Penale

Processo penale, deposito telematico allargato a più atti

di Guido Camera

Un altro bel altro passo verso la digitalizzazione del processo penale: lo prevede il decreto del ministero della Giustizia pubblicato giovedì in Gazzetta Ufficiale, in vigore a partire dal 5 febbraio. La novità è che viene ora previsto il deposito telematico obbligatorio – ma soprattutto esclusivo - mediante la procedura introdotta dal Dl 137/2020 (“Decreto Ristori”), di una serie di atti del procedimento penale (principalmente delle indagini preliminari) molto importanti e frequenti, ovvero:

1)l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal Pm;

2) la denuncia della notizia di reato formulata da parte dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio;

3) la dichiarazione di querela proposta dai privati, anche se per mezzo di procuratore speciale;

4) la nomina del difensore, la rinuncia e la revoca del mandato difensivo.

Il decreto rinvia a un futuro provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del ministero della Giustizia per l’individuazione delle modalità operative, anche se è ragionevole ipotizzare che saranno le stesse che oggi disciplinano il deposito telematico degli altri atti del procedimento penale per cui è già consentito. In assenza di una norma transitoria, si aprono degli interrogativi in sulla regolarità degli atti per cui il legislatore ha ora previsto l’obbligo esclusivo del solo deposito telematico. Nel periodo pandemico, infatti, molte Procure caldeggiavano (giustamente), il deposito telematico degli atti indicati nel nuovo decreto ministeriale, con particolare riferimento alle querele dei privati.

La questione è rilevante perché le querele e le denunce sono gli atti che danno impulso al procedimento penale, e una loro eventuale irregolarità potrebbe avere conseguenze molto negative per i diritti dei cittadini.

Una recente ordinanza del Gip di Perugia, depositata il 13 novembre 2020, ha stabilito che le denunce presentate direttamente dai privati per posta elettronica, anche se certificata, non possono dare impulso a un procedimento penale perché non si può attestare l’identità del mittente e non possono neanche essere qualificate come documento anonimo. Tale decisione sembra confortare una lettura in forza del quale detto problema non si ponga per le querele e le denunce dei privati trasmesse telematicamente dal difensore o dal procuratore speciale e per le denunce dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio, ovvero soggetti in relazione ai quali il problema dell’identificazione del mittente non esiste. In particolare, va ricordato che la firma del privato sulla querela o la denuncia deve essere autenticata dal difensore.

La Cassazione, in una recente sentenza (n.25606/2020), ha poi stabilito che le notificazioni a mezzo Pec degli atti delle parti private sono equiparate alla notifica per mezzo della posta; poiché l’articolo 337 del Codice di procedura penale da sempre prevede la possibilità di spedire per posta la querela, con firma del querelante autentica, il problema dell’irritualità delle querele presentate telematicamente prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale del 13 gennaio non dovrebbe concretamente porsi.

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