Civile

Rettifica di costi pluriennali, controlli anche oltre i termini

ll caso di acquisti sostenuti in periodi d’imposta per i quali è decaduto il potere

di Laura Ambrosi

È legittimo l’accertamento relativo alla rettifica di costi pluriennali derivanti da acquisti sostenuti in periodi di imposta per i quali è decaduto il potere di rettifica dell’amministrazione.

A fornire questo principio sono le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 8500 depositata ieri.

La vicenda trae origine dalla contestazione delle Entrate della quota di un nono di una svalutazione registrata a bilancio anni prima. La contribuente, impugnando l’atto, eccepiva tra i diversi motivi anche l’intervenuta decadenza del potere di accertamento nel presupposto che il “fatto generatore” della citata svalutazione fosse accaduto in un esercizio già decaduto e quindi non più rettificabile. Entrambi i giudici di merito confermavano l’illegittimità della pretesa. L’Agenzia ricorreva così in Cassazione che, dopo aver riscontrato l’assenza di un orientamento univoco, rimetteva la questione alle Sezioni Unite.

L’alto consesso ha innanzitutto ripercorso le pronunce di legittimità intervenute sul punto, secondo le quali, in via maggioritaria, l’obbligazione tributaria ha carattere autonomo con la conseguenza che la decadenza va verificata per ogni singolo anno di imposta (tra le ultime Cassazione 12740/20).Le Sezioni Unite hanno poi rilevato che anche secondo la Cassazione penale, ad esempio per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, nel caso di frazionamento in successive dichiarazioni annuali delle quote di ammortamento dell’importo di fatture per l’acquisto (inesistente) di beni strumentali, il reato è integrato in ogni dichiarazione nella quale vengono indicati i corrispondenti elementi passivi fittizi (ad esempio Cassazione penale 35729/13).

La pronuncia ha pertanto ritenuto che il reddito viene colpito su base annuale anche se determinato da elementi pluriennali. L’autonomia dei periodi di imposta si riflette anche sull’accertamento che deve essere notificato a pena di decadenza entro un termine stabilito (nella versione vigente dell’articolo 43 del Dpr 600/73 entro il 31 dicembre del quinto anno successivo). Le Sezioni Unite hanno così affermato il principio secondo cui in caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti il fatto generatore, la decadenza del potere di accertamento va verificata rispetto ad ogni singola annualità.

La decisione merita qualche riflessione anche (e forse soprattutto) di carattere pratico. Si pensi ad esempio ad un fabbricato acquistato nel 2000 che è stato ammortizzato al 3% ogni anno. L’ultima quota di ammortamento, salvo dismissioni, sarà nel 2033, quindi oltre 30 anni dalla data dell’acquisizione.

Se nel 2039, l’Agenzia in occasione di un controllo, ritenesse non deducibile il costo di quel fabbricato, potrebbe recuperare l’ultima quota di ammortamento imputata nel 2033 (la cui decadenza sarà, salvo modifiche normative, nel 2039).

In concreto, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite, il contribuente è tenuto a conservare la documentazione relativa a tale acquisto per circa 40 anni, al fine di poter difendere la deduzione operata.

Analoghe considerazioni valgono per i privati, ad esempio, per i vari bonus edilizi del 110%, per i quali la detrazione di imposta è estesa a più esercizi: l’Agenzia, a prescindere dalla decadenza dell’anno di imposta nel quale è stata sostenuta la spesa iniziale, potrebbe recuperare le quote dei periodi successi. Peraltro, sembrerebbe possibile la rettifica anche delle quote quinquennali delle sopravvenienze attive: se l’ufficio ritenesse il ricavo originario superiore, potrebbe pretendere le maggiori imposte negli esercizi per i quali non è ancora maturata la decadenza.

In tale contesto, sembra quasi incredibile che la norma sulla decadenza oggetto di “interpretazione” è l’articolo 43 del Dpr 600/73, i cui termini sono stati modificati con un decreto rubricato «Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente» (Dlgs 128/2015). Mal si comprende come possa conciliarsi una «decadenza mobile» con la predicata «certezza dei rapporti».

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