Civile

Protezione internazionale, il giudice ordinario non può contestare la violazione del trattato di Dublino

L’individuazione dello stato competente ad esaminare la domanda di asilo spetta all’unità di Dublino presso il Viminale

di Patrizia Maciocchi

Il giudice ordinario non può rilevare le violazioni formali del Regolamento di Dublino, che si sono verificate nel corso della procedura per la domanda di protezione internazionale, perché non ne ha la competenza. Il suo sindacato è, infatti, limitato alla verifica dell’esistenza di carenze sistemiche nella procedura di asilo e alle condizioni di accoglienza dei richiedenti nello Stato membro designato, che possano comportare il rischio di trattamenti inumani e degradanti in base alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La competenza del Viminale

Partendo da questo principio il giudice ordinario nazionale non può dunque eccepire violazioni del Regolamento di Dublino nel caso, come quello esaminato, in cui sia stato impugnato un provvedimento di ripresa in carico di un immigrato già accettata da parte di uno Stato membro Ue. La Corte di cassazione, con la sentenza 23587, ricorda che l’individuazione dello Stato competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale spetta, in base alle norme sul riconoscimento dello status di rifugiato (Dlgs 25/2008, articolo 3 comma 3) all’amministrazione e, precisamente all’unità di Dublino che opera presso il dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno e non al giudice ordinario. La Suprema corte accoglie dunque il ricorso del Viminale, contro il decreto con il quale il Tribunale di Roma annullava il provvedimento, emesso dall’unità di Dublino presso il ministero dell’Interno, che disponeva il trasferimento di un cittadino afgano in Norvegia, dove lo stesso immigrato aveva fatto domanda di asilo in prima battuta. Per il Tribunale di Roma, infatti, era stato violato il Trattato di Dublino (articolo 4, paragrafo 2, del Regolamento Ce 604/2013) perché non erano state fornite al richiedente asilo tutte le informazioni che garantivano la sua partecipazione effettiva e consapevole alla procedura di trasferimento in un altro Paese Ue.

Il sindacato del giudice ordinario

La Suprema corte spiega però che il giudice ordinario è andato così oltre i suoi poteri, limitati alla verifica di un eventuale rischio di trattamenti inumani e degradanti. E anche nell’esercitare questo controllo deve comunque tenere conto del fatto che fra gli Stati membri della Ue vige un principio generale di reciproca fiducia tra sistemi di asilo nazionali (articolo 78 del Tfue) e il mutuo riconoscimento delle decisioni emesse dalle singole autorità nazionali. Per finire, i giudici di legittimità ricordano che contro i provvedimenti dello Stato indicato come competente, che siano in contrasto con le norme comuni sull’asilo o con la Carta dei diritti fondamentali, il diretto interessato può fare ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

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