disposto dell'art. 1392 cod. civ., secondo cui per la procura è richiesta la stessa forma del contratto da concludere, norma fondamentale, recante il principio di simmetria formale tra il negozio rappresentativo e la procura".

Anche il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 5605 del 11/06/2019, con riferimento al conferimento di una procura speciale sostanziale in mediazione (in quel caso al difensore), ha affermato che: "la procura conferita allo stesso (difensore) risulta valida e idonea a investirlo del potere di rappresentare la parte: si tratta, infatti, di una procura specifica e "sostanziale"…, con espressa previsione del potere di "conciliare" la controversia innanzi al mediatore; la circostanza che la procura in questione sia stata autenticata dallo stesso difensore-rappresentante non ha rilevanza, posto che nessuna norma prevede che nel procedimento di mediazione la rappresentanza sostanziale di una parte debba necessariamente essere conferita in forma autenticata e, pertanto, anche per la partecipazione all'incontro di mediazione in nome e per conto di un soggetto non può che essere richiesta la forma necessaria per l'atto che deve essere sottoscritto (art.1392 c.c.)".
Nel caso di specie, come detto, nessuna norma prevede che per la partecipazione all'incontro di mediazione sia necessaria la procura notarile o equipollente, né la materia del contendere (contratto di locazione) richiedeva o richiede particolari forme per la definizione negoziale della vertenza; inoltre, posto che per la procedura di mediazione è prevista l'assistenza del difensore e che, come riconosciuto nella pronuncia della S.C. richiamata, lo stesso difensore può essere delegato anche alla rappresentanza sostanziale non si vede perché dovrebbero esistere requisiti di forma ancora più stringenti di quel procura a stare in giudizio, con la quale possono essere conferite le più ampie facoltà di transigere, disponendo dei diritti sostanziali della parte rappresentata".

La migliore giurisprudenza di merito si è adeguata a tali principi, confermando la sufficienza appunto solo di una libera procura speciale sostanziale e che l'ulteriore requisito dell'autenticazione della firma sia necessario solo ed esclusivamente per il perfezionamento di atti che tale forma richiedano.

Nello stesso senso la dottrina specifica in materia di mediazione (cfr. ad esempio: Norme&Tributi Plus Diritto|9 giugno 2021|di Antonio Ferraguto, Camilla Capaldo ).

Pertanto, richiamando l'art. 1392 del Codice civile, la procura dovrà avere la forma richiesta dalla natura e dall'oggetto dell'accordo che si andrebbe a concludere. Per cui supponendo che l'avvocato sia delegato a sottoscrivere il verbale di mediazione che è qualificabile come scrittura privata non autenticata, anche la procura sostanziale dovrà essere rilasciata nella medesima forma, senza alcuna necessità di una procura speciale sostanziale autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale.

È giusto, a questo punto, dare atto anche di quel filone giurisprudenziale che, sull'errato assunto che ciò sarebbe stato affermato dalla Suprema Corte nella citata sentenza 8473/2019, ritiene necessario che la procura sostanziale sia autenticata da Notaio.
Si tratta, per lo più, di decisioni che, appunto, partono da una premessa errata, oppure semplicemente giungono a conclusioni apodittiche che non motivano, cioè, l'affermazione di una necessità di un'autentica notarile non prevista da alcuna norma dell'ordinamento.

E così, a titolo esemplificativo, la Corte d'Appello di Napoli, Sez. II, sentenza n.3227 del 29/09/2020 ha ritenuto invalido il procedimento di mediazione obbligatorio ai sensi del D.lgs. n. 28/2010, sostenendo che "il rappresentato, quindi – trattandosi di rappresentanza avente natura negoziale e non processuale – deve conferire adeguata procura ad negotia che autorizzi il rappresentante ad agire in nome e per conto, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti e solo la procura notarile speciale, redatta per il singolo affare, è idonea a fornire le indispensabili garanzie sulla sua utilizzabilità nei riguardi di terzi": affermazione chiaramente priva di un esplicito fondamento normativo.

Anche il Tribunale di Torino, Sez. III, sentenza n. 3922 del 12/08/2019, senza fornire un'appagante motivazione, sostiene apoditticamente che nel caso lì in esame "tale procura speciale non può reputarsi validamente rilasciata perché recante sottoscrizione della delegante priva di autenticazione da parte di pubblico ufficiale a ciò autorizzato dalle legge", ancora una volta senza fornire alcun riferimento normativo o giurisprudenziale che motivi una tale affermazione.

Del pari il Tribunale di Salerno, Sez. I sentenza del 15/01/2020, dopo aver richiamato la sentenza di Cassazione n. 8473 del 2019, ha statuito che: "Nel caso di specie, la sostituzione degli opponenti non può ritenersi valida, mancando una procura speciale sostanziale autenticata che conferisca al procuratore il potere di disporre rispetto alla res controversa", ma ancora una volta senza indicare alcun fondamento legislativo.

E ancora, il Tribunale di Caltagirone, Sez. Unica civile, sentenza n. 459 del 17/11/2021 ha sostenuto che: "la parte che non voglia o non possa […] partecipare all'incontro di mediazione, deve farsi liberamente sostituire da chiunque (e quindi anche dal proprio difensore), ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale autenticata dal Notaio, non rientrando nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista": ma ancora una volta, il fatto che la procura sostanziale non sia autenticabile dal difensore, non significa affatto che debba essere sempre autenticata bensì, come precisato dalla più attenta giurisprudenza, solo nei casi in cui sia prevista dalla legge la forma dell'autentica per la stipulazione del relativo contratto (art. 1392 c.c.) ".

A sostegno di quanto appena detto, va sottolineato che la mediazione è uno strumento che stimola il senso di responsabilità dei soggetti nell'autonoma risoluzione della lite e sia la Dottrina che la Giurisprudenza riconducono l'accordo di conciliazione all'esito della procedura di mediazione obbligatoria alla disciplina della transazione prevista dall'art. 1965 Codice civile, sulla scorta del comune carattere di composizione della lite di natura stragiudiziale.

Il parallelismo con la transazione permette di mettere in luce l'essenza della mediazione: essa è una alternativa al processo nello stesso modo in cui lo è la transazione, può essere definita una sorta di transazione assistita perché tra le parti si affianca la figura del mediatore in qualità di facilitatore della comunicazione. Tale comunicazione è destinata a concludersi con un accordo che sul piano civilistico assume la forma di un negozio giuridico tra parti private avente i medesimi effetti della transazione.

Ed è quindi evidente che la forma della transazione debba corrispondere ai requisiti richiesti dall'art. 1350, n. 12 cod. civ. e così la procura speciale sostanziale a rappresentare la parte nella stipulazione, ai sensi dell'art. 1392 cod. civ.

In proposito, va ulteriormente osservato che la "riforma Cartabia" ha come obiettivo la riduzione dei tempi dei processi e mira, quindi, anche al potenziamento del ruolo della mediazione, cercando di ottenere una miglior efficienza dell'amministrazione della giustizia, sgravata dalle controversie definite stragiudizialmente.

Nell'ottica di una migliore efficienza, il D.lgs. 149/2022 mette quindi al centro anche la digitalizzazione del processo ed anche della mediazione, introducendo nel D.lgs. n.28/2010 l'articolo 8-bis secondo cui, tutte le volte che la mediazione si svolga attraverso un collegamento audiovisivo da remoto, ogni atto del procedimento deve essere formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del Codice dell'Amministrazione Digitale (D.lgs. n. 82/2005) e può essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato.

Il comma 3 dell'art. 8-bis colloca importanti innovazioni in merito alla forma e alla sottoscrizione del verbale conclusivo della mediazione: si dispone, infatti, che il mediatore formi un unico documento informatico, contenente il verbale e l'eventuale accordo. Questo documento informatico verrà, quindi, inviato alle parti affinché possano apporre la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata. Tutti i documenti informatici prodotti durante la procedura di mediazione devono essere assoggettati a conservazione permanente secondo quanto previsto dell'art. 43 CAD.

Ora, nell'era del processo telematico, il documento informatico sul quale viene apposta la firma digitale è giuridicamente equiparato alla tradizionale firma autografa.
La firma digitale è una sottoscrizione elettronica, basata su un certificato digitale e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che permette tramite la loro interazione di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici, indipendentemente dal tipo di supporto fisico sul quale è memorizzato.

La firma digitale attesta la genuinità, la provenienza, la paternità e l'integrità dell'atto informatico. Essa è costituita da un certificato qualificato rilasciato da Certificatori autorizzati e può essere apposta ad un documento informatico mediante un particolare dispositivo. Per rilasciare il certificato, il certificatore deve identificare con certezza il soggetto a cui lo rilascia (art. 32, comma 3 CAD), garantire un servizio sicuro e tempestivo di revoca e sospensione dei certificati elettronici e conservare dal momento della sua emissione le informazioni relative al certificato qualificato almeno per venti anni. Per contro il titolare del certificato, oltre a commettere un reato nel caso in cui abbia dichiarato o attestato falsamente la sua identità o stato o altre qualità, è tenuto sia a custodire il dispositivo di firma, sia a utilizzarlo in via esclusiva (art. 32, comma 3 CAD).

Tali requisiti sono il presupposto perché un documento sottoscritto con firma digitale abbia l'efficacia prevista dall'articolo 2702 Codice Civile come affermato dall'articolo 21, comma 2, CAD: "il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 20, comma 3, che garantiscano l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento, ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile" (la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta. L'utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria)".

Oltre a fornire la certezza del mittente, il meccanismo della firma digitale attribuisce anche la certezza della data e dell'ora in cui il documento è stato redatto, attraverso la marcatura temporale, che consiste nell'apposizione da parte di un certificatore di un'ulteriore firma (servizio di marcatura), mediante la chiave privata di quest'ultimo.

Chiunque potrà verificare l'integrità del documento e la validità del certificato accedendo ad internet, dove possono essere reperite le relative informazioni.

Il CAD, quindi, fa riferimento alla sola efficacia della scrittura privata non attribuisce al documento l'efficacia propria dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, di fatti, quando è prevista per la validità dell'atto la forma dell'atto pubblico, ex art. 2703 Codice civile, è necessario che la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata venga autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Quindi rispetto a quanto affermato in precedenza, deve ritenersi che anche la procura rilasciata dalla parte con firma digitale sia idonea per farsi validamente sostituire nella mediazione in tutti i casi in cui la mediazione non abbia ad oggetto atti soggetti a trascrizione, ai sensi dell'art. 2643 cod. civ.

Quanto, poi, all'eventuale perfezionamento dell'accordo di conciliazione in mediazione, è stato precisato che, ove il prescritto tentativo riesca, così dispone l'art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 28 del 2010: "se è raggiunto l'accordo amichevole [...], si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere"; "se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 del Codice civile (atti soggetti a trascrizione, n.d.r.), per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato".
Secondo il tenore letterale della disposizione, si distingue dalla generalità dei casi, tipicamente riconducibili alla stipula di un contratto con causa transattiva, per il quale è prevista la forma scritta soltanto ad probationem, a norma dell'art. 1967 Codice civile, a meno che sia richiesta la forma scritta ad substantiam, a norma dell'art. 1350, n. 12, il caso particolare in cui le parti concludano un contratto o compiano un atto ad effetti traslativi della proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, nel qual caso, e solo in tal caso, ai fini della trascrizione, la sottoscrizione deve essere autenticata da un notaio, in conformità dell'art. 2657.
In ogni altro caso, per tutti i rapporti relativi a rapporti obbligatori, il mediatore si limita a certificare l'autografia, rispetto alla sottoscrizione apposta dalle parti al verbale di conciliazione, con una incombenza che costituisce evidentemente un quid minus, rispetto al controllo notarile. Questa differenza, coerente con la circostanza che il verbale di mediazione non è, di per sé, titolo idoneo alla trascrizione, è stata colta dalla dottrina: nella certificazione dell'autografia della firma, resa dal mediatore, si è visto un potere di autentica c.d. minore, insufficiente a modificare la natura del documento in cui è racchiuso il contratto, il quale rimane, quanto alla forma, una semplice scrittura privata non autenticata, ai sensi dell'art. 2702, e non una scrittura privata con sottoscrizione autenticata, ai sensi dell'art. 2703, per la formazione della quale è richiesto l'intervento del notaio" (così, tra gli altri, Tribunale di Milano, sentenza n. 5605 del 11/06/2019).

Per tutto quanto finora osservato, appare dunque auspicabile un nuovo intervento della Suprema Corte di Cassazione per ribadire, nel suo ruolo di garante dell'uniforme interpretazione della legge e dell'unità del diritto oggettivo nazionale, i principi affermati dalla migliore giurisprudenza in tema di forma dell'autentica in mediazione, che consenta maggiore certezza e applicazione omogenea dell'istituto.

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*A cura di Antonio Ferraguto, Partner La Scala Società tra Avvocati