Rendita proposta, sì al prezzo-valore senza richiesta
La disciplina del prezzo-valore per la determinazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale si applica anche alle vendite di beni immobili che hanno una rendita provvisoria. Lo afferma la Ctr Emilia Romagna (presidente Pugliese, relatore Morlini) nella sentenza 913/11/2017.
La questione - La controversia scaturisce dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con cui l’agenzia delle Entrate aveva rettificato e liquidato maggiori imposte per la vendita di un fabbricato. L’ufficio, infatti, aveva respinto la richiesta delle parti di determinare l’imponibile in base al valore della rendita catastale del bene, sostenendo che, non essendo ancora definitiva tale rendita, nell’atto di compravendita andava formulata un’espressa dichiarazione ex articolo 12, Dl 70/1988.
Il primo grado - La Ctp aveva invece ritenuto che la tassazione si dovesse effettuare in base alla rendita dell’immobile, essendo questa la volontà espressa dalle parti al momento della firma del contratto. Contro la decisione di primo grado l’Agenzia ha quindi presentato appello, ribadendo che, poiché l’immobile era sprovvisto di rendita definitiva, la tassazione riferita al prezzo-valore non derivava automaticamente dall’articolo 1, comma 497, della legge 266/2005, ma doveva essere espressamente richiesta dal contribuente in base all’articolo 12 del Dl 70/1988. Dal canto loro, gli appellati hanno chiesto il rigetto dell’accusa, condividendo la determinazione dell’imposta effettuata dalla Ctp.
L’appello - Nel respingere l’impugnazione, la Ctr ricorda che quando la tassazione è effettuata sul valore catastale «si è in presenza di una valutazione automatica». In questo caso, «il prezzo indicato nell’atto non può costituire oggetto di accertamento di valore» e, dunque, l’amministrazione non può sindacarne la congruità. Si tratta allora di stabilire se la mancanza di una rendita definitiva impedisca la tassazione in base al valore catastale, e quindi se sia legittima o meno la decisione dell’ufficio di parametrare le imposte al valore venale del bene.
Secondo la Ctr, le conclusioni dell’amministrazione «sono quantomeno opinabili». Infatti, «la rendita catastale esiste - si legge nella sentenza - tanto nel caso in cui sia attribuita, quanto nel caso in cui sia meramente proposta». Di conseguenza, conclude la Ctr, lo spazio dell’articolo 12, Dl 70/1998 (per il quale «l’applicazione della disciplina del prezzo valore deve essere espressamente richiesta») «è circoscritto alle situazioni in cui la rendita catastale non esiste perché il fabbricato non è iscritto in catasto». Peraltro, nell’atto notarile l’acquirente aveva chiesto che la base imponibile per il calcolo delle imposte fosse costituita dal valore catastale dell’immobile. Era dunque «pacifica e inequivoca la volontà delle parti di utilizzare l’istituto del prezzo-valore» con la tassazione «parametrata al valore catastale». Né, comunque, il beneficio si poteva escludere per il fatto che le parti non avessero espressamente richiamato il Dl 154/1988, dal momento che a questo fine non è necessario «l’utilizzo di formule sacramentali».
Ragioni, queste, che giustificano la conferma della sentenza di primo grado e la condanna dell’agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio d’appello, liquidate in 6mila euro.
Ctr Emilia Romagna 913/11/2017