Penale

Responsabilità di equipe medica, non ha colpa il chirurgo che mostra dissenso sull'operato del collega

La posizione di garanzia del singolo professionista non si limita alle sue specifiche mansioni ma gli impone una vigilanza allargata

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di Paola Rossi

La cooperazione colposa nella morte di un paziente può essere scriminata dal dissenso manifestato dal dottore compartecipe dell'equipe medica sull'operato degli altri componenti e dal suo comportamento attivo che in ipotesi avrebbe potuto evitare l'evento dannoso. In tal modo il medico che è comunque investito di una posizione di garanzia che travalica il ristretto perimetro delle proprie mansioni può dimostrare l'inesistenza del nesso causale tra la sua condotta e il realizzarsi del danno al paziente.

Infatti, come chiarisce la sentenza n. 16094/2023 della Cassazione penale, l'obbligo di diligenza correttamente assolto dal singolo professionista anche in relazione all'operato altrui fa venir meno la sua responsabilità per la malattia o la morte arrecata al paziente.

L'obbligo di diligenza non è compiutamente assolto solo con la corretta esecuzione delle specifiche mansioni affidate al singolo medico. La diligenza cui è tenuto il medico cui è affidata una posizione di garanzia va espressa anche attraverso il controllo sull'operato e gli errori altrui in base alle conoscenze che il professionista medio deve avere.

La mancata segnalazione del proprio dissenso al collega non perde il suo rilievo in termini di affermazione di responsabilità anche quando il medico è sottoposto rispetto all'operatore di cui non condivide le scelte terapeutiche o chirurgiche.

Però - precisa la Cassazione penale - l'onere di vigilanza sull'operato altrui non può tradursi in un obbligo generalizzato di continua raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione delle competenze degli altri medici.

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