Protezione internazionale: stop alla discrezionalità del giudice sulla credibilità dei racconti
La motivazione della decisione non deve essere basata su opinioni prive di riscontri nè sulla ricerca capillare delle contraddizioni
La valutazione del giudice di merito sulla credibilità del racconto da parte dell’immigrato che richiede la protezione internazionale non può essere frutto di un’opinione personale né della ricerca capillare delle contraddizioni del suo racconto, ma deve essere ben argomentata. E questo vuol dire che non può essere basata su elementi irrilevanti o note che, essendo prive di riscontri processuali, siano il frutto di un’ opinione soggettiva che priverebbe il giudizio di una conclusione razionale. Un’altra cosa che il giudice di merito non può fare è andare alla ricerca in modo capillare e frazionato di eventuali contraddizioni che, pure talvolta ci sono, nel racconto dei fatti accaduti. La via giusta da imboccare è invece quella di valutazione complessiva dei fatti narrati (articolo 3 comma 5, lettera e) del Dlgs 251/2007), per arrivare a decidere se la storia è “in generale” attendibile. Un lavoro globale e dunque, precisa la Cassazione (sentenza 265), «del tutto opposto alla atomizzazione delle circostanze narrate». Nella sentenza, con la quale viene accolto in parte il ricorso del richiedente “asilo”, i giudici di legittimità non mancano di precisare quali sono gli ulteriori passi da fare nei giudizi di protezione internazionale. Se, infatti, da una parte il ricorrente deve produrre o dedurre tutti gli elementi e i documenti a supporto della richiesta, la valutazione delle condizioni socio-politiche del paese d’origine va fatta attraverso un’integrazione istruttoria officiosa. Per questo vanno considerate «tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente».
La Suprema corte, nel dettare una serie di principi di diritto che il giudice di merito dovrà rispettare, offre anche una corretta chiave di lettura dell’articolo 8 comma 3 del Dlgs 25/2008, con il quale è stata applicata la direttiva 2005/85/Ce sul riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato. La norma prevede che ogni singola domanda deve essere «esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati». Questo precisa la Cassazione, vuol dire che il giudice, nel rispettare l’obbligo di assumere informazioni presso gli organi indicati, deve farlo «in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale»