Famiglia

Riconoscimento figli fuori del matrimonio: legittimo escludere l'ascolto del minore se lo stesso non può riferire nessuna circostanza rilevante

Per i Supremi giudici l'attività istruttoria di ascolto del minore risultava altresì superflua

di Valeria Cianciolo

In tema di impugnativa di riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio, per difetto di veridicità, è necessaria, a pena di nullità del relativo procedimento per violazione del principio del contraddittorio, la nomina di un curatore speciale per il minore, legittimato passivo e litisconsorte necessario, dovendosi colmare la mancanza di una espressa previsione in tal senso dell'art. 263 c.c. (anche nella formulazione successiva al D.Lgs. n. 154 del 2013) mediante una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata in quanto la posizione del minore si pone, in via generale e astratta, in potenziale conflitto di interessi con quella dell'altro genitore legittimato passivo, non potendo stabilirsi ‘ex antè una coincidenza ed omogeneità d'interessi in ordine nè alla conservazione dello ‘status, nè alla scelta contrapposta, fondata sul "favor veritatis" e sulla conoscenza della propria identità e discendenza biologica. Esclusa la necessità di disporre l'ascolto del minore se lo stesso non avrebbe potuto riferire "nessuna circostanza realmente rilevante. Lo hanno affermato i giudici della prima sezione civile della Cassazione ordinanza 11 giugno 2021 n. 16547 (Presidente Acierno; Relatore Iofrida).

Nel caso di specie, considerato che il presunto padre era deceduto solo un anno dopo la nascita del minore, era chiaro che non aveva "potuto instaurare una relazione consapevole di natura affettiva duratura e profonda, in grado di conferirgli una certa stabilità emotiva ed in grado di creare ricordi certi sul rapporto con il presunto genitore"; l'attività istruttoria di ascolto del minore risultava altresì superflua, stante l'esito delle consulenze tecniche d'ufficio, che avevano "con certezza escluso l'esistenza di un rapporto di filiazione biologica.

Il caso in esame

Tizia aveva impugnato per difetto di veridicità il riconoscimento effettuato dal proprio padre, poi defunto, nei confronti di Caietto.

Il Tribunale, dopo aver effettuato sia la perizia ematologica che quella somatica e assunto la prova testimoniale, aveva accolto la domanda della figlia del de cuius, avendo accertato che il minore Caietto non era figlio biologico del padre dell’attrice.

La sentenza veniva confermata dalla Corte di appello, la quale, in particolare, ha respinto l’istanza di ascolto di Caietto in quanto lo stesso, alla morte del (presunto) padre, aveva appena un anno e, dunque, non poteva avere conservato alcuna memoria. Dunque, anche alla luce degli esiti delle consulenze tecniche, l’ascolto doveva reputarsi superfluo.

La madre di Caietto, in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore, proponeva ricorso per cassazione, nei confronti di Tizia e dell'avvocato Mevio, in qualità di curatore speciale del figlio minore. Uno dei motivi oggetto del ricorso avanzato e dichiarato inammissibile dagli Ermellini con l’ord. 11 giugno 2021, n. 16547, riguardava l’omessa ed errata valutazione della volontà del minore e per la sua omessa audizione.

 Il curatore del minore

Già l’art. 12 della Convenzione di New York e la Convenzione europea del 1996 sancivano diritti processuali al minore, avente ad oggetto proprio “diritti procedurali” dei minori e l’agevolazione del loro esercizio (art. 1). Successivamente, due importanti riforme hanno impresso una maggiore sensibilità all’ordinamento italiano verso la tutela dei diritti del minore in ambito processuale: la prima è quella di cui alla L. 28 marzo 2001, n. 149 che ha previsto l’assistenza legale per il minore e per i genitori nei procedimenti di decadenza della responsabilità genitoriale e in quelle per la dichiarazione di adottabilità; la seconda è stata data dalla riforma complessiva della filiazione (L. n. 219/2012 e D. Lgs. n. 154/2013) che ha individuato diritti sostanziali del minore (art. 315 - bis cod. civ.) e processuali (diritto di partecipare tramite difensore art. 336, ovvero mediante l’ascolto ai sensi dell’art. 336 - bis cod. civ. 337 - octies cod. civ.).

Posto che l’azione ex art. 263 cod. civ. è finalizzata a disvelare il difetto di veridicità del riconoscimento, ovvero la non corrispondenza della relativa dichiarazione (per dolo, malafede o anche semplice errore) rispetto all’effettiva realtà biologica, una volta accolta la domanda, dunque, viene meno il presupposto giuridico della filiazione e rimosso il relativo status in capo al genitore che aveva effettuato il riconoscimento. Dal punto di vista processuale, l’art. 263 cod. civ.  si limita a indicare i soggetti legittimati a proporre il giudizio, stabilendo a tal fine che “il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse”, non prevedendo né l’assistenza del difensore né la nomina del curatore, sebbene la giurisprudenza di legittimità ne ribadisca la necessità. Ma è certo che il curatore speciale del minore è legittimato a proporre impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità ai sensi dell'art. 74 della legge n. 184 del 1983, posto il rinvio formale contenuto da tale disposizione al previgente testo dell'art. 264, 2 co., cod. civ.  (oggi art. 264 cod. civ.  in unico comma, a seguito della nuova formulazione introdotta dall'art. 29 del d.lgs. n. 154 del 2013).

La Riforma della filiazione del 2012-2013 ha avuto il merito di aver unificato diritti, obblighi e prerogative dello status filiationis, ma ha il limite di non aver quantomeno abbozzato una disciplina completa ed uniforme sulla modalità di costituzione e destituzione del titolo corrispondente.

In una sentenza del Palazzaccio di un lustro fa (Cass., Sez. I, 2 febbraio 2016, n. 1957) si afferma che il minore, in relazione all’impugnazione tardiva di riconoscimento per veridicità, potrebbe trovarsi in una situazione a priori di conflitto tra il diritto alla stabilità e quello speculare alla verità dello status genitoriale, trattandosi di profili entrambi costitutivi dell’identità della persona. Così si rende necessaria l’esigenza di un’autonoma valutazione della posizione processuale del minore compiuta in posizione di terzietà rispetto a quella dei genitori in conflitto. L’unica operazione possibile, dunque, per colmare il vuoto nell’ordinamento lasciato dal D. Lgs. n. 154 del 2013 è adottare una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, essendo tendenzialmente difficile una valutazione della sussistenza del conflitto in concreto; una valutazione caso per caso sarebbe del tutto incompatibile con la tendenziale uniformità di regime che caratterizza il sistema di tutela del minore nelle azioni di stato alla luce della riforma. Pertanto, in tema di impugnativa di riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio, per difetto di veridicità, è necessaria, a pena di nullità del relativo procedimento per violazione del principio del contraddittorio, la nomina di un curatore speciale per il minore, legittimato passivo e litisconsorte necessario.

Molte sentenze riconoscono il minore come parte “necessaria” del procedimento, insistendo, tuttavia, sulla necessità della costituzione nel processo del minore, con l’assistenza di un difensore, tramite curatore speciale nominato anche di ufficio: la nozione di parte in senso processuale, ossia di un soggetto che ha una specifica autonoma legittimazione nel processo, spetta certamente, nelle azioni concernenti lo status di filiazione, al minore stante il difetto di un'autonoma legittimazione in capo al medesimo, poter disporre di un curatore speciale idoneo a rappresentarlo in via autonoma nel processo

La nomina di un curatore speciale è necessaria qualora non sia stato nominato un tutore o questi non esista ancora al momento dell’apertura del procedimento, ovvero, nel caso in cui sussista d’interessi, anche solo potenziale, tra il minore ed il suo rappresentante legale. Tale conflitto è ravvisabile in re ipsa nel rapporto con i genitori, portatori di un interesse personale ad un esito della lite che può essere diverso da quello vantaggioso per il minore, mentre nel caso in cui a quest’ultimo sia stato nominato un tutore il conflitto dev’essere specificamente dedotto e provato in relazione a circostanze concrete, in mancanza delle quali il tutore non solo è contraddittore necessario, ma ha una legittimazione autonoma e non condizionata, che può liberamente esercitare in relazione alla valutazione degli interessi del minore. (Cass. 8 giugno 2016, n. 11782, in Banca Dati Pluris on Line). Tale orientamento è in realtà ormai consolidato: in materia di adozione ed anche con riferimento all’assetto normativo previgente alle modifiche di carattere processuale apportate alla L. 4 maggio 1983, n. 184 dalla L. 28 marzo 2001, n. 149), il procedimento diretto alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore postula - ai sensi dell’art. 17, 2 comma, della legge n. 184 cit., degli artt. 75, 2 comma e 78, 2 comma, c.p.c., dei principi costituzionali di protezione dell’infanzia, del giusto processo e di diritto di difesa, nonché dei principi consacrati nella Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991, n. 176 e nella Convenzione europea di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con L. 2 marzo 2003, n. 77 -, la nomina di un curatore speciale, affinché l’interessato sia autonomamente rappresentato in giudizio e tutelato nei suoi preminenti interessi e diritti; in mancanza, il procedimento è affetto da nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, in quanto conseguente al vizio di costituzione del rapporto processuale e alla violazione del principio del contraddittorio. (Cass., Sez. I, 4 maggio 2009, n. 10228, in Banca Dati Pluris on Line).

Nel caso in esame, l’ordinanza richiama un principio espresso già precedentemente dalla Cassazione ribadendo che in tema di impugnativa di riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio, per difetto di veridicità, è necessaria, a pena di nullità del relativo procedimento per violazione del principio del contraddittorio, la nomina di un curatore speciale per il minore, legittimato passivo e litisconsorte necessario, dovendosi colmare la mancanza di una espressa previsione in tal senso dell'art. 263 c.c. (anche nella formulazione successiva al D.Lgs. n. 154 del 2013) mediante una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata in quanto la posizione del minore si pone, in via generale ed astratta, in potenziale conflitto di interessi con quella dell'altro genitore legittimato passivo, non potendo stabilirsi “ex ante” una coincidenza ed omogeneità d'interessi in ordine nè alla conservazione dello ‘status, nè alla scelta contrapposta, fondata sul ‘favor veritatis' e sulla conoscenza della propria identità e discendenza biologica").

 

Prospettive de jure condendo

Fra gli interventi ritenuti più urgenti alla riforma del processo civile proposti dalla Commissione ministeriale nominata dal Ministro Cartabia e guidata dal prof. Luiso che ha rassegnato le conclusioni e depositato l’ampio documento finale lo scorso maggio, si prospettano le seguenti modifiche all’art. 78 del codice di procedura civile, dove è aggiunto il seguente comma: “Il giudice procede, anche d’ufficio, alla nomina del curatore speciale del minore in tutti i casi in cui i genitori, che esercitano la responsabilità genitoriale, anche a causa dell’esasperata conflittualità o per altre gravi ragioni, sono temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore e si trovano con lo stesso in conflitto di interessi”, mentre all’art. 80 del codice di procedura civile è aggiunto il seguente comma: “Al curatore speciale del minore il giudice può attribuire nel provvedimento di nomina ovvero con decreto non impugnabile adottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanza sostanziale. Il curatore speciale del minore procede al suo ascolto ai sensi dell’articolo 315-bis del codice civile. Il minore, i genitori che esercitano la responsabilità genitoriale, il tutore o il pubblico ministero possono chiedere con istanza motivata al presidente del tribunale, che decide con decreto non impugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze.”.

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