Penale

Proroga della riforma del processo penale, parola alla Corte costituzionale

Il Tribunale di Siena solleva la questione di legittimità sull’articolo 6 del decreto legge 162/2022 che, tra l’altro, estende di due mesi la procedibilità d’ufficio per i reati che la riforma rende perseguibili solo a querela

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di Guido Camera e Valentina Maglione

Va alla Consulta la proroga di due mesi – dal 1° novembre al 30 dicembre 2022 – dell’entrata in vigore del decreto legislativo che attua la riforma del processo penale (150/2022), decisa dal Governo Meloni con il suo primo decreto legge (162/2022). A chiamare la Corte costituzionale a pronunciarsi è il Tribunale di Siena ( giudice Spina, ordinanza dell’11 novembre 2022), che ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto legge 162/2022 che, tra l’altro, ha l’effetto di estendere la procedibilità d’ufficio per i reati che la riforma penale ha deciso di rendere perseguibili solo a querela, «precludendo così il riconoscimento – si legge nell’ordinanza – di già maturate fattispecie estintive della punibilità, in evidente assenza di sufficienti ragioni che possano giustificare il diverso e più deteriore trattamento penale che consegue alla vigenza della censurata disposizione». Una decisione significativa, perché il principio che esprime vale per tutte le nuove norme in materia di sanzioni previste dalla riforma, meno afflittive perché collegate alla giustizia riparativa.

La questione è stata sollevata in un processo penale in cui all’imputato erano stati contestati i reati di violenza privata e di danneggiamento. La persona offesa, dopo aver fatto inizialmente querela, aveva poi presentato la remissione di querela, ma il procedimento era andato avanti perché l’azione penale era stata esercitata d’ufficio dal pubblico ministero.

Ora, il decreto legislativo 150/2022, con l’obiettivo di deflazionare gli affari penali, ha stabilito di modificare il regime di procedibilità per otto delitti e due contravvenzioni che, con l’entrata in vigore della riforma, passeranno dall’essere perseguibili d’ufficio al richiedere necessariamente la querela. Tra questi, ci sono i reati di violenza privata e danneggiamento (previsti rispettivamente dagli articoli 610 e 635 del Codice penale). In pratica, «si è condizionata – scrive il Tribunale di Siena – la procedibilità dell’azione penale a una concreta manifestazione di volontà da parte del soggetto offeso, riservando così a quest’ultimo il potere di decidere circa l’opportunità di una tutela penale dei beni offesi dai predetti reati». Inoltre, la remissione di querela viene inclusa tra le fattispecie estintive della punibilità di questi reati.

Si tratta di norme più favorevoli al reo, che porterebbero alla conclusione del processo – scrive il giudice – con una sentenza di non luogo a procedere. L’entrata in vigore del decreto legislativo 150/2022 era prevista per il 1° novembre scorso, ma il decreto legge 162/2022, adottato il 31 ottobre ed entrato in vigore il giorno stesso, ha prorogato al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore dell’intero decreto legislativo 150: ciò impedisce che nel caso all’esame del Tribunale si dispieghi «la concreta efficacia operativa dei più favorevoli mutamenti nel regime di procedibilità».

Di qui, la questione di legittimità costituzionale della disposizione di proroga sostenuta, si legge nell’ordinanza, da ragioni di invalidità formale e sostanziale.

La proroga dell’entrata in vigore contrasterebbe infatti con l’articolo 73, comma 3, della Costituzione, che escluderebbe che un atto normativo possa incidere sui termini di entrata in vigore di un altro atto normativo, e con l’articolo 77 della Costituzione, per «palese carenza» dei requisiti di necessità e d’urgenza richiesti per l’emanazione di un decreto legge, testimoniata peraltro dal fatto che il decreto legge 162 contiene «norme eterogenee», prive di «una matrice unitaria» (il provvedimento si occupa, oltre che di diritto penale, con le norme sull’ergastolo ostativo e quelle contro i rave, anche di anticipare la fine dell’obbligo per i sanitari delle vaccinazioni contro il Covid). Inoltre, la proroga contrasterebbe con gli articoli 3 e 117, comma 1, della Costituzione perché di fatto realizza una ultrattività di norme più sfavorevoli che si è deciso di superare.

Il Tribunale rimette quindi la questione alla Consulta e, nell’attesa che si pronunci, sospende il giudizio.

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