Riconoscimento del debito con il registro fisso
L’ordinanza 15190/2021 della Cassazione supera la tassazione proporzionale all’1% o al 3%
Sorprendente decisione della Cassazione (ordinanza 15910 dell’8 giugno 2021) sulla controversa materia della tassazione dell’atto recante un riconoscimento di debito (nella fattispecie, di 132 milioni di euro). Dopo aver sviluppato una motivazione preordinata ad affermare, per la scrittura privata non autenticata recante una ricognizione di debito, un indubitabile obbligo di registrazione in termine fisso con l’aliquota del 3 per cento, è stato respinto il ricorso dell’Agenzia (la quale pretendeva l’applicazione dell’aliquota dell’1 per cento). Si è così consolidata la decisione della Ctr Campania, la quale, nella sentenza n. 9259 del 24 ottobre 2018, aveva ritenuto applicabile l’imposta fissa di registro, come aveva fatto la Ctp Napoli nel primo grado di giudizio.
La decisione della Cassazione, argomentata in pochissime righe, solleva una pluralità di rilievi critici:
1) afferma che la Ctr «si è correttamente e ragionevolmente attenuta» al «più recente e nettamente prevalente indirizzo giurisprudenziale» (anche perché l’applicazione dell’imposizione proporzionale «determinerebbe … il pagamento di una imposta di registro in misura irragionevolmente eccessiva»), quando invece la Ctr aveva deciso per l’applicazione dell’imposta in misura fissa;
2) definisce «ampiamente superato il diverso e isolato indirizzo giurisprudenziale» espresso nella decisione di Cassazione n. 12432/2007, la quale aveva affermato che al riconoscimento del debito si dovrebbe applicare l’aliquota dell’1 per cento;
3) dimentica che tale indirizzo non solo era invece isolato (perché espresso anche nella decisione di Cassazione n. 16829/2008) ma anche che era stato sposato dall’agenzia delle Entrate nella nota n. 114394 del 16 settembre 2011 della Direzione regionale della Lombardia e nella risposta a interpello n. 954-805/2013 del 23 luglio 2014;
4) riferisce che la tesi del 3% è stata accolta in una pluralità di decisioni della Cassazione stessa (identificandole con i numeri 8152/2021, 25267/2020, 14657/2020, 13527/2020, 24107/2014, 481/2018, 4728/2003).
Questa affermazione è senz’altro vera per le decisioni n. 8152/2021, 24107/2014 e 4728/2003, ma non è affatto vera per:
• le decisioni n. 25267/2020 e 13527/2020, le quali concernono riconoscimenti di debiti derivanti da prestazioni soggette a Iva e, come tali, registrati con imposta di registro in misura fissa per il principio di alternatività tra Iva e registro;
• la decisione n. 481/2018, ove la Cassazione ha ritenuto il riconoscimento di debito essere un atto non recante disposizioni a carattere patrimoniale e, pertanto, soggetto a registrazione con imposta fissa e solo in caso d’uso;
• la decisione n. 14657/2020, perchè non concerne la materia in esame.
La materia della tassazione della ricognizione del debito è controversa in quanto vi è chi la vede come un atto a contenuto patrimoniale (dal che deriva l’aliquota del 3 per cento), vi è chi la vede come un atto di natura dichiarativa (in tal caso l’aliquota scende all’1 per cento) e chi, invece, rileva che il riconoscimento del debito è privo di contenuto patrimoniale in quanto si tratta di un atto dal quale non scaturisce un’ obbligazione, perché ha solo un effetto processuale: in base all’articolo 1988 del Codice civile, spetta al debitore che ha riconosciuto l’altrui credito di dimostrare che non esiste un titolo da cui l’obbligo origina, mentre il creditore non ha l’onere (che invece avrebbe, in mancanza dell’atto ricognitivo) di dimostrare la fonte del proprio credito.