Penale

Resistenza a pubblico ufficiale, tenuità del fatto sempre esclusa

Riconosciuta la ragionevolezza di una protezione rafforzata

di Giovanni Negri

Per chi l’aveva contestata sin davanti alla Corte costituzionale l’esclusione sempre e comunque dal perimetro della tenuità del fatto della resistenza a pubblico ufficiale è fondata su una «visione sacrale dei rapporti tra cittadino e autorità». Per la Consulta però, sentenza n. 30 del 2021 depositata ieri e scritta da Stefano Petitti, si tratta di una scelta del legislatore che non può essere bollata di manifesta irragionevolezza, corrisponde piuttosto all’individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione.

L’area di applicabilità

La determinazione dell’area di applicabilità di una causa di non punibilità, come quella della tenuità del fatti, costituisce la conseguenza di una decisione del legislatore come eccezione alla applicazione generalizzata della norma penale. È, in altre parole, l’esito di un bilanciamento che può essere censurato solo sul piano di un’evidente irragionevolezza.

Il precedente

Per quanto riguarda il reato disciplinato dall’articolo 337 del Codice penale comunque, ricorda la Consulta, già le Sezioni unite penali della Cassazione hanno ritenuto che il normale funzionamento della pubblica amministrazione tutelato dalla fattispecie della resistenza a pubblico ufficiale, deve essere inteso «in senso ampio», perchè comprende anche «la sicurezza e la libertà di determinazione» delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni (sentenza n. 40981 del 2018).

Il paragone non regge

Non è poi sostenibile, afferma la sentenza, un deficit di ragionevolezza centrato sul fatto che l’esimente di tenuità resta applicabile all’abuso d’ufficio, al rifiuto di atti d’ufficio e all’interruzione di pubblico servizio, «poiché queste fattispecie delittuose, per quanto incidano anch’esse sul regolare funzionamento della pubblica amministrazione, non vedono tuttavia direttamente coinvolta la sicurezza e la libertà della persona fisica esercente la funzione pubblica, intesa quale soggetto passivo del reato».

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